Energie

Informazioni Evento

Luogo
MARTINARTE
Corso Siracusa 24a, Torino, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

lunedì 15,30 - 19,30 martedì giovedì 10,00 - 12,30 / 15,30 - 22,00 mercoledì

venerdì 10,00 - 12,30 / 15,30 - 19,30

Vernissage
06/12/2011

ore 18.30 - 22.00

Biglietti

ingresso libero

Curatori
Fernando Montà
Generi
arte contemporanea, collettiva

Pittura, scultura, fotografia come forze creatrici, come energie che scaturiscono dal segno, dalla forma e dal colore, dalla materia e dalla luce.

Comunicato stampa

Pittura, scultura, fotografia come forze creatrici, come energie che scaturiscono dal segno, dalla forma e dal colore, dalla materia e dalla luce. Pensiamo a Umberto Boccioni e alla sua opera “La città che sale” dove la forza e l’energia del segno portano alla costruzione dell’ossatura del dipinto che sprigiona luce e calore congiunti al movimento degli uomini e dei cavalli che tendono al raggiungimento di un risultato positivo. Pensiamo ai dipinti di Vincent Van Gogh dove il segno diventa tensione e forza e il colore diventa luce e calore e si fa avvolgente e penetrante. Pensiamo infine a Pablo Picasso e all’opera “Guernica” dove la pittura diventa denuncia contro le atrocità dell’uomo e nello stesso tempo le figure umane e gli animali sono ridotti all’essenza e urlano il loro dolore in un contesto in cui il colore della vita è sparito, lasciando solo una scia impercettibile di color rosa, messaggio di speranza per un mondo migliore.

Carla Bidone, in arte Cabì, nasce a Torino dove vive e lavora. Dopo gli studi artistici liceali frequenta l’Accademia di Belle Arti di Torino dove si diploma in Scultura. Inizia un percorso di sperimentazione che unisce la ricerca teorica-filosofica all’utilizzo di tecniche e materiali diversi quali la pittura, l’incisione, l’arte calligrafica, la modellazione, la serigrafia, la scultura di legno e marmo.

Nel corso degli anni partecipa a diverse mostre in spazi espositivi cittadini e regionali. Soggetto delle ultime opere pittoriche, è il mondo vegetale, indagato nei suoi aspetti plastici e volumetrici per coglierne i patterns e distillarne l’essenza archetipica; nella convinzione che un legame unisca tutti gli esseri viventi attraverso una corrente, che solo a tratti emerge e si manifesta in forma visibile nel mondo fisico.

Mariella Bogliacino L’inizio dell’attività artistica avviene sul versante della pittura figurativa. Dagli anni ottanta lo studio e la sua ricerca si concentrano sulla natura con rielaborazioni intorno al mito della classicità e al tema dell’amore. E’ impegnata nell’investigazione del colore e della materia, con l’uso di tecniche miste in simbiosi con materiali e soggetti.

Nel 1993 la ricerca si è ampliata all’analisi sul “Libro d’artista”, dove la tela, il legno e la carta diventano i supporti ideali per creare un “oggetto” su cui trasferire la sostanza pittorica nella quale sono immersi sensazioni, studi e pensieri.

Il lavoro pittorico e contemporaneamente plastico, come a seguire un percorso esistenziale, è approdato prima alla ricerca sui vulcani e poi a quella sui delfini, sintesi dell’interesse scientifico e dello studio mitologico, quanto della sua matrice classica e della sua valenza simbolica.

L’ultimo lavoro riguarda il “Ventre di Afrodite” dove l’artista rivolge la sua attenzione al dualismo dea-donna e alla femminilità intesa nei suoi aspetti più profondi: forza creatrice e creativa, capacità di amare e generare, di trasformarsi e trasformare. Su questo tema Irene Montà evidenzia: “L’intera esposizione è permeata da uno spiccato simbolismo, che ha come protagonista la materia, il corpo: l’artista immagina di rivestire, come allora, la modella che posava per l’Afrodite di Milo ed assesta con cura le pieghe sinuose della tunica umida che lambisce il corpo, per poi cogliere l’essenza del tutto. Le tematiche Natura-Mito evolvono quindi dalle precedenti ricerche e traspongono sulle tele contenuti sempre nuovi ed attuali, come in una sequenza continua”.

Michelangelo Cambursano Pittore figurativo. “Agli inizi degli anni settanta la sua ricerca si rivolge alla figura e ad angoli di spiaggia e il tema della solitudine si esprime intensamente nelle bagnanti solitarie e nelle spiagge geometriche, costituite da una compatta campitura di bianco che si allunga a mezza luna nell’azzurro altrettanto compatto del mare; oppure, nelle cabine rese nei loro chiusi volumi, o poste su spiagge deserte. Negli anni ottanta, Michelangelo Cambursano passa ad una pittura evocativa di un mondo fin de siècle, in scene ancora situate sulla spiaggia; sono spiagge talora affollate, circondate da edifici protoliberty: affollate come fantasmi”. (Francesco De Caria)

L’ultima ricerca riguarda la rappresentazione di caffè storici. A questa fase pittorica, quasi iper-realistica dell’artista, Beppi Zancan scrive: “Cambursano dipinge i caffè storici ( di svariate città ma sempre individuabili e riconoscibili); l’atmosfera è quella rarefatta di tempi meno inquinati da onde sonore e chimiche, i personaggi, invece, sono spesso quelli di oggi. E’ come se l’artista tentasse di far rivivere oggi quel tempo trascorso: un’operazione poetica che carica di nostalgia struggente e straniante metafisica i suoi dipinti…E’ un pittore la cui tecnica è stata affinata dall’attività di restauratore e quindi le sue opere sono anche da gustare nella bellezza della materia pittorica”.

Pippo Ciarlo Fin dal 1964 espone, a partire dalla storica galleria “Il punto”; decano dei maestri del Ced’As FIAT, nel 1979 costituisce l’Associazione Gilgamesh, poi gruppo Gil. Importante la mostra (1994) organizzata presso il museo dell’Automobile di Torino in collaborazione con los Csain.

Della sua ricerca così scrive Angelo Mistrangelo: “…Nei suoi lavori si avverte un clima simbolico-surreale, un alternarsi di immagini che legano passato e presente, che appaiono caratterizzate da una precisa volontà di suggerire il senso dei sogni, dei ricordi, delle angosce dell’uomo.”

Vive e lavora a Torino.

Marco D’Aponte Torinese, diplomato all’Accademia Albertina di Belle Arti. Pittore, autore e disegnatore di fumetti. Dal 1975 è docente di Discipline Pittoriche presso il Liceo Artistico Statale “Renato Cottini” di Torino.

Nel 2006, dall’incontro con la scrittrice Gianna Baltaro, scomparsa nel 2008, è nata l’idea di fumettare i romanzi gialli che hanno per protagonista il “commissario Martini”. Nasce così la prima graphic novel Una certa sera d’inverno. Nel 2010 segue Pensione Tersicore, seconda inchiesta del Commissario Martini.

Collabora con diversi quotidiani e case editrici. Espone in mostre collettive e personali, tra le ultime: Storie 2, Palazzo Cavour, Spazio Siematic, Torino; Tazio Nuvolari, Ritratti di uomini e di macchine (2007) e Primo assoluto, le imprese del grande pilota (2008), Museo Nuvolari, Mantova; Tazio Nuvolari. Compagno del vento, Museo 1000 Miglia, Brescia (2009). Storia di Torino a fumetti con R.Repetto (2011).

Davide De Agostini Diplomato al Liceo Artistico e all’Accademia Albertina di Torino dove ha avuto come maestri Sergio Saroni, Mauro Chessa, Beppe Devalle e Francesco Casorati.

Le sue prime opere sono dipinti ispirati ad ambienti ed atmosfere di fine Ottocento e primo Novecento. La sua attuale ricerca è il racconto dell’umanità passata e dell’umanità perduta, è la storia della dissoluzione totale e del ricordo dimenticato che urla, dolente e muto, per essere richiamato alla memoria e che sbiadisce per tema di essere riconosciuto per ciò che è diventato.

Vive e lavora a Torino.

Maria Erovereti Dà visibilità al proprio lavoro agli inizi degli anni ’90, allorché oggetto della sua ricerca fotografica diviene l’iterazione tra il corpo e gli elementi naturali. Nel 1995, con altre quattro fotografe costituisce il gruppo Odieffe (Officina donne fotografia) con cui collabora fino al 1999. Attualmente è impegnata in un progetto sull’identità e il mondo interiore. Le immagini del lavoro photo-grafia nell’accezione letterale del termine sono frutto di una personale ricerca sulla luce. Proiezioni della mente, non riprendono oggetti reali ma nascono da un accurato gioco di riflessi creati dalla luce naturale. Tra le ultime mostre: Elementi, Martinarte, Torino, Un altro sguardo, Torino nel 2008; Turin Photo Festival nel 2009; Materiali resistenti: le sorelle Artemisia nel 2010. Ha curato mostre d’arte e collaborato con periodici del settore. Vive e lavora a Grugliasco (To).

Gloria Fava Architetto, insegna Discipline Pittoriche al Liceo Artistico Statale “Renato Cottini” di Torino. Oltre alla pittura ha svolto numerose attività nel campo dell’architettura, del design e della grafica editoriale. La tematica della sua ricerca pittorica si basa sulla narrazione di luoghi psicologici: figurazioni di emozioni, spazi animati dal desiderio del viaggio atemporale.

Dario Capello in occasione della mostra “Una storia nata dal vento” scrive: “…Vanno forse nella direzione intenzionale le “metafore ossessive” più ricorrenti nella struttura figurativa dell’autrice; le fenditure tra i profili, gli strappi del campo visivo, le strettoie imposte allo sguardo. Geometria in bilico. Una via stretta tra il pulsare delle forze e una distanza evocata, suggerita. Istmo fra due mari, fra chiarezza e destino”.

Partecipa a numerose esposizioni: 1986 (La Conchiglia), 1991 (Ivrea), 1994 (MIART), 2001 (Palazzo Bricherasio), 2005 (Il bosco magico), 2006 (Grugliasco).

Vive e lavora a Torino.

Irina Landina Laureata in Biologia e Chimica, nata e formatasi a Mosca (Russia), dal 1995 vive e lavora a Torino. Della sua ricerca dice: “…mostri! Anzi, spiriti. Talora paurosi e beffardi, ma anche teneri e impauriti. Saranno le mille anime che ci portiamo dentro senza riconoscerle? Siamo fortunati quando sono buffi perché, in questo caso, mostriamo il Noi più infantile, profondamente umano. Il mondo in cui vivono è indeterminato come è altrettanto mistico. La mia pittura e la mia grafica vogliono indagare questi spiriti: esorcizzarli, farceli amici.”

Pino Mantovani, in occasione di una sua mostra personale, scrive: “In fin dei conti non saranno tutte queste “distanze” a depositarsi nelle sue immagini? Non sarà che le sue immagini portino in evidenza le “stranezze” del suo tergiversare? Che i luoghi descritti evochino i labirinti e i desideri di un vagare incantato? Tracce di un’anima molteplice?”

Mauro Lisardi “Sulle lunghe spiagge c’è un uomo, chino, impegnato a cercare e ricercare tutto ciò che il mare lavora e che lascia tra i granelli di sabbia; pietre cesellate dal continuo movimento delle onde, conchiglie di ogni forma e dimensione, legni lavorati. Rialzatosi, si ferma ad osservare l’immensità delle acque: il loro continuo movimento, il fruscio delle onde quando finiscono la loro corsa a riva, il frastuono che provoca l’urto dell’acqua contro gli scogli.

E così, come il mare, anche i fiumi, i torrenti e i ruscelli; un continuo e incessante movimento di un qualcosa che scorre ininterrottamente, che viene e che và.

Egli vuole catturare questo movimento, la brezza e la loro freschezza, vuole fissare nel dipinto i repentini mutamenti del tempo. Costruisce i bianchi rimuovendo il pigmento, grattando la carta, come in “Ciottoli di Liguria” o usando pennellate gouache e china bianca come in “Onda”… (Ester Lisardi). Vive e lavora a Torino.

Vincenzo Lombino Si forma come pittore presso lo studio dell’artista torinese Davide De Agostini, dal quale apprende il modo di costruire lo scenario e l’atmosfera nel quale vengono inseriti i suoi personaggi. E’ proprio l’atmosfera il segno caratteristico delle sue opere: un posto ambiguo che rimanda talvolta ad un malinconico circo, talvolta a una sorta di stanza-palcoscenico con alle spalle dei personaggi drappi-sipari che nascondono qualche segreto e contemporaneamente fanno emergere i protagonisti di una danza irriverente, in bilico tra due mondi ..

La galleria martinArte nel marzo 2011 ha ospitato la sua prima personale dal titolo “danzano i matti” che è stata accolta favorevolmente dal pubblico e dalla critica.

Fernando Montà E’ stato docente di Discipline Pittoriche presso il Liceo Artistico Statale “Renato Cottini” di Torino. Della sua ricerca pittorica così scrive Nadia Sussetto: “…Colori acrilici opachi, sfondi neri, e da sempre la ricorrente forma circolare che, come una lente d’ingrandimento, si posa su un particolare e lo enuclea in ogni suo minimo dettaglio; così i fili d’erba appaiono ingigantiti e curati sia nel tratto sia nel gioco di luce e colore. Gli azzurri ed i verdi quelli preferiti dall’autore, non in quanto colori “freddi”, ma perché perfettamente adattabili allo scopo dell’artista. Le sue “lune” nascondono momenti della sua vita, in cui proprio col viso rivolto a questo astro si è trovato a pensare, a rimpiangere persone che hanno avuto un peso rilevante nella sua vita. La luna ha da sempre ispirato pittori e poeti, proprio per la sua essenza “magica” eppure, così vicino a noi …La natura di Montà, spinta verso l’astrazione e l’essenziale, non è mai triste, ma traspare dalle sue opere una certa serenità ed una ricerca di equilibrio tra esteriorità ed interiorità, tra i ricordi dell’infanzia e la sua vita adulta. I fili d’erba sembrano sottili grate che nascondono la parte più recondita del nostro animo, la svelano appena, la proteggono e quasi la difendono, come lame taglienti ed appuntite.” Vive e lavora a Torino.

Piergiorgio Ostili “Nel lavoro di Pier Giorgio Ostili esiste una stringente volontà di eliminare, senza illusioni, il confine tra rappresentazione e dato reale, per trovare un margine di “contatto” la dove il pennello, la luce, la carta fotografica, fanno da tramite ad un’immagine che è solo se stessa, non importa se progettata, o casuale. Le “figure” che affiorano tra “lumen” e tenebre nel lavoro di Ostili stanno su una soglia di un’ambigua visibilità, o anche di un’ambigua tattilità. Ogni opera si compie totalmente quindi nel preciso limite che l’operatore si pone e dentro il quale indaga, senza il peso del carisma storico dell’immagine dipinta, per privilegiare un’autentica pregnanza psichica. Questo tipo di approccio all’arte, capace di eliminare i processi sintattici della “matita”, talora frusti, scredita da una parte la facile discorsività dell’allegorismo figurativo, e dall’altra la regressione verso il gesto esistenziale. Le opere di Ostili hanno in sé vitalità, molteplicità di direzioni operative, immediatezza di comunicazione e riescono a rompere l’inerzia e l’abitudine della percezione.” (Marisa Vescovo) Vive e lavora a Torino.

Piera Paderni Inizia l’attività artistica negli anni ’60 partecipando a mostre collettive e vincendo numerosi premi e li conclude con una personale alla galleria Triade di Torino nella quale si delinea, in modo chiaro, quello che sarà il suo percorso artistico fatto di interesse per l’immagine e per la sperimentazione di nuovi linguaggi grafici.

Negli anni successivi è la commistione fra immagini appartenenti a momenti storico-artistici anche molto distanti fra loro che, dialogando, creano situazioni insolite, talvolta spiazzanti in un contesto di apparente normalità. “opere di varie epoche e civiltà passano così dall’immobilità museale, alla meraviglia della vita, diventano personaggi e turisti e metafisiche apparizioni e innescano reazioni a catena di simboli e significati” (Lucio Cabutti) 1990.

E’ a metà degli anni ’90 che nasce l’esigenza di continuare a sperimentare ulteriori linguaggi attraverso la tecnologia digitale.

Negli ultimi lavori: “Il Giardino di Pietra” (Torino, martinArte, aprile 2008) “Il Giardino d’Inverno (Torino, Orangerie della Biblioteca Civica Villa Amoretti, novembre2008) e: “Lo Spazio Assiale” (Torino,Cripta della chiesa di S. Michele Arcangelo, ottobre 2011) lo spazio che ospita le installazioni, gioca un ruolo fondamentale potenziandone i rimandi.

Piera Paderni ricerca una dimensione al di sopra della normale percezione visiva; una dimensione che pur non alterando le caratteristiche dell’elemento, lo proietti appena al di fuori del reale, in un mondo probabile dove tutto può accadere e tutto ci appartiene in quanto parte integrante del nostro presente e del nostro passato.

Sergio Vasco E’ stato docente di Discipline Pittoriche presso il Liceo Artistico Statale “Renato Cottini” di Torino. Così scrive della sua ricerca Tiziano Marghetich: “Fuori dagli schemi, lontano dalle etichette, Sergio Vasco svolge il proprio discorso coerente ma imprevedibile. Cattura l’osservatore con abilità, dispiegando le virtù della buona pittura, la sua capacità di illudere, di ingannare piacevolmente, con arguzia. Sulla superficie dei suoi lavori si piegano carte, panni, immagini familiari, spesso quotidiane, talora colte, che è bello riconoscere, così ingigantite, gonfiate, strizzate, truccate. Senza mai presentarsi sole con i loro enigmi, queste immagini costituiscono da anni, nel lavoro di Vasco, il centro di una ricerca personale, mai esclusivamente formale , mai viziata d’intellettualismo, sempre attuale fondata com’è sull’osservazione smagata dei messaggi che riceviamo ogni giorno, sulla riflessione, ora ironica, ora sarcastica, della loro inconsistenza e della loro capacità di fascinazione, di persuasione.

Le immagini ora si son fatte solide, osservabili da più punti di vista, esplorabili nelle parti nascoste. La superficie si è animata, piegata essa stessa a fingere panni, carte, biglietti di lotteria sui quali sempre strisciano, si torcono, s’allungano, serpeggiano, campeggiano lettere e parole che spesso si fanno messaggi aggiunti all’oggetto e lo commentono con amara ironia, sul proprio ruolo, sulle proprie sfortune, sui miti, sulle mode imperanti, sugli eroi del momento, sui riti e sulle miserie della società. E’ un comunicare superando ostacoli e distanze, difficoltà, diffidenze e limiti, ricorrendo ai codici più diversi perché il messaggio arrivi, anche indiretto, anche solo echeggiato, a chi, passando, sappia superare le convenzioni, le convenienze, i conformismi e accettare, con gli stimoli visivi e tattili, il dialogo. Vive e lavora a Torino

Claudio Vindigni Diplomato nel corso di scultura all’Accademia Albertina di Torino ha insegnato nei Licei Artistici. Katia Girini così scrive della sua ricerca: “Sperimentalista per vocazione, artista radicale, il Vindigni si definisce un modellatore attento ai processi trasformativi della materia e della forma…Proprio a partire dal concetto di Moèbius di inversione, l’artista ha saputo leggere il mondo e imparare ad interpretarlo con le lenti della relatività spazio-temporale e ha così sapientemente aperto le tante giovani menti incontrate durante la sua carriera di insegnante. Nella mostra riecheggia con straordinaria forza celebrativa una bella definizione del tempo di Claudio Vindigni: il tempo nel luogo-spazio, il suo scorrere dilatandosi-restringendosi, il guardare-guardandosi, l’oltre..” Vive e lavora a Torino