Fausta Squatriti – Libro aperto
La mostra presenta quattro recenti libri d’artista realizzati in un unico esemplare, una serie di creazioni editoriali quali libri di poesia, romanzi, cataloghi di mostre contraddistinti da un’estrema accuratezza grafica e da una tiratura spesso numerata; alcune incisioni.
Comunicato stampa
La presentazione, introdotta dall'Assessore alla cultura del Comune di Como Luigi Cavadini, è accompagnata da un incontro con l'artista che dialogherà con i curatori, il critico Roberto Borghi e Chiara Milani, responsabile scientifico della biblioteca Comunale di Como, sul tema:
Il libro d'arte, l'arte del libro e i suoi artisti
Il libro, che cos'è ? E' un territorio affascinante ma anche sconosciuto nelle sue potenzialità. E' uno strumento di comunicazione ma anche un oggetto materiale, luogo di sperimentazione nello spazio libero della creatività.
Ma come definire e come appare il libro d'artista? Quali sono, sotto il profilo artistico e storico le differenze con il libro d'arte? Quali attenzioni le biblioteche riservano al libro d'arte?
La mostra
La mostra presenta quattro recenti libri d’artista realizzati in un unico esemplare, una serie di creazioni editoriali quali libri di poesia, romanzi, cataloghi di mostre contraddistinti da un’estrema accuratezza grafica e da una tiratura spesso numerata; alcune incisioni.
Fausta Squatriti
Fausta Squatriti opera nelle arti visive e nella scrittura: di questo flusso tra un linguaggio e l’altro ha fatto da sempre il perno della sua ricerca, condotta anche nell'editoria d’arte, nella grafica, nella docenza. Scoperta da Pierre Lundholm, ha lavorato per anni con Alexander Iolas, Denise Renée e Karin Fesel, esponendo le proprie sculture a New York, Tel Aviv, Huston, Ginevra, Honolulu, Caracas, Dusseldorf, Parigi e successivamente anche in Italia, al Naviglio, da Marconi e alla Fondazione Mudima. Ha iniziato a insegnare nel ’77 all’Accademia di Belle Arti di Carrara, e ha poi proseguito nelle accademie di Venezia prima, Brera poi. È stata curatrice della storica mostra Colore alla Biennale di Venezia dell'86. Nel ’92 ha fondato, insieme con Gaetano Delli Santi, la rivista interdisciplinare Kiliagono pubblicata da All’Insegna del Pesce d’Oro.
Nel 2009 ha vinto il premio di poesia Scrivere donna. Nel 2010 ha esposto a Mosca, al Museum of Modern Art, al Darwin Museum, a Bratislava, e in numerose mostre dedicate al libro d’artista. Nel 2011 ha partecipato alla mostra Elles, al Centre Pompidou di Parigi. Nel 2011 ha tenuto un’ampia personale a Milano intitolata Ascolta il tuo cuore, città negli spazi di Assab One. Nel 2013 la Biblioteca dell’Accademia di Brera ha ospitato Dal segno al progetto, una mostra delle sue opere su carta realizzate tra il 1957 e il 2013.
Qui di seguito il testo introduttivo scritto da Roberto Borghi. In allegato la foto di una delle opere esposte.
LIBRI APERTI E SCOMPAGINANTI
Di Roberto Borghi.
Saper impaginare, si sa, è un’arte; aggiungerei però che è un’arte marziale. Già nell’etimologia di pagina è presente una sfumatura di determinazione, di coazione, che è opportuno considerare: il latino arcaico pagere, divenuto poi pangere, significa anzitutto ficcare, collocare con forza. Mi sembra emblematico inoltre che una certa tradizione storico-libraria, forse un po’ troppo sensibile agli aneddoti leggendari, individui nientemeno che in Giulio Cesare – in virtù delle sue missive composte da fogli numerati e posti l’uno accanto all’altro, invece che congiunti in una lunga striscia verticale come accadeva all’epoca – l’antesignano della moderna impaginazione. Saper ficcare il pensiero in pagina, riuscire a convogliare un testo negli spazi predeterminati di un foglio, può richiedere uno spirito da condottiero, un senso del dominio dello spazio e del pensiero che va collocato in quello spazio, e forse persino il senso del dominio del pensiero nei confronti della realtà.
Proviamo a guardare ai libri realizzati nell’ultimo decennio da Fausta Squatriti alla luce di questa premessa terminologica. Qualcosa di forzoso, un sentore di coercizione scaturisce dalle pagine tagliate da linee spesso oblique, da lacerti di fotografie, da brandelli di carte dipinte e ritagliate in modo da risultare aguzze. Un’eleganza affilata caratterizza anche i materiali di cui sono costituite le copertine: l’alluminio anodizzato, le cerniere d’acciaio, i chiodi – letteralmente i chiodi – in rame. Per non parlare degli inserti sontuosi almeno quanto minacciosi che le decorano, le impreziosiscono, le rendono in egual misura accattivanti e conturbanti.
L’argomento comune a tutti questi libri è una certa idea del male come consunzione anzitutto fisica, degrado materico, anzi, trionfo inesorabile del degrado che si manifesta anche attraverso un oscuro e sontuoso deterioramento delle architetture, degli scorci metropolitani che tendono semmai a configurarsi come squarci del tessuto urbano. È il tema di fondo, appena più screziato di agra e spiazzante ironia, anche dei libri di narrativa sperimentale e di poesia che l’artista ha scritto, impaginato, editato negli ultimi decenni, ed è il gran tema del suo lavoro almeno dagli anni ’80. Ovvero da quando il suo itinerario espressivo ha conosciuto una torsione che, in modo graduale, lo ha condotto da una ricerca di matrice astratto-geometrica più o meno ortodossa a una sua versione palesemente eretica, nella quale la geometria delle forme pittoriche si relaziona con l’irregolarità dei frammenti fotografici, e con i soggetti inquietanti e spesso sgradevoli che essi raffigurano. La realtà, con il suo bagaglio di destabilizzante incompiutezza, ha fatto insomma irruzione nel mondo delle linee rette, delle superfici impostate con rigore, delle nitide manifestazioni della potenza ordinatrice del pensiero, e l’ha scompaginato. Ecco, la scompaginazione, se così possiamo chiamarla, è il parametro di riferimento della seconda fase del percorso di Fausta Squatriti, e inevitabilmente dei suoi recenti libri. O meglio delle sue opere in forma di libro, di questi squadernamenti, di queste sequenze di pagine che spalancano la forma-libro, la aprono al versante meno rassicurante delle cose.
Eppure non c’è dubbio che l’attrattiva di questi volumi stia anche nella loro acuminata e riuscita impaginazione, e nel pensiero serrato che si dispiega attraverso le loro pagine. Ma è un pensiero disarmato, lacerato a propria volta, che dichiara platealmente, scenograficamente la sua impotenza di fronte all’ineluttabilità del male, a quella densità enigmatica e angosciosa del reale che comunque non cessa di sondare. E forse è un pensiero che, attraverso questa dichiarazione, dimostra di accettare il suo limite strutturale per sublimarlo in arte e rendersi in tal modo fecondo e necessario.
Roberto Borghi