Fashion Clicks
Photographica FineArt di Lugano inaugura un’esposizione dedicata al mondo della moda dagli anni ’60 agli anni ’80.
Comunicato stampa
Il colore, che avvolge con le sue tonalità sia le seduzioni delle sete che le asprezze dei lini e dona sfumature ai visi ed ai corpi delle modelle, le trasporta dall’immagine patinata della rivista verso le persone che le osservano. Il colore mostra la compiutezza dell’abito ed il bianco e nero mostrano la sua seduzione, due modi per raggiungere il proprio obiettivo, il desiderio dell’abito indossato.
Fotografia e moda giocano costantemente sul crinale dei due poli cromatici, violando, aprendo frontiere alla sperimentazione dell’immagine. Bianco e nero e colore, come scena e retroscena, con le loro continue interferenze, consentono di rintracciare lungo il corso degli anni, abiti, volti, corpi, sfondi ora perfetti e levigati, talvolta increspati e incompiuti, di descrivere e analizzare un’incerta geografia del gusto che oscilla tra lucenti bellezze e dettagli cruenti, che mescola banale e sublime, che attraverso l’estasi della cultura apparente della tarda modernità ci racconta molto più del nostro mondo, dei suoi drammi e delle sue bellezze.
La mostra percorre attraverso gli scatti (i clik) dei grandi fotografi della moda un periodo che va dagli anni Sessanta fino ad arrivare agli anni Ottanta proponendo fotografie apparse su Vogue, Harper’s Bazar, Elle, e diversi altri. Non potevano quindi mancare alcune immagini create da Irving Penn, che la con la sua poliedricità è stato in grado di realizzare scatti che esaltano un’artificialità e un potere di sintesi, ne sono prova la sospensione stilizzata dell’abito di Issey Miyake coi colori che interrompono il bianco della quinta artificiale o da quello, visto di spalle, di Vionnette i cui toni della stampa al platino restituiscono tutta la morbidezza delle ombre; il primo a colori ed il secondo in bianco e nero, testimonianza della dualità del mezzo fotografico che raggiunge, sotto la direzione del grande artista l’effetto della seduzione e quello della plasticità.
Immagini come quelle di Norman Parkinson, sono invece in grado di mettere in scena, ad esempio, un balletto vitale con la modella rivestita a scacchi bianchi e neri che è anima della swinging London degli anni Sessanta, oppure Jean Shrimpton che porta un cappellino di Mary Quant per Cadbury e che evoca la nascita di un sistema che ha creato la modella come immagine simbolo. JeanLoup Sieff che sembra partire da Man Ray per la realizzazione di uno scatto elegante e ricco di fascino, la schiena della modella riporta un delicatissimo triage di pizzo di Yves Saint Laurent (1970) emulando l’immagine del Violon d’Ingres.
Frank Horvat, con le sue immagini ha impreziosito alcune tra le più belle pagine delle riviste di moda degli anni Sessanta e Settanta; nel suo modo di fotografare la moda riesce a trasmettere la stessa naturalezza che si percepiva nei suoi memorabili reportage di viaggio, come l’immagine di Coco Chanel sulle scale delle quinte mentre osserva di nascosto la sua sfilata.
Negli scatti dello stilista e fotografo Karl Lagerfedl si costruisce piuttosto un’architettura fotografica del lusso. William Klein interviene invece, dissacrando l’immagine, con tratti di colore rosso per evidenziare lo scatto scelto da ingrandire; Helmut Newton con il suo occhio voyeurista entra nel set fotografico per rubare immagini sensuali. Carlo Orsi e Gianpaolo Barbieri, tra i più grandi interpreti della moda italiana di quegli anni costruiscono, attraverso individualità singolari, un percorso di sperimentazione visiva che porta al mondo dei consumi.
Alexander Borodulin, Bob Carlos Clarke e Max Vadukul migrano dalle passerelle del lusso alla promiscuità della strada, dove i dettagli edonistici si trasformano in gesti indomabili, ruvidi, in colori acidi dove si sperimenta un immaginario che spazia dal punk alla new wave. Vadukul accosta i corpi al limite dell’anoressia al filo spinato, Clarke realizza un ritratto livido, terribilmente ambiguo e Borodulin porta la scena per strada, dove la fotomodella è circondata dallo scorrere della vita e dagli sguardi dei ragazzi di strada .
Presenti inoltre alcune immagini di Twiggie fatte da Bert Stern che utilizzando un mix di glamour, romanticismo e sensibilità, è stato in grado di definire uno stile personalissimo e pratico tanto da essere ricercato per la sua essenzialità. Ultimi, ma non per questo meno importanti, alcuni scatti del grande Franco Rubartelli che ha creato la propria immagine di fotografo di moda lavorando sempre a stretto contatto con la sua compagna e musa, la modella tedesca Vera Gottliebe von Lehndorff, in arte Veruschka.