Fabrizio Garghetti – Giuliano Mauri. Arte vegetale
Le 16 immagini esposte del lavoro di Giuliano Mauri sulle cattedrali vegetali rientrano nella documentazione di performances di Fabrizio Garghetti fin dagli anni ’60.
Comunicato stampa
Le 16 immagini esposte del lavoro di Giuliano Mauri sulle cattedrali vegetali rientrano nella documentazione di performances di Fabrizio Garghetti fin dagli anni ’60. Fotografare eventi artistici, manifestazioni e rassegne internazionali e ritrarre artisti come John Cage, Hermann Nitsch, Daniel Spoerri, Wolf Vostell, Dick Higgins, Robert Filliou, Joe Jones, Giuseppe Chiari, Yoko Ono o Emmett Williams sono il suo lavoro preferito. Oggi sono anche la narrazione di come la Land Art si intrecci da tempo con i grandi artisti di cui Mauri è uno degli esempi più concreti.
“Raro, rarissimo esempio, nel contesto dell’arte contemporanea di artista leonardesco, che sa produrre la bellezza, sa comunicare poesia,e, allo stesso tempo, sa costruire: come un grande ingegnere del Politecnico, che mai però sognerebbe di sottoscrivere i calcoli statici delle strutture che Giuliano Mauri immagina e realizza. “Un pezzo di scienza” naturalmente posseduta, ma anche un pozzo infinito e commovente di poesia e di bellezza, trasformano queste forme-strutture in opere d’arte.”
Gino di Maggio, Fondazione Mudima
“Giuliano Maurì si dedica a una Tessitura del bosco, collega elementi vegetali viventi, sostegni strutturali, superfici d’intreccio dentro un solo tessuto che non altera mai il contesto ambientale, ma lo esalta piuttosto nella sua tangibilità ed evidenza. La paziente operazione di “tessitura del bosco” sulle rive e sulle piccole isole dell’Adda, nel 1992 prende corpo, nella scala e probabilmente nel contesto più proprio, il progetto dell’Albero dei cento nidi. Il lavoro dell’artista esalta i termini di una nuova visione, prossima e prospettica nella stessa misura, scegliendo come campo di osservazione quello, assai variabile, dell’orizzonte naturale. La manualità alla quale è legata tanta parte della creatività plastica dell’uomo, diversamente specificata nelle successive epoche storiche, recupera qui la sua dimensione primaria. L’artista dimostra come si può scrivere la natura senza arroccarsi in punti di vista remoti. Giuliano Mauri, infine, scopre nel paesaggio che egli vive, plasma e delinea per lo spettatore che voglia seguirlo, due parametri fondamentali di umanizzazione: la consapevolezza del tempo, del suo trascorrere, precipitare e risorgere nel ciclo delle stagioni, e una religiosità naturale, non estranea, che di questa consapevolezza è speculare riflesso. Dei bastoni di robinia disegnano segni differenziati e continui come lettere o ideogrammi di un alfabeto naturale. È anche interessante segnalare come da tale fase si avvii un processo di attivazione e di recupero delle tecniche primarie della cultura materiale. La costruzione vegetale di Giuliano Mauri si rivela salda e ragionata tessitura di materiali naturali, macchina ottica capace di una vivace riverberazione di segni nel paesaggio oltre che punto di riferimento di aperte viste panoramiche. I rami di potatura che egli utilizza abitualmente sono congiunti, in veri e propri pilastri che si sollevano fino a dodici metri incurvandosi in alto poi, ad ogiva, per altri tre metri. I “pilastri” disposti a coppie disegnano delle arcate come volte di una navata gotica. E soprattutto l’ambiente dell’Adda che da dieci anni costituisce l’autentico atelier dell’artista, il trasmutante museo della sua originale opera.”
Vittorio Fagone Arte nella naturta, 1981-1993
“Sotto l’apparente logica ferrea di questo titolo (è vero che le gabbie sono state create apposta per gli uccelli), Giuliano Mauri nasconde una visione macroscopica della natura del mondo vegetale. Natura come cosa mentale: l’albero con i suoi rami e ramoscelli, si presenta come unità di vocabolario.
La lessicologia di Mauri, è ricca di fermenti associativi che creano un tessuto strutturale flessibile ed estremamente diversificato. Reti e reticoli sembrano svilupparsi nello spazio in un mondo totalemente autonomo, secondo l’impulso di ritmi fantasmagorici. Una fantasia che potrebbe ricordare l’allucinante creatività del ragno o l’operato tradizionale dei popoli pescatori e cacciatori cosidetti “primitivi”.
Questi tessuti interattivi non sono affatto delle trappole, l’unica preda loro, sarebbe lo spazio, ma lo spazio, cosa che sappiamo tutti non si lascia intrappolare. Queste strutture senza peso ne presa, sono delle architetture dell’immaginario e creano una natura di leggenda e diventano così all’improvvisio le trappole dei nostri sogni, sogni di evasione verso la citta del sole, le scale del paradiso, le case dell’uomo.”
Pierre Restany Uccelli e gabbie, 1985
Fabrizio Garghetti - Biografia
Fabrizio Garghetti è nato a Salsomaggiore nel 1939. Vive e lavora da sempre a Milano. Ha iniziato la sua attività nel 1966 lavorando per riviste di jazz come Musica Jazz e Jazz Magazine. Si è interessato prestissimo ai gruppi di avanguardia musicale, teatrale e artistica. Ha documentato l’apertura del primo spazio alternativo teatrale italiano, il “Parametro” di Franco Quadri alla fine degli anni ’60. Molto importanti sono le sue fotografìe dedicate alle prime esibizioni di danzatori e coreografi come Pina Bausch, Carolyn Carson, i Pilobolus, Susanne Linke, Merce Cunningham, partecipando a Venezia Danza nel 1982. Ha lavorato e lavora anche nel campo della pubblicità e della moda, ma soprattutto è famoso il suo lavoro di documentazione degli eventi artistici legati a manifestazioni ormai storiche come “Milano Poesia” (dì cui possiede l’intero archivio), di spazi come la Fondazione Mudima o alle rassegne intemazionali come la Biennale di Venezia o Documenta di Kassel. Le sue fotografie di performances di artisti come John Cage, Hermann Nitsch, Daniel Spoerri, Wolf Vostell, Dick Higgins, Robert Filliou, Joe Jones, Giuseppe Chiari, Yoko Ono, Emmett Williams sono entrate a far parte della storia dell’arte contemporanea. In particolare con il suo lavoro segue i gruppi Fluxus, il Lettrìsmo, la Poesia Visiva internazionale, condividendo con gli artisti le stesse esperienze. Attualmente la sua esperienza fotografica si è orientata verso l’archeologia industriale, l’architettura, il design e la ricerca sui materiali: collabora con le più importanti riviste del settore come Vogue, Gran Bazar, Decoration, La Gola oltre che con Panorama, Epoca, La Repubblica. Ha lavorato con 37 artisti alla realizzazione del trittico della “Virtualità dell’Arte” presso l’ex biscottificio Falcinelli di Sarzana, le cave di marmo di Colonnata (Carrara) e il Palazzo La Marmora di Biella.
In Africa ha collaborato con Sarenco per la prima biennale di arte africana di Joannesbourg. Le sue mostre fotografie sono richieste in tutto il mondo. Il suo archivio, in corso di riordino, è uno dei più importanti per l’arte e la poesia contemporanea. Recentemente sono state ripresentate al pubblico le fotografie realizzate a Milano durante la realizzazione, presso la Galleria del Credito Valtellinese, al Palazzo delle Stelline di Milano, al Museo Ventabren Art Contemporain di Marsiglia, Eventi al MI ART 2002 a Milano, de L’Ultima Cena di Andy Warhol, 1987.