Fabrizio Parachini – La tredicesima stazione: il silenzio
La mostra si presenta come un dialogo aperto tra le opere rigorosamente non-oggettive di Fabrizio Parachini e gli spazi e i decori dell’antica chiesa vercellese di San Vittore.
Comunicato stampa
Sabato 17 ottobre 2015 alle ore 17,30 presso la “Confraternita di S. Vittore”, largo d’Azzo - Vercelli si inaugura la mostra personale di Fabrizio Parachini: “La tredicesima stazione: il silenzio” a cura di Daniele de Luca.
La mostra si presenta come un dialogo aperto tra le opere rigorosamente non-oggettive di Fabrizio Parachini e gli spazi e i decori dell’antica chiesa vercellese di San Vittore. L’artista ha realizzato alcuni lavori appositamente per lo storico luogo e ne ha collocati altri, di diverse tipologie, facenti capo al proprio personale repertorio. L’obiettivo è stato quello di far interagire gli elementi pittorici, trittici, dittici, unici e polittici monocromati, e in lievi o forti accordi cromatici, con l’ambiente che li accoglie, a sua volta dotato di una propria stratificata vita, per creare dei veri e propri percorsi visivi coinvolgenti e totalizzanti. In sostanza l’artista non ha usato lo spazio solamente in chiave espositiva o “per fare l’opera” ma ha utilizzato le opere per far si che il “vedente” possa costruire nella propria mente una personale idea di spazio con tutto ciò che la cosa implica dal punto di vista psicologico e emotivo.
Il titolo, “La tredicesima stazione: il silenzio”, è una dichiarazione di intenti e spiega il senso della mostra. Se è consuetudine collocare alle pareti delle chiese consacrate tavole che illustrano le stazioni della via Crucis, in questa mostra alle pareti dell’edificio sconsacrato sono state collocate delle tavole astratte (dal formato allusivo: trittici, polittici ecc.) in cui l’essenzialità delle forme e la purezza dei colori diventano entità dalla forte valenza espressiva e invitante a una loro frequentazione in una dimensione dalle implicazioni emotive e liriche di forte impatto contemplativo. La mostra in toto diventa la tredicesima stazione, quella laica, in cui il silenzio evocato dal percorso visivo-cromatico diventa lo spazio immaginario e immaginato creato per dare corpo alle proprie personali riflessioni.
Attualmente Fabrizio Parachini espone anche in una personale presso Theca Gallery a Milano. “Il Volume a due dimensioni” è il titolo della mostra a cura di Stefano Roberto Mazzatorta, direttore della Galleria civica di Campione d’Italia. L’esposizione presenta il lavoro di ricerca sulla nozione di pittura e di spazio condotto dall’artista negli ultimi anni di lavoro. Finalità della mostra è duplice: da una parte cambiare la percezione dello spazio della galleria attraverso fasi di riflessione e assorbimento generate dalle opere esposte e dall’altro creare una mostra di arte non oggettiva che interagisca con l’intero volume dello spazio espositivo.
Fabrizio Parachini. “La tredicesima stazione: il silenzio”, dal 17 ottobre al 15 novembre 2015
“Confraternita di S. Vittore”, largo d’Azzo - Vercelli
[email protected] e [email protected]
Apertura: sabato e domenica 10-12.30 e 15.00-18.30
inaugurazione sabato 17 ottobre ore 17.30 con la presentazione di Elisabetta Dellavalle e Daniele De Luca
Con il patrocinio di:
Fabrizio Parachini nasce a Novara e si laurea in medicina e chirurgia a Torino. Esercita come medico per un decennio e contemporaneamente studia e approfondisce le teorie e le poetiche dell’arte astratta. Nel 1995 realizza la prima mostra personale e nel 1996, abbandonata la professione medica, si dedica completamente all’attività di operatore artistico (pittore, teorico e didatta) collocandosi nell’ambito non-oggettivo di radice neo-costruttivista e minimalista. Nel 1996 e 1997 espone presso lo Studio Toni de Rossi di Verona e inizia la collaborazione con il Centro Internazionale d’Arte Contemporanea “Arte Struktura” di Milano. Nel 1998 e 2000 due mostre personali, preso la Werner Heyndrickx Gallery di Pallanza e lo Spazio Cesare da Sesto di Sesto Calende, focalizzano e delineano i temi della sua ricerca. Il “catalogo-libro d’artista” (con “note a margine” di Alberto Veca) edito per l’occasione, si costituisce come strumento-guida per avvicinarsi al suo lavoro e all’idea di spazio che esso propone, ovvero una entità che il “vedente” costruisce nella propria mente, e percepisce, facendo dialogare le opere pittoriche (trittici, dittici e unici di piccole dimensioni e monocromati) con le pareti e il luogo che le accoglie (non lo spazio usato per “fare” l’opera ma un’idea di spazio “prodotta” dall’opera).
Nel 2002 personale presso la Galleria Arte Struktura e presentazione al Centro San Fedele, ambedue di Milano, del proprio libro “Intorno al quadrato” (prefazione di Edoardo Landi, postfazione di Alberto Veca): il volume “raccontando” il percorso teorico-formativo dell’artista, vuole presentare il quadrato non come una semplice e scontata figura geometrica ma come una vera e propria “struttura” di tipo linguistico fatta di relazioni e articolazioni tra forme e concetti. Da segnalare, tra le altre, le successive personali alla Galleria Spriano di Omegna (2003), Collegio Cairoli dell’Università di Pavia (2004), Triangolo nero di Alessandria (2006) e l’ampia retrospettiva alla Galleria Biffi Arte Moderna e Contemporanea di Piacenza (2010). Un accenno ad alcune rassegne a cui l’artista ha partecipato: Uso del quadrato-Intorno al quadrato (Milano, 2002), Italien neue Positionen der konkreten Kunst presso la Galerie des Kultur Forum - Konkrete Kunst Museum di Erfurt (Germania, 2002), Lo spirito del novecento (Novara-Orta, 2003), Vedo nero (Pavia 2004), le varie edizioni di Leggere non leggere (Milano, dal 2006 in avanti), In Cartis (Roma, 2007 e Latina, 2009), L’arte costruisce il mondo (Mumbai – India - Punita Hacienda Gallery, 2009), 3° Triennale internazionale d’incisione città di Chieri (Chieri nel 2008 e Castello di Zamek Ksiaz e Varsavia nel 2009), Collezione 7 x 11. La poesia degli artisti (mostra itinerante). Nel 2002 intraprende l’attività di curatore e dal 2003 di consulente artistico per la Fondazione Achille Marazza di Borgomanero (l’attività di consulente e curatore svolta per questa istituzione è stata oggetto di tesi di laurea discussa presso l’Università Amedeo Avogadro). Ha curato personali tra gli altri di Kengiro Azuma, Enrico Della Torre, Jorge Eielson, Sandro De Alexandris, Carol Rama, Rodolfo Aricò, Antonio Calderara, Mario Surbone, Marcello Morandini, Giorgio Griffa e varie collettive tematiche. Nel 2005 ha curato la mostra Il Filtro dell’immagine focalizzando e teorizzando l’idea conduttrice poi sviluppata nella grande mostra al PalaFuksas di Torino dell’estate 2007 (Sguardo consapevole. Il filtro dell’immagine a cura di Francesco Poli e Anna D’Agostino) a cui ha partecipato come artista. È autore di testi per Gilberto Zorio, Luigi Mainolfi e per volumi d’arte, di fotografia e di design (“Valle di Susa”, “GreenBook 2011”); è docente d’Accademia di “Teoria della percezione visiva”, “Cromatologia” e “Metodologia e analisi visiva”. Negli ultimi anni la ricerca espressiva è diventata particolarmente attenta alle relazioni ambientali, agli sviluppi installativi e alla loro lettura e documentazione attraverso il medium fotografico. È da segnalare la partecipazione al numero NOVE-2012 di BAU, Contenitore di Cultura contemporanea. Nel 2013 e 2015 è relatore alle “Settimane del Cervello” (celebrazione internazionale) con relazioni sul tema delle connessioni tra arte e cervello. Attualmente è rappresentato dalla “Theca Gallery” di Milano.
L’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Vercelli da alcuni anni svolge l’attività di presentazione di eventi culturali nei propri edifici storici con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio artistico e architettonico diocesano, attraverso la proposta di espressività artistiche di ogni tempo e di varie forme, sempre nel rispetto degli spazi e delle attività riconducibili ad un ambito ecclesiastico. I luoghi, non più abitualmente frequentati e visitabili, diventano così risorsa culturale, scoperta e rivisitazione della storia, del tempo, delle memorie familiari, di fede o della sola semplicità di poterli osservare sotto diversi punti di vista.