Eve Arnold – Le donne di Eve

“Le donne di Eve”, mostra personale di Eve Arnold.
Comunicato stampa
Non sono una femminista radicale perché non credo che la mentalità dell'assedio funzioni. Ma so
qualcosa dei problemi e delle ingiustizie dell'essere donna, e nel corso degli anni le donne che ho
fotografato mi hanno parlato di sé stesse e della loro vita. Ognuna aveva la sua storia da raccontare,
unicamente femminile, ma anche unicamente umana.
Eve Arnold
Nella sua prima monografia “The unretouched woman” pubblicata nel 1974 – all’età di 62 anni e con
una carriera di oltre 20 anni alle spalle – Eve Arnold (1912-2012) si presenta così, scegliendo di
raccontare con le sue immagini donne viste attraverso lo sguardo di una donna.
La selezione proposta dalla galleria Podbielski Contemporary ripercorre in sintesi questo tracciato
attraverso immagini di donne di ogni estrazione sociale, in varie regioni del mondo, spesso colte in
momenti di introspezione, senza essere in posa e senza ritocchi. Da New York a Londra, da Cuba
al Medio Oriente, dagli interni di Harlem ai set di Hollywood, l’obiettivo di Eve indaga in maniera non
invadente e con profonda empatia. Estremamente conscia di quanto la figura del fotografo abbia
P O D B I E L S K I C O N T E M P O R A R Y
Via Vincenzo Monti 12 | 20123 Milano
Opening Hours: Tues–Sat, 3-7 pm
[email protected]
www.podbielskicontemporary.com
impatto sulle persone che ritrae, Eve cerca di “farsi da parte” per permetter al soggetto di emergere.
Questa sua abilità di empatizzare con i soggetti delle sue immagini e di instaurare con loro un dialogo
basato su onestà e franchezza, la rende capace di fotografare nelle situazioni più disparate.
Nata nel 1912 in Pennsylvania, figlia di immigrati ebrei russi, Eve Arnold si avvicina alla fotografia
da adulta e alla fine della Seconda guerra mondiale, approfittando della penuria di manodopera
maschile, trova lavoro in un impianto di sviluppo fotografico Kodak. Nel giro di pochi mesi diventa
direttrice dell’impianto e, poco dopo, viene inviata ad aprirne uno nuovo a Chicago, mostrando grandi
abilità manageriali, e allo stesso tempo apprendendo i segreti della stampa fotografica. Nel
frattempo, la guerra finisce, il marito torna dal fronte ed Eve si licenzia per dedicarsi alla casa e alla
famiglia a New York. La passione per la fotografia però non la abbandona e il marito la esorta a
continuare. Due settimane dopo la nascita del figlio, Eve è già in strada a scattare fotografie e si
iscrive alla scuola fotografica di Alexei Brodovitch, allora art director di Harper’s Bazaar. Fotografa
così una sfilata di modelle nere ad Harlem e il Picture Post dedica otto pagine a queste immagini
che ritraggono una realtà che nessuno dei fotografi dell’epoca (quasi esclusivamente uomini e
bianchi) aveva mai lontanamente pensato di documentare. Da qui la svolta che la porta a unirsi
all’agenzia Magnum come prima fotografa donna ammessa a farne parte: le fotografie di Harlem
arrivano allo sguardo attento di Robert Capa, uno dei fondatori della prestigiosa agenzia, in cui Eve
viene invitata ad entrare nel 1951.
L’agenzia, fondata a Parigi nel 1947 da giganti della fotografia quali Cartier-Bresson, Capa e
Seymour, si basava su un principio per i tempi innovativo: sono i fotografi, e non gli editori, a
possedere il copyright delle immagini scattate. Questo dava all’agenzia la libertà di scegliere i
cosiddetti lavori ‘assegnati’ e di mantenere un certo controllo sul modo in cui il lavoro dei fotografi
veniva usato e distribuito. L’appartenenza a Magnum apre ad Eve Arnold un mondo di possibilità,
dandole l’opportunità di documentare realtà in tutto il mondo – dai raccoglitori di patate a Long Island
alla regina di Inghilterra, dai bar di Cuba alle star di Hollywood, dalle marce di protesta in Virginia a
Malcom X.
Ma è sempre alle donne che il suo sguardo ritorna – donne fatali, donne madri, donne al lavoro,
donne comuni e celebrities quali Marlene Dietrich e Marylin Monroe – motivata dal desiderio di capire
che cosa le muove, le accomuna e allo stesso tempo le rende così profondamente diverse ed uniche.
Diversamente dai fotografi dell’epoca, per i quali spesso la donna era un “oggetto” da inquadrare in
iconografie stereotipate e idealizzate, Eve cerca la persona dietro l’immagine. Sotto la lente di Eve,
Marlene Dietrich non è una star ritoccata ed irraggiungibile, ma una donna che svolge un lavoro.
Allo stesso modo, la Marylin Monroe che Eve ci presenta non è l’icona sexy e provocante dei giornali,
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ma una donna vera, con i suoi dubbi e insicurezze, l’ansia per non sentirsi all’altezza del ruolo (come
sul set di “The Misfits”) e il desiderio di migliorarsi (famosa la foto di Marylin che legge James Joyce).
Essere donna, in un settore prevalentemente maschile come quello della fotografia documentaria
(all’epoca come ora), permette ad Eve di avvicinarsi a soggetti inarrivabili per altri (le sue immagini
di donne negli Harem ad Abu Dhabi offrono un vero e proprio sguardo “dietro il velo”) e, al tempo
stesso, di cogliere sfumature con una sensibilità che arriva diretta all’essenza delle persone.
Se il fotografo ha cura delle persone davanti al suo obiettivo ed è compassionevole, molto viene
rivelato. Il vero strumento è il fotografo, non la macchina fotografica.
Eve Arnold