Fabio Orsi – Postcards from Russia

Informazioni Evento

Luogo
SPAZIO KROMÌA
Diodato Lioy 11 80134 , Napoli, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

lun/merc/ven 10.30-13.30 e 16.30-19.30
mar/giov/sab 10.30-13.30

Vernissage
12/02/2016

ore 19

Artisti
Fabio Orsi
Generi
fotografia, personale

Una mostra che sfonda i limiti dello sguardo e del fotografico, travalicandoli in musica, installazione, oggettualità d’arte.

Comunicato stampa

KROMÌA è lieta di presentare “POSTCARDS FROM RUSSIA”, la prima personale napoletana dell’artista FABIO ORSI.

Una mostra che sfonda i limiti dello sguardo e del fotografico, travalicandoli in musica, installazione, oggettualità d’arte.
Un reportage di viaggio intriso dell’amore per la Russia, il paese esplorato, si trasforma nella sensibilità del suo autore, l’artista multidisciplinare Fabio Orsi - fotografo e compositore – in un nuovo viaggio tra le arti, restituendo impressioni di un luogo intenso e multiforme in quarantotto scatti/cartoline anti-oleografiche e un lavoro musicale su musicassetta, contenuti in un cofanetto da collezione edito dall’etichetta musicale indipendente Boring Machines.
Per l’occasione, la stessa galleria ospitante sarà contagiata, in un allestimento destrutturato e interlinguistico, dalla mobilità del viaggio in Russia e tra le arti di Orsi.

Dal testo critico di Diana Gianquitto (curatrice della mostra, con la direzione artistica di Donatella Saccani): “le postcards di Fabio Orsi sono souvenirs dal quotidiano, non paesaggi mozzafiato né ammiccamenti agli stereotipi, ma scoperte piccole quanto grate alla verità delle cose, alla genuinità semplice di un paese. Come a un amico che si lascia conoscere discretamente. […] Una ‘Russia da viaggio’, un ‘passaggio in transito’, come connotati dall’artista, che scopre nella dinamica del passare dall’uno all’altro, fuggevole, attimo visivo il suo senso più profondo: di fotografia transeunte, più che di strada. […] Una musica scura ma non cupa, densa e aromatica di punte eteree e ariose d’alta quota così come di vibrazioni basse, profonde, viscerali, di echi pre-storici che sanno di boschi, fumi, venti, ghiacci. Ipnotica e inebriante, come vodka. I Suoni della vita, così come le Immagini della vita”.

Il Suono e le Immagini della vita
di Diana Gianquitto

Cartoline dall’amore.
Partire dal reale; che non è materialismo. Per viaggiare nel sentimento; che non è sdolcinamento. Con rispetto, discrezione, cuore occhi camera in modalità autenticità.
L’unico vero sentire, come il profondo amore di Fabio Orsi per la Russia, non può ricavare concrezione da astratte idealizzazioni, ma è quello che si costruisce con concentrazione, pian piano, grano dopo grano, da un’osservazione diacronica lentamente sedimentantesi e aggregantesi del reale. Come i componenti di una gemma preziosa, fino all’improvvisa decisione di una scelta sentimentale assoluta, che scoppia come luce nell’animo.
Ecco perché le postcards di Fabio Orsi sono souvenirs dal quotidiano, non paesaggi mozzafiato né ammiccamenti agli stereotipi, ma scoperte piccole quanto grate alla verità delle cose, alla genuinità semplice di un paese. Come a un amico che si lascia conoscere discretamente.
Lungo la strada della sua conoscenza fotografica, naturale come la vita è l’alternarsi di opposti, da un registro lieve, lirico, o rasserenante, a luci emotive più scure – ma mai cupe – e pizzichi al cuore sinceramente empatici – ma mai vittimistici o, al contrario, assistenzialistici. “La chiave”, come nelle parole dell’artista, è “osservare e fare tuo un pezzettino del paese che stai visitando, esserci per osservare”. E se alla parola “paese” si sostituisce “vita”, si illumina ancor più chiaramente l’istintiva metafora istituita da Orsi nel percorrere un itinerario geografico rendendolo esistenziale. Non dall’esterno ma con la voglia di entrare, discreta ma empatica, che è la voglia di comprendere.
In alcuni scatti, più diretto si sente il contatto con le persone, come se il condividere l’osservazione o un’attesa per alcuni istanti avesse costruito una muta condivisione che nasce dall’esserci, insieme, in una data situazione, anche senza parole; in altri, più scorrevole ma non sfuggente, maggiormente immediata ma non sbrigativa né superficiale è la relazione istituita coi luoghi, gli abitanti, le atmosfere. Come in una costante, ininterrotta carrellata a volo d’uccello, che trova più che cercare continui stimoli alla curiosità. Una “Russia da viaggio”, un “passaggio in transito”, come connotati dall’artista, che scopre nella dinamica del passare dall’uno all’altro, fuggevole, attimo visivo il suo senso più profondo: di fotografia transeunte, più che di strada.
E questo insito meccanismo di funzionamento estetico struttura anche fortemente l’assetto e la formulazione del corpus di cartoline-scoperte, che sono da fruire come insieme, da intendersi come flusso unico che vive di un’architettura di tipo musicale. Di una modulazione armonica e melodica dalla compatta e stringente ratio compositiva in cui, su un tappeto musicale-visivo che è un continuo scorrere mormorante di quieta attitude di scoperta, curiosità discreta ma non distante e ricerca di empatia, emergono ritmicamente picchi di intensità che innalzano il tono emotivo, sollevando e reggendo come colonne portanti il tenore del discorso artistico, e arricchendosi di un assiduo contrappunto tra registro lieve e pensoso.
Non a caso, in realtà da fruire come insieme e opera unica, e non come giustapposizione o sommatoria di due opere distinte, è nella sua interezza il complesso di audio e visivo proposti in Postcards from Russia: la creazione musicale in musicassetta che accompagna le stampe fotografiche è ben lungi dall’essere mera colonna sonora di esse, così come gli scatti dal fornire semplice illustrazione ottica alla musica. E, del resto, accidentale non è anche la scelta di un supporto dichiaratamente vintage per l’audio e di un formato di stampa apertamente indicante la pratica del viaggio per le immagini, valorizzando in tal modo il portato oggettuale e linguistico di entrambi e arrivando, in ultima analisi, a configurare un’opera integrale e integrata tra musica, fotografia, scultura e installazione.
Arte musicale e visiva sono oltretutto intimamente, da sempre, fuse nella ricerca di Orsi, e nella sua pratica e intenzione perfettamente corrispondenti: sia musica che fotografia, infatti, per l’artista “congelano un momento”, hanno a che fare con la memoria. Ma non alla costruzione di un’identità soggettiva, e alla sua rievocazione, si riduce il mondo artistico ed emotivo da lui ricreato, che si allarga invece a suggestione universale, simbolo ampliato, in virtù di un processo capace di ricercare e rinvenire senso archetipico in ciascuna esperienza individuale. Intimità lirica e percezioni cosmiche si incontrano. Il calore o i brividi freddi di un momento personale si depurano in empatia condivisibile ma senza perderne la temperatura, e ciò che è mio diviene di tutti. Così come nell’innato senso di solidarietà e di appartenenza collettiva che l’artista, ammirato, racconta di aver rinvenuto in Russia; evidentemente, da lui colto con tanta evidenza anche perché naturalmente rispecchiante il suo stesso innato senso di empatia universale, dimostrato dagli scatti.
Ma nulla di ciò, neanche in musica, sarebbe possibile senza la medesima posizione di discrezione eppure attenzione nei riguardi del reale che l’autore agisce da fotografo. Anche nel processo di costruzione dell’audio di Postcards from Russia, infatti, determinante è la concentrazione nei riguardi del dato quotidiano e concreto, vissuto come punto di partenza non limitante nel pragmatico, ma dialogante con immaginario e percezioni, personali e allargati: Orsi parte dal prelievo di suoni reali che edita e poi tramuta con rielaborazioni nei suoi live, la cui presa in diretta si trasforma quindi in nuovo punto di partenza dal reale ancora una volta rielaborato, e infine incorniciato a esordio ed epilogo di musicassetta da altre registrazioni dal vero, in un continuo rincorrersi metalinguistico tra presentazione e rappresentazione della realtà. L’intenso risultato è una musica scura ma non cupa, densa e aromatica di punte eteree e ariose d’alta quota così come di vibrazioni basse, profonde, viscerali, di echi pre-storici che sanno di boschi, fumi, venti, ghiacci. Ipnotica e inebriante, come vodka.
I Suoni della vita, così come le Immagini della vita.
Al termine del percorso-viaggio musicale e visivo, tra mille diverse rifrazioni e vibrazioni di sottile incanto, inconfondibile e incontrovertibile emerge un’unica, istintiva, percezione: l’immensa forza della Russia e dei suoi figli, che - come dice la voce catturata in conclusione di audio - solo da altri Russi possono essere uccisi. Per questo, un viaggio che si percepisce come mai finito, e tuttora alla ricerca di cartoline-gemme da custodire nel cuore. In eterno, forse; in processo, ancora; di certo, finché dura l’amore. Delicato, discreto, ma catturato e dedito. In fin dei conti, l’amore è concentrazione.