Epeo – Hieròs ai primordi del sacro
“Hieròs – ai primordi del sacro”, la mostra personale dell’artista Epeo (Trebisacce, 1956), curata dal critico Cecilia Pavone.
Comunicato stampa
Venerdì 14 aprile alle ore 18.30 nella Project Room, spazio museale del CRAC Puglia (Centro di Ricerca Arte Contemporanea), avrà luogo l’inaugurazione di “Hieròs – ai primordi del sacro”, la mostra personale dell’artista Epeo (Trebisacce, 1956), curata dal critico Cecilia Pavone.
La mostra è promossa e organizzata dal CRAC Puglia, patrocinata da Comune di Taranto, Regione Puglia (Assessorato Cultura, Tutela e Sviluppo Delle Imprese Culturali, Turismo, Sviluppo e Impresa Turistica), in collaborazione con associazioni e istituzioni territoriali e nazionali (Amica Sofia di Perugia, F@MU-Famiglie al museo, Comitato per la qualità della vita, Amici dei Musei, FAI delegazione di Taranto, Tarenti Cives, Ella, Società Dante Alighieri, Marco Motolese e Club per l’UNESCO di Taranto, Gruppo Taranto, Ante Litteram, Contaminazioni).
La mostra personale dell’artista presenta una significativa selezione di opere plastico-pittoriche rappresentative della sua poetica. “L’universalità del sacro, la natura come spazio ierofanico primordiale, la trasfigurazione simbolica delle radici archetipiche alla base del mito - scrive in catalogo la curatrice Cecilia Pavone - caratterizzano la poiesis di Epeo. Lo stile icastico dell’artista, contrassegnato dall’impiego di materiali essenziali, in primis pietra e ferro, evoca dimensioni cultuali primitive, riti ancestrali e visioni magico-mitiche, provenienti dalle profondità abissali dell’inconscio collettivo. Permeata da un’intensa valenza simbolica, l’opera di Epeo scaturisce da un legame atavico con la sua terra d’origine, la Calabria, e con il Mare Ionio, identificato nella figura mitica di Leucotea. La concezione del sacro, nella sua poetica, è intrinsecamente correlata all’appartenenza territoriale, divenuta radice identitaria, ed è assimilabile al termine hieròs, che in greco antico indica la potenza divina consacratrice della natura, a differenza dei termini hagnós e hágios, che designano il sacro come attributo intrinseco della divinità”. “(…) Nell’ “era dell’accesso”, dominata dall’immaterialità della tecnologia e dalla dematerializzazione dell’oggetto, si rende necessario il ricollegamento alle origini mitico- simboliche dell’umanità attingendo all’ “iconosfera”, espressione coniata da Gillo Dorfles per indicare l’universo simbolico delle immagini che trascendono il loro aspetto iconico risultando ricche di significati e significanti”. “(…) La ricerca di Epeo si ricollega a questo universo valoriale attraverso la riappropriazione archetipico-simbolica basata sull’universalità del mito, resa attraverso il recupero della manualità artistica. La sua opera coincide con una rivisitazione dell’arte antropologica, già sviluppata negli anni Settanta alla luce di contaminazioni con l’arte concettuale e l’arte povera. Come sosteneva Beyus, “l’uomo libero è colui che agisce creativamente, l’uomo libero è un artista”. La libertà sprigionata nell’atto creativo, nella poiesis, costituisce dunque l’unica esperienza catartica possibile, finalizzata alla “riappropriazione dell’innato senso di collettivismo”, nell’ottica di un percorso di riappropriazione identitaria che passa attraverso la riconnessione simbolica con la sfera del mito e del sacro”.
Per l’occasione è stata realizzata, per le edizioni CRAC Puglia, una pubblicazione contenente l’introduzione della dott.ssa Giovanna Tagliaferro, direttore della Fondazione Rocco Spani Onlus, il testo critico della dott.ssa Cecilia Pavone, un apparato iconografico e la nota biografica dell’artista.
Nel periodo della mostra si terranno visite guidate, incontri d’esperienza e laboratori didattici per le scuole del territorio.
La mostra sarà visitabile sino al 10 maggio 2023.
Epeo (al secolo Domenico Cataldi) nasce nel 1956 a Trebisacce (CS). Compie studi artistici all’Istituto d’Arte di Luzzi (CS). Insegna arti applicate in diversi corsi di formazione, istituiti dalla Regione Calabria. Dalla fine degli anni Settanta opera nel campo della ricerca e della sperimentazione visiva attraverso i linguaggi della pittura, della scultura e dell’installazione ambientale. Soggiorna a Praga e a Roma. Instaura una serie di collaborazioni con alcuni artisti della Nuova Scuola Romana, condividendo aspetti della poetica teosofica di Bruno Ceccobelli. La sua ricerca, verte sulla sfera del sacro, e costituisce un’interpretazione attuale dell’arte antropologica. Ha esposto in significative rassegne e mostre nazionali.