Evgeny Antufiev – Fusion and Absorption
Questa mostra nasce dalla voce di un artista quanto mai lontano dalla nostra cultura, ma la sua ricerca dimostra in fondo le infinite, possibili rispondenze con “culture altre” che, attraverso lo sguardo di un potenziale interlocutore, possono vivere entro una riconoscibilità extratemporale e extra geografica.
Comunicato stampa
…Mi sembra molto ragionevole la credenza celtica secondo cui le anime di quelli che abbiamo perduto sono prigioniere entro qualche essere inferiore, una bestia, un vegetale, una cosa inanimata, perdute di fatto per noi fino al giorno, che per molti non giunge mai, che ci troviamo a passare accanto all'albero, che veniamo in possesso dell'oggetto che le tiene prigioniere. Esse trasaliscono allora, ci chiamano e non appena le abbiamo riconosciute, l'incanto è rotto. Liberate da noi, hanno vinto la morte e ritornano a vivere con noi. Così è per il nostro passato. È inutile cercare di rievocarlo, tutti gli sforzi della nostra intelligenza sono vani. Esso si nasconde fuori del suo campo e del suo raggio d'azione in qualche oggetto materiale che noi non supponiamo. Quest'oggetto, vuole il caso che lo incontriamo prima di morire, o che non lo incontriamo mai…
(M. Proust, Ducôté de chezSwann)
Un‘opera pone sempre domande.
Non dà risposte.
Le risposte possiamo cercarle dentro di noi.
Un’opera è un po’ come uno specchio, un catalizzatore di memorie, di stati cognitivi, di emozioni che non possiamo prefigurare a priori. E’ un incontro con noi stessi, con la nostra identità e con le nostre radici.
Questa mostra ha l’ambizione di interrogare e interrogarsi su tante cose: sul possibile rapporto dell’arte di oggi con quella antica; sulla relazione tra arte e natura e sull’esistenza o meno di un confine tra loro; sulla memoria collettiva di cui siamo portatori nella cultura in cui ci inscriviamo e sulla nostra percezione di identità singolare; sul nostro bisogno di riconoscimento; sul rapporto che l’arte innesca col tempo e sulla sua capacità di condurci in una dimensione in cui vita e morte non si elidono, ma convivono senza soluzione di continuità e per questo forse possiamo spendere,in modo peculiare, la parola “immortalità”.
Così l’artefatto, i materiali di cui è costituito, possono inscriversi in una dimensione regolata dalle leggi che potremmo definire naturali? Tendiamo a riempire l’apparenza fisica dell’oggetto, la sua consistenza materica di tutta la conoscenza e la memoria che possediamo e che possiamo così ritrovare e riconoscere ogni volta che avviene l’incontro.
Questa mostra nasce dalla voce di un artista quanto mai lontano dalla nostra cultura, ma la sua ricerca dimostra in fondo le infinite, possibili rispondenze con “culture altre” che, attraverso lo sguardo di un potenziale interlocutore, possono vivere entro una riconoscibilità extratemporale e extra geografica.
Evgeny Antufiev, nato a Tuva nel 1986, vive e lavora a Mosca. Dopo gli studi all'Institute of Contemporary Art (ICA) di Mosca, nel 2009 vince il Kandinsky Prize nella categoria “The young artist. Project of the Year.” I suoi ultimi progetti sono stati presentati al MMOMA e a Regina Gallery di Mosca (settembre – novembre 2015). Inoltre ha esposto al Multimedia Art Museum di Mosca, 2014, alla Collezione Maramotti, Reggio Emilia 2013, e ha partecipato a numerose mostre collettive in luoghi prestigiosi, tra cui il Palais de Tokyo, Parigi 2012 e il New Museum, New York 2011.