Essere. Verbo Imperfetto
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Comunicato stampa
Ogni essere esistente ha qualità proprie, e connotanti la propria vera essenza.
E quante più sono, tanto più completo sarà. Sarà perfetto: completo e compiuto. Sarà finito.
Se ciò è vero, l’imperfezione rappresenterà la negazione delle qualità e l'espressione di tutti i limiti dell’essere.
L’imperfezione diventa, quindi, espressione dell’umanità smarrita.
Essere. Verbo imperfetto si veste di consapevolezza, assolvendo alla dote della propria maturità attraverso il paradosso della perfezione, secondo la quale “l’imperfezione” sarebbe perfezione.
Coppia nella vita, occasionalmente qui coppia creativa, Erika Latini e Massimo Festi esaltano, nella propria ricerca artistica, l’aspetto antropico dell’imperfezione e la sua incidenza nel quotidiano, proclamando “L’amore imperfetto quale quello più autentico”, vero e proprio manifesto d’amore e d’arte attraverso percorsi narrativi su stampe digitali, ricami, cuori in plastica, maschere. Gli artisti, marchigiana la prima e romagnolo il secondo, con grandissima ironia, danno vita ad una contaminazione di linguaggi e simboli che esaltano quello che è il loro legame privato che diviene, per forze universali, quello di tutti.
L’osservatore si troverà a curiosare nella valigia dei ricordi custodita nella soffitta di ciascuno, quella che si riapre con trepidante nostalgia e che ci ricorda cosa sia l’amore: il detonatore della vita. E così rileggeremo le lettere di Erika, scritti d’amore intessuti dal filo rosso che diventa linea di sangue e memoria perpetua, come punti di sutura sul cuore. O le maschere di Massimo “…attraverso le maschere della vita per non trovarsi mai slegati…”
Massimo Festi si estrinseca attraverso l’immagine digitalizzata che diventa galleria di “personaggi” costretti a celare l’umano non più percepito da una società ormai circo mediatico globale, passerella per soggetti in disperata ricerca d’autore e le cui maschere, simulacri di una perfezione formale indossata, ne rivendicano la dignità dei diversi, degli imperfetti, dei “freaks” come la nota opera cinematografica di Tod Browning del 1932, nella cui colonna sonora riecheggia la frase, “Gobble, gobble, we accept her, we accept her, one of us, one of us!.”
Erika Latini ricerca attraverso la memoria, i ricordi, le sensazioni. L’immaginario è un puzzle di tessere mnemoniche, di istanti rielaborati e trascritti, tra schizzi, disegni pieni, e scarabocchi. La linea di Erika è sicura, dominante ma sempre addolcita dalla lettura ludica di chi ama la propria esistenza come apertura costante al mondo, la cui visione disincantata dell’adulto non ne sopprime il sorriso della fanciulla. Il ricamo è una soluzione linguistica percepita quale elemento tangibile che lega a sé gli eventi della vita.
“Se tutto è imperfetto in questo imperfetto mondo, l'amore invece è perfetto nella sua assoluta e squisita imperfezione”. (Jöns in Il Settimo Sigillo, 1957. Regia di Ingamr Bergman)
[Amelì Liana Lasaponara]