Eva L’Hoest / Giacomo Segantin

Informazioni Evento

Luogo
RITA URSO ARTOPIA GALLERY
Via Lazzaro Papi 2, Milano, Italia
Date
Dal al
Vernissage
09/05/2024
Artisti
Eva L’Hoest, Giacomo Segantin
Generi
arte contemporanea, doppia personale
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Artopia è lieta di presentare due mostre personali, che aprono al pubblico nella nuova sede.

Comunicato stampa

Eva L’Hoest, Path Dependency / Giacomo Segantin, La Tempesta 

 

Artopia è lieta di presentare due mostre personali, che aprono al pubblico nella nuova sede di via Lazzaro Papi 2, da giovedì 9 maggio a venerdì 12 luglio 2024.

 

In dialogo con l’architettura dello spazio, i due progetti espositivi si sviluppano autonomamente pur muovendosi in una cornice tematica che presenta punti di convergenza e in una dinamica visiva che coinvolge entrambi i livelli della galleria.

 

Il piano terra accoglie la mostra Path Dependency dell’artista belga Eva LHoest (Liège, 1991), che affronta la relazione, sempre più stretta e condizionante, tra tecnologia, natura e il ruolo dell'uomo in questa rete complessa e intima, un motivo ricorrente nella sua pratica artistica. Le opere in mostra, allestite secondo la specificità dello spazio, riflettono sulle forze visibili ed invisibili che modellano il nostro mondo ed offrono una finestra sulle zone cieche della nostra civiltà.

 

Accoglie il visitatore all’ingresso il dittico One hundred staring sheep (2024), immagini intermedie di un processo di scansione 3D, qui presentate in una sequenza che imita la danza a scatti degli specchi rotanti dello scanner. Le stampe fotografiche cercano di esplorare come la nostra percezione della natura alteri fisicamente l’ambiente attraverso tecniche che incarnano sia visioni tradizionali che moderne. Ad esse si affianca l’imponente installazione video-scultorea Scaffold Mechanics (2023), presentata insieme al film What hath God wrought? (2023) nell’adiacente sala proiezione. Entrambi i lavori scavano nelle storie sommerse della nostra era digitale portando alla luce un DNA virtuale in cui l’umanità si intreccia alla tecnologia dei cavi elettrici sottomarini. Al lato opposto la nuova opera Consecrated Lightning! (2023), ottenuta dalla scansione degli strati di rifiuti nucleari immagazzinati nella società BelgoProcess. Nei solchi delle sue sezioni trasversali e nella ruvidità organica del materiale di scarto sono racchiuse le storie del corpo umano e del linguaggio, in un'intrinseca poesia materica. Ispirate alla groma etrusca, le piccole sculture sospese alle capriate Dont Feed The Birds (2024), invitano lo spettatore ad alzare lo sguardo coinvolgendolo in un dialogo sfumato. Attraverso un’articolata selezione di lavori, L'Hoest costruisce una narrazione poetica che trascende la mera fisicità dei materiali incorporando al loro interno un'indagine più profonda sulla condizione umana.

 

Al primo piano inaugura contestualmente la mostra personale di Giacomo Segantin (Abano Terme, 1995), dal titolo La Tempesta. Nelle due tipologie di lavori esposte, appositamente concepite e prodotte per la galleria, protagonista è il paesaggio, concepito come uno spazio complesso e luogo di incontro tra azione umana e dinamiche naturali.

 

Nella documentazione fotografica dell’intervento La Tempesta (2023), Segantin riflette sugli spazi urbani residui, luoghi in cui la gestione e il controllo vengono temporaneamente sospesi rendendoli soggetti ad un continuo movimento. In collaborazione con il vento e la naturale diffusione dei semi del pioppo, il progetto è stato realizzato all’interno dell’area dismessa delle Ex Acciaierie Falk e rientra nel contesto della fotografia documentale dell’archeologia industriale.

 

Apre il percorso espositivo luce (2024). L’opera fotografica, posta sulla sommità della scala sospesa che collega i due piani della galleria, si presenta come la chiave di lettura di tutta la mostra: un pappo dalla forma circolare galleggia luminoso al centro dell’immagine, risaltando sullo sfondo più scuro. Un’interferenza visiva, un’invasione organica che si moltiplica e, spinta dal vento, si sovrappone all’intricata vegetazione spontanea nell’opera grande nero (2024). La dimensione temporale di questo movimento è catturata nel dittico il paradiso (2024), dove i pappi, in diversi momenti, si diffondono con più o meno intensità sullo sfondo della vegetazione pioniera, attraversata da un enorme trave di cemento armato. La composizione materica e la stratificazione delle fondamenta dell’architettura sono il soggetto di geologia (2024), posta in stretto dialogo con l’installazione di materiale organico senza titolo (cercis siliquastrum) (2024) al centro della sala. Su di una base in compensato fenolico si dispongono i fiori dell’albero di Giuda, raccolti, essiccati e lavorati dall’artista. L’installazione riflette sulla filiera e l’approvvigionamento delle materie prime, contrapponendo il processo di realizzazione industriale con una pratica di foraggiamento e di autoproduzione. I fiori diventano una sorta di materiale edile, assurdo ed inefficace, nella sua totale mancanza di utilizzo e nella sua fragilità. Le opere di Segantin si caratterizzano per una forte empatia con il non umano e, partendo dall’osservazione del paesaggio indesiderato, sottolineano l’importanza di avere degli spazi non definiti, né per forma né per funzione, in cui la vita possa autodeterminarsi.

 

Path Dependency di Eva L’Hoest e La Tempesta di Giacomo Segantin sono due mostre indipendenti che vivono in simbiosi nello spazio della galleria, grazie a numerose risonanze tra le ricerche degli artisti. Nelle loro opere, si leggono stratificazioni di architetture, elementi biologici e azioni antropiche che fanno riferimento a diversi luoghi del mondo ed esprimono due forme essenziali di movimento.” scrive Giovanni Paolin nel testo dedicato alle esposizioni.

 

 

 

 

 

Eva LHoest (Liège, 1991) vive e lavora a Bruxelles. Il suo lavoro intende indagare in che

modo tutti i tipi di immagini mentali, in particolare i ricordi, la reminiscenza, possano ri-apparire in forma tecnologica. È molto interessata a esplorare la memoria e la sua realtà “infinitesimale”. Pezzo dopo pezzo, l’artista si appropria della tecnologia digitale per interpretare, distorcere, saturare o alterare le immagini sfocate della memoria. Ha recentemente esposto alla Biennale di Sydney; al WIELS, Bruxelles, Belgio; al Frac Grand Large, Dunkirk, Francia; alla Biennale d’Arte Contemporanea di Riga, Lettonia; al Museo di Malmö, Svezia; alla Biennale di Lione, curata dal Palais de Tokyo, in Francia; alla Triennale di Okayama Art Summit 2019, curata da Pierre Huyghe, Giappone; nel 2018, i suoi video sono stati proiettati a Les Rencontres Internationales Paris-Berlin, Visite Film Festival, Vidéographie 21 e sotto forma di live performance all’International Film Festival Rotterdam, in Olanda. Proiezioni dei suoi film si sono tenute anche al Centre Pompidou Kanal, Bruxelles; Louvre Auditorium e al Carreaux du Temple a Parigi; alla Haus der Kulturen der Welt a Berlino; al Muhka ed Het Bos ad Anversa.

 

Giacomo Segantin (Abano Terme, 1995) vive e lavora fra Milano e i Colli Euganei. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Verona e ha frequentato il biennio in Arti Visive e Studi Curatoriali presso NABA, Milano. La sua pratica tende a decostruire gli stereotipi legati al paesaggio e all’identità del territorio, proponendo una visione di una realtà complessa, in continuo movimento. Ha preso parte a diverse residenze e progetti di ricerca fra cui Mustarinda, Hyrynsalmi, Finlandia (2023); Uncivilized Paradigms, promosso da BJCEM, a cura di Alessandro Castiglioni e Simone Frangi; progettoborca, Borca di Cadore, Dolomiti Contemporanee (2020), Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2019). Il suo lavoro è stato incluso in diversi progetti espositivi come We are the flood, a cura di Stefano Cagol, Spazio Archeologico Sotterraneo, Trento (2022); Cantica21, premio di produzione supportato da MAECI e MiC, Canada (2021); To see, to know, to play, a cura di Eleonora Reffo, Villa Borromeo, Fontaniva (2020); 51zero, International Moving Image and Contemporary Art Festival, Rochester/Canterbury, UK (2019). Nel 2024 il suo lavoro entra a far parte della collezione del MuSe Museo delle Scienze di Trento grazie al PAC (Piano Arte Contemporanea, edizione 2023).

 

Artopia Gallery inaugura nel febbraio 2001 con la mostra di Marzia Migliora In punta di piedi (On tiptoes), a cura di Emanuela De Cecco. La galleria promuove artisti emergenti e mid-career italiani e internazionali con un ampio programma di mostre, per la maggior parte progetti site-specific e curatoriali. L’intento è offrire una lettura critica ed innovativa della contemporaneità attraverso la sperimentazione di più linguaggi e pratiche che includono il cinema, i media digitali, la performance e il design. Nell’autunno 2023 la galleria ha cambiato sede spostandosi di pochi metri, nel cortile dello stesso edificio che l’ha ospitata per più di vent’anni. Il nuovo spazio, un ex-laboratorio di fine ‘800 nel cuore di Milano, è stato progettato dallo Studio Martinelli Venezia. Dall’estate 2022 Artopia organizza la rassegna NUCRÉ, patrocinata dalla Regione Puglia: un insieme di eventi di arte contemporanea volto alla valorizzazione del patrimonio culturale e antropologico del territorio pugliese.