Everyday Life
A cura di Gabriele Lorenzoni e Carlo Sala, la mostra presenta parte di quella ricerca contemporanea che indaga fenomeni e mutamenti socioeconomici.
Comunicato stampa
La mostra Everyday Life accoglie e declina il tema dell’edizione 2019 del Festival dell’Economia di Trento: globalizzazione, nazionalismo e rappresentanza.
Attraverso la ricerca fotografica più recente, installazioni video e interventi topic specific, la mostra intende indagare fenomeni e mutamenti socioeconomici.
Il tempo presente è caratterizzato dall’ipervisione, ossia dall’esposizione continua e caotica di immagini prodotte e diffuse a velocità crescente. Web, cinema, fiction, video, videogiochi: le simulazioni del reale riempiono ogni spazio della visual comunication e si sovrappongono, generando un caos visivo tanto attrattivo quanto destabilizzante.
Le tecnologie della visione producono immaginari più o meno realistici che influenzano e narcotizzano i costumi culturali e le posture sociali. Tra open data e propaganda, anche la trattazione dei temi politici, economici e sociali è ormai stereotipata e omologata.
È questo il multiforme e attuale tema di Everyday Life. Economia globale e immagine contemporanea, la mostra curata da Gabriele Lorenzoni (curatore Mart) e Carlo Sala (curatore indipendente e docente), alla Galleria Civica di Trento, dal 30 maggio al 1 settembre 2019.
Nata per dialogare con il Festival dell’Economia di Trento (30 maggio – 2 giugno), l’esposizione ne accoglie le suggestioni empiriche e le restituisce attraverso le immagini. La ricerca artistica diviene interlocutrice autorevole, capace di generare consenso e pensiero, sfiducia e allontanamento, progresso e sconfitta alla stessa maniera del dibattito intellettuale, dei numeri e delle statistiche, della ricerca scientifica.
Dalla cultura dell’immagine alla cultura della video-tecnologia
Negli spazi della Galleria Civica di Trento il primo lavoro in mostra è un’installazione che annulla lo spazio di fruizione e nega la grammatica espositiva a cui il visitatore contemporaneo è abituato. Una sorta di silenzio visivo, una pausa, un nuovo grado zero da cui partire.
Nella sala successiva i lavori iconici di quattro indiscussi maestri internazionali, Andreas Gursky, Fischli & Weiss, Shirin Neshat, Wolfgang Tillmans, le cui opere appartengono alle Collezioni del Mart, costituiscono una sorta di prologo iconografico. Si tratta di fotografie realizzate negli anni Novanta, agli albori di quel processo di globalizzazione che, attraverso virate del tutto impreviste, ha condotto al presente.
La generazione di fotografi successiva ha necessariamente guardato a questi “pionieri”, destrutturando i messaggi visivi dei vecchi e dei nuovi media.
La mostra entra nel vivo e presenta il lavoro di quegli artisti italiani che analizzano le contraddizioni, gli stereotipi, gli immaginari precostituiti secondo una prospettiva post-contemporanea dal sapore fortemente sociologico: Adrian Paci, Alessandro Calabrese, Brigitte Niedermair, Daniele Girardi, Dido Fontana, Discipula, Filippo Berta, Filippo Minelli, Giovanni Morbin, Hannes Egger, Ingrid Hora, Nicolò Degiorgis, Paolo Ciregia, The Cool Couple.
I generi tradizionali della fotografia, come l’immagine di moda, la fotografia di architettura, scientifica, giornalistica e, soprattutto, le indagini sul paesaggio, sono implosi.
A partire dall’inizio del nuovo millennio lo scenario muta radicalmente: fotografi e artisti devono confrontarsi con il fenomeno della cosiddetta fotografia espansa. Si tratta di una vera e propria rivoluzione culturale caratterizzata dall’uscita dal genere, dall’ibridazione di soggetti e tipologie di ricerca, dalla contaminazione con i temi globali della visual culture e della comunicazione.
A questo si aggiunge la sempre più ampia accessibilità non solo alla fruizione delle immagini, ma anche all’utilizzo delle tecnologie capaci di produrre, elaborare e diffondere dati visivi. Cambiano i costumi e fenomeni di massa: per la prima volta nella storia ognuno è prosumer, ovvero è al tempo stesso creatore e consumatore del magma visuale che circola attraverso il mondo digitale in tempo reale.
La proliferazione senza limiti implica la caduta di confini non solo geografici e la possibilità pressoché infinita di descrivere ogni realtà plausibile, non necessariamente vera.
Nessun medium più della fotografia può assorbire con efficacia la rapidità di tali cambiamenti, l’immagine perde però l’aura di rappresentazione mimetica e realistica dell’esistente, divenendo a sua volta un vero e proprio fattore in grado di generare realtà.
Nelle sempre più numerose possibilità tecnologiche, la fotografia produce relazioni, esperienze e narrazioni, tanto nella sfera pubblica quanto nella sfera privata. L’immagine spinge ogni attività di comunicazione a livelli mai raggiunti prima, fino a divenire, indiscutibilmente, manifestazione stessa del post-contemporaneo.
Tutto è veloce, la vita quotidiana non scorre più placidamente accanto a fenomeni che possono essere studiati nel medio termine. Inebriante, la rapidità impedisce la valutazione empirica dei piccoli e grandi mutamenti a cui, sempre più, la popolazione globale si è abituata e adeguata. La commistione delle immagini è totale e le trasformazioni vanno registrate nel loro farsi. Nuovi ritmi e sovrapposizioni costringono a una misurazione immediata delle conseguenze, l’istante presente è già passato.
Everyday Life descrive paesaggi urbani e spazi naturali, processi di gentrificazione e di erranza. La riflessione si sofferma in particolar modo sul tema dei confini e delle soglie. Inevitabilmente indugia sulla definizione stessa e sull’uso possibile dell’immagine, allo stesso tempo soggetto e oggetto della mostra. La comunicazione e le forme di persuasione diventano materia di studio. Ne deriva una vera e propria antropologia visiva che fa del glocal una delle sue peculiarità.
Tra post-immagine, ipervisione e fotografia espansa, la mostra propone un’indagine poetica e allo stesso tempo dissacrante del presente.