Éric Rondepierre – Enigma
Paci contemporary è lieta di presentare la prima mostra personale in Italia di Éric Rondepierre, artista francese che fin dagli anni Novanta basa il proprio lavoro sul recupero di filmati d’epoca.
Comunicato stampa
Paci contemporary è lieta di presentare la prima mostra personale in Italia di Éric Rondepierre, artista
francese che fin dagli anni Novanta basa il proprio lavoro sul recupero di filmati d’epoca. «Rondepierre – in
un modo innovativo, che gli ha permesso di diventare uno tra i più apprezzati artisti francesi – seleziona e
preleva frame di film, li ingrandisce e li trasforma in fotografie, dove però rimane visibile la grana stessa
della materia-film. Salva questi frammenti di film dall’oblio e dona loro un altro corpo compiendo un gesto
di metamorfosi, di cambiamento di stato.» I suoi lavori, dunque, non sono altro che fotogrammi
cinematografici fissati in immagine, dove però «paradossalmente la fissità fotografica, in questo modo
ottenuta, non si trasforma in un’immobilità temporale (…), ma si apre verso altre storie, verso un altro
tempo, e in questo modo funziona come un attivatore di immaginario. (…) Le opere di Rondepierre,
nascono infatti da un’operazione analitica sul linguaggio filmico e fotografico, ma al contempo si
presentano cariche di una forza enigmatica e misteriosa».
Durante la mostra, avremo modo di conoscere il lavoro di questo artista, riconosciuto a livello
internazionale, -che vanta, tra le altre, esposizioni al MoMa di New York e al Centre Pompidou di Parigi-,
attraverso alcune opere tratte dalle sue serie più significative.
«Nella serie Précis de décomposition, dei primi anni Novanta, e poi in Moires (1996-1998), muovendosi tra
filmati anonimi degli inizi del secolo, Rondepierre sceglie e ingrandisce immagini alterate e corrose dal
tempo o dalle cattive condizioni di conservazione, come a voler analizzare con la lente d’ingrandimento gli
effetti della corruzione del supporto gelatinoso.»
Nella serie Diptyka, Rondepierre indaga gli effetti del montaggio, tagliando i fotogrammi delle bobine
cinematografiche, e invertendo la parte superiore e quella inferiore dell’immagine. Nella più recente serie
DSL, invece, analizza i disturbi visivi di film d’autore (Hitchcock, Lynch, Godard, Truffaut, Ophüls…) che
spesso si presentano quando dalla televisione vengono trasmessi attraverso lo schermo del computer.
Una voce più narrativa e forse meno analitica, Rondepierre assume nelle serie Partis communes (2005-07) e
Seuils (2008-09): «in queste ultime opere, infatti, l’autore amalgama assieme due medium: immagini
d’archivio di film muti d’inizio secolo e fotografie contemporanee scattate da lui stesso nel suo universo
quotidiano. Il risultato è costituito da immagini di grande fascino, che ci fanno incontrare personaggi
d’altri tempi, mentre paiono aggirarsi oggigiorno nel metrò di Parigi o tra strade e parchi affollati di
visitatori.»
Infine, in Les Trente Étreintes (Trenta Abbracci) l’artista ha selezionato trenta fotogrammi (su oltre un
migliaio) di una sequenza in deterioramento della durata di circa un minuto: «l’oggetto filmico,
immobilizzato dalla fotografia ed elevato alla dignità di immagine, preserva una sorta di mistero profondo,
irriducibile al livello immediato della rappresentazione.»Éric Rondepierre si configura come uno degli artisti sicuramente più interessanti e innovativi del panorama
artistico contemporaneo, inserendosi in quella proficua tendenza artistica, -«capace di perturbare la visione
ponendosi volontariamente sulla linea di confine tra film e fotografia».
Sul lavoro di Éric Rondepierre hanno scritto, tra gli altri, Régis Durand (direttore del Centro Nazionale della
Fotografia e poi del Jeu de Paume, Parigi), Quentin Bajac (conservatore capo del dipartimento di fotografia
del Centro Pompidou di Parigi e neodirettore del dipartimento di fotografia del MoMA a New York) e
Philippe Dubois ( autore del celebre libro L’atto fotografico; docente di cinema e arte contemporanea presso
l’Università Parigi III).
Le frasi tra virgolette sono citazioni tratte dal testo di Gigliola Foschi “Eric Rondepierre. Elogio della
metamorfosi”, che potrete trovare all’interno del catalogo dedicato alla mostra.
Francesca Nava