Enos Rizzi – La rivelazione delle carte lacerate
Trame forti e sicure, alimentate come una sorta di anima segreta onnisciente, si palesano evidenti, ad organizzare le tracce dell’operare di Enos Rizzi.
Comunicato stampa
Alla galleria ArteArte di via Galana 9 a Mantova, sabato 10 maggio, alle ore 17.30 si inaugura la mostra La rivelazione delle carte lacerate, una personale che inquadra l’interessantissimo lavoro del pittore Enos Rizzi (Castiglione delle Stiviere, 1944). La rassegna – presentata dal critico d’arte Gianfranco Ferlisi - resterà aperta sino al 30 maggio prossimo dal martedì al sabato dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30. La domenica e il lunedì solo su appuntamento. Info: Valentina Marongiu, tel. 3332121988 – ([email protected])
Enos Rizzi
La rivelazione delle carte lacerate
Se è così, se è vero che la ricerca del segno fa parte di un percorso che data almeno dalla metà degli anni Settanta, allora adesso questo si è definitivamente rivelato nella sua piena maturità. Trame forti e sicure, alimentate come una sorta di anima segreta onnisciente, si palesano infatti, evidenti, ad organizzare le tracce dell’operare di Enos Rizzi. Sono i segni del suo sapiente fare pittura, sono i codici identificativi della sua scrittura per immagini, sono gli accostamenti inusuali di materiali adespoti e senza immediato carisma estetico, offerti spesso dal caso e tradotti in metafora della propria sensibilità interiore.
Gli eventi cromatici che si muovono sulla superficie della sua pittura assumono in questo modo una duplice connotazione alla ricerca di una dimensione emozionale e immaginativa, una dimensione onirica e sognata, che procede parallela alla determinazione razionale di chi calcola con cura l’impatto visivo, le simmetrie, gli equilibri, i rapporti plastici, la dimensione delle ricercate partiture cromatiche per approdare sulle rive di inedite opere di scrittura-colore.
L’artista sempre più spesso si affida, nel suo recente dipingere, all’uso di materiali di scarto, a ciò che non è più utile e commerciabile in questo mondo. E non di rado - sullo spazio piano dell’opera - appone o incolla piccole cose di pessimo gusto, decadenti e crepuscolari come le cianfrusaglie prelevabili dai cassetti della gozzaniana Nonna Speranza, oppure nell’affollato bazar domestico del suo studio-bottega, oppure nel laboratorio alchemico roseo e ricco di sorgenti della sua isolata Castiglione.
Le opere – soprattutto carte - esposte nella Galleria ArteArte di via Galana a Mantova ci presentano, come si diceva, un artista maturo, un autore di collages che dichiara innanzitutto l’antico apostolato con il geniale e indimenticabile Danilo Guidetti. La struttura dell’organizzazione rappresentativa delle sue opere approda finalmente a una essenzialità sorprendente. Le carte decomposte, accartocciate, decolorate, lacerate, strappate, incollate, ridipinte e ricombinate non rimandano alle tracce figurali che pur talvolta possedevano. Non hanno antiche memorie da riproporre, non appartengono alla suggestione dei décollage di Mimmo Rotella e meno che mai a papiers collés tronfi di rimembranze cubiste di trompe - l’oeil. Le sue opere si muovono con sicura baldanza lungo la linea di confine tra scrittura e visione ma anche tra pratiche artistiche dissimili, al di là di ogni qualsivoglia gerarchia intellettuale e tecnica. Antichi schizzi riemersi tra le carte sbiadite di vecchie accademie, partitari inchiostrati da contabili ormai mummificati e le materie più diverse si ibridano col colore (quello della tradizione) in un gioco irriverente che prende di mira superatissimi ma persistenti confini disciplinari. Le materie di Enos Rizzi trovano la loro ragion d’essere in speciali assemblaggi e nelle nuove strutture sintattico/estetiche cui danno forma. La superficie si organizza così in un pulsare di luci e di ombre, in una materia che rimanda anche all’ars libraria, alle intuizioni tipografiche, ai rituali ineludibili della composizione poetica.
Se il frammento lacerato di un antico documento si è raggelato per tradursi in un fossile, se i fili di una antica rilegatura si muovono come ignoti grafemi cromatici, se una memoria di inceneriti paesaggi si palesa per rendere visibili improvvise micro accensioni timbriche è lecito parlare allora di pittura astratta? Come un racconto le sue immagini rimandano un oltre in cui è possibile rintracciare speciali novelle visive, narrazioni iconiche che non hanno avuto inizio e non avranno una fine.
E nelle carte nulla di greve emerge, nulla di disarmonico accoglie il riguardante: non si aggrovigliano sul suo volto le bende di una mortale cecità.
Si naviga nell’ispirazione forte della migliore immaginazione in grado di rendere rigogliosi i giardini estetici delle carte d’artista, tra sentori di meraviglia, tra sogni ad occhi aperti, tra una ritrovata felicità nel fare pittura, se così la vogliamo chiamare.
Già, perché nel nostro caso è ovvio che assistiamo a una messa in scena contro l’ampollosità degli dèi dell’antica pittura. Ma è anche ovvio che ci muoviamo nell’ambito più seducente di questi ultimi decenni recenti.
I suoi collage ritrovano così memorie remote, come quelle nobili di Jan Arp. Le sue intuizioni ripercorrono con passi post-moderni le orme geniali delle sperimentazioni Dada. Rizzi si muove disinvolto e oramai sicuro tra vecchie idee di creazioni di composizioni autonome ed assolute, tra concetti di dimensioni plastiche nuove e reali in cui dare forma a una coinvolgente creatività poetica, a grafie fluenti e originali che tendono a coagularsi e a crescere in perfetta autonomia germinativa, per metamorfiche e imprevedibili varianti.
L’esperienza della personale mantovana ci porta alla fine a riscoprire e a consacrare un petit-maître troppo spesso restio a calcare il palcoscenico, per lui mondano, della città capoluogo. In fondo proprio a questo serve una personale di un ragazzo del 1944. (gf)