Fabio Capoccia – Lost brutality in color
L’iniziativa vede l’allestimento di quattordici opere di vario formato, realizzate su tela o più spesso su multistrato e caratterizzate da un linguaggio surreale (e in parte onirico).
Comunicato stampa
“La creazione è sempre un desiderio e una necessità. L’opera deve nascere da un atto volontario e l’autore deve perdere sempre”.
“Lost brutality in color” è la prima personale nella Capitale di Fabio Capoccia, giovane pittore toscano, visibile, dall’11 al 21 luglio 2013, presso lo spazio espositivo Iper Uranium. L’iniziativa vede l’allestimento di quattordici opere di vario formato, realizzate su tela o più spesso su multistrato e caratterizzate da un linguaggio surreale (e in parte onirico),
Quella sperimentata dal Capoccia è anche e soprattutto una ricerca semiologica in quel prospetto atavico della psicologia e della percezione emotiva umana. Il pittore cerca pertanto di creare un ‘potenziale linguaggio universale’ che possa interpretare i diversi stati della natura umana.
In alcune opere, tra le meno recenti in ordine alla composizione, sono visibili perimetri policromi impressi sulla superficie con rapida sicurezza di equilibri formali. Le zone di luce sono marcatamente distinte da quelle d’ombra o di penombra. Capoccia utilizza un mélange di tonalità diverse per creare quella scala cromatica che la luce naturale vivifica. L’armonia delle forme (scolpite dalla luce) suggerisce un’operazione demiurgica, plasmante che permette di ‘render viva’ la sostanza. Alcune figure, soprattutto nelle prime creazioni, prendono connotati animaleschi, quasi a voler sottolineare un deciso abbrutimento o una misura simbiotica ed empatica con il creato.
L’artista sceglie come propri maestri Gauguin e L’Espressionismo tedesco. La contestualizzazione onirica formale di Franz Marc si mescola nella pittura di Capoccia con il colorismo essenziale e profondamente intriso di ironia nordica di Emil Nolde e con l’ossimoro cromatico e linguistico del tratteggio di Schiele. In alcune opere dell’artista toscano la pittura bidimensionale e poliedrica di Matisse convive altresì con la ‘poesia esistenzialista’ di Munch e con quell’antirealismo veggente che caratterizza il simbolismo francese.
“E’ difficile saper dipingere nei giorni in cui siamo chiamati a vivere… lo è sempre per qualsiasi epoca che spetta di vivere (se viene almeno concesso il tempo di rendersene conto). Ancor più è il non saperlo fare e il non saperlo con l’occhio della storia che si dovrà raccontare.” (F. Capoccia)
Filologo e insegnante per professione e necessariamente creatore di ‘impulsi cromatici’ Capoccia ha già all’attivo (l’artista nasce in Toscana nel 1986) tre personali realizzate tra il 2010 e il 2012 a Sorano, nell’entroterra grossetano. Le figlie della Memoria, I bordi delle favole e Barbarie non hanno mai abbandonato quell’impegno civile che per Capoccia rappresenta una costante obbligatoria e naturale.
Dopo avere conseguito la laurea in Filologia moderna a Siena oggi Capoccia vive e lavora tra Roma e la sua terra natale in Toscana, luogo di elaborazione e di riflessione.