Ernesto Neto – Olhando o céu
La mostra, curata da Emanuela Nobile Mino, presenta un intervento inedito di Ernesto Neto ispirato dall’imponente affresco che, realizzato da Pietro da Cortona tra il 1651 e il 1654 e
secondo per estensione soltanto a quello michelangiolesco della Cappella Sistina, adorna l’intera volta dell’ambiente barocco progettato da Borromini e raffigura le Storie di Enea, mitico fondatore di Roma.
Comunicato stampa
Dopo i successi delle mostre di Fernando e Humberto Campana Brazilian baroque collection (2011) e di Vik Muniz Matrici italiane (2011), concepite appositamente per la Galleria Cortona di Palazzo Pamphilj, l’Ambasciata del Brasile a Roma è onorata di presentare un nuovo progetto realizzato ad hoc per gli interni seicenteschi della Galleria da un’altra eminenza delle arti visive e artista brasiliano tra i più interessanti ed affermati a livello mondiale: Ernesto Neto.
La mostra, curata da Emanuela Nobile Mino, presenta un intervento inedito di Ernesto Neto ispirato dall’imponente affresco che, realizzato da Pietro da Cortona tra il 1651 e il 1654 e secondo per estensione soltanto a quello michelangiolesco della Cappella Sistina, adorna l’intera volta dell’ambiente barocco progettato da Borromini e raffigura le Storie di Enea, mitico fondatore di Roma.
L’installazione di Ernesto Neto per Galleria Cortona porta il titolo di Olhando o céu (“Guardando il cielo”), essendo stata pensata dall’artista come un invito a deragliare la consueta traiettoria orizzontale dello sguardo e a direzionarla verso l’alto per cogliere il virtuosismo prospettico che caratterizza il dipinto seicentesco della volta – esempio tra i più eccellenti dell’arte del tromp-l’oeil di epoca barocca.
Disteso su uno degli 11 carrinhos (sculture organiche mobili progettate da Neto in forma di veicoli in legno naturale e tessuto) il visitatore ha modo di spostarsi liberamente nello spazio della galleria, entrando in rapporto sinergico con l’opera e con l’ambiente circostante e, grazie all’ausilio di binocoli, godendo di una visione eccezionalmente ravvicinata dei particolari pittorici e dei giochi illusionistici del dipinto che, annullando la bidimensionalità del soffitto e i limiti dello spazio architettonico, invitano l’occhio a perdersi nella profondità prospettica del cielo.
Stravolgere i canoni della percezione e portare l’osservatore a direzionare il proprio sguardo verso l’alto sono due prerogative che contraddistinguono i lavori di Ernesto Neto. Così come creare una relazione osmotica e anti-gerarchica tra micro e macro cosmo, tra il fruitore e l’opera e tra l’opera e lo spazio architettonico può essere considerato uno degli aspetti ricorrenti e distintivi della sua prassi artistica. Disseminati all’interno della Galleria Cortona i carrinhos di Neto si presentano come elementi scultorei la cui anima funzionale sopita si rende manifesta a seguito dell’attiva partecipazione del pubblico.
Il processo di riconciliazione tra l’inerzia della scultura e la mobilità del visitatore, che tendenzialmente il lavoro di Neto mira ad innescare, in questo caso si compie nella congiunzione fisica tra corpo e oggetto. La messa in gioco dell’uno attiva il funzionamento dell’altro, innescando una concatenazione di processi interattivi incrementali, nel momento in cui altri fruitori entrano in relazione con le altre opere e insieme, attraverso l’espressione vitale del movimento e la liberazione dell’istinto ludico, trasformano temporaneamente l’ambiente barocco della Galleria Cortona in uno spazio atemporale intitolato all’interazione. Quella tra i singoli individui e la collettività e quella tra il lessico del patrimonio storico-artistico del passato e il linguaggio dinamico dell’arte coniugata al presente. (Emanuela Nobile Mino)
ERNESTO NETO
Ernesto Neto nasce a Rio de Janeiro nel 1964, dove tuttora vive e lavora. Negli anni ’80 inizia i suoi studi in arti visive prendendo lezioni di scultura con Jaime Sampaio e João Carlos Goldberg presso la Escola de Artes Visuais do Parque Lage, a Rio de Janeiro. Nello stesso periodo, frequenta corsi d’intervento urbanistico e scultura con Cleber Machado e Roberto Moriconi, presso il Museu de Arte Moderna di Rio de Janeiro. La posizione tra scultura e installazione caratterizza la sua produzione e, già negli anni ’90, comincia a usare calze di nylon e altri materiali più flessibili e d’uso quotidiano. Nella seconda metà degli anni 90, le sue installazioni vedono l’utilizzo di tubi di maglia fina e translucida, riempiti di spezie di vari colori e aromi, come lo zafferano o i chiodi di garofano in polvere. Alla fine degli anni ‘90, l’artista comincia a elaborare le “navi”, strutture di tessuto trasparente e flessibile, che possono essere penetrate dal pubblico. Nel 2007 realizza a Parigi la monumentale installazione Leviathan Thot, all’interno del Pantheon. Tra le sue varie mostre hanno particolare rilievo le individuali quali Anthropodino (Drill Hall, New York, 2009), A sculpture can be anything that can stand upright (Galeria Elba Benítez, Madrid, 2008), É a vida, o espaço interior (Galeria Artur Fidalgo, Rio de Janeiro, 2007), Citoplasma e organóides – Projeto Respiração (Fundação Eva Klabin, Rio de Janeiro, 2004), O casamento: Lili, Neto, Lito e os loucos (Museu de Arte do Rio de Janeiro, 2001). Tra le collettive, Blooming Now! Brazilian contemporary art (Toyota Municipal Museum of Art, 2008), Seduções/Seductions (Daros-Latinamerica, Zurigo, 2006) e la 49ª Biennale di Venezia (2001). L’artista è anche uno dei direttori della galleria A Gentil Carioca, a Rio de Janeiro, accanto a Laura Lima e Marcio Botner.