Federica Ferzoco – Affetto
Le sue opere sono spesso oggetti, materia che ha una propria evidente fisicita’, ma raramente tale fisicita’ e’ presentata senza misurare la distanza tra questa e l’idea alla quale aspira.
Comunicato stampa
Per molte culture e per il nostro Occidente la dimensione del corpo è protetta da un’attenzione sacrale. Leonardo Da Vinci teneva il riserbo sulle pratiche anatomiche condotte sui cadaveri. Il trattato De Humani Corporis Fabrica di Andrea Vesalio, in tal senso rappresenta un’opera seminale che indica nell’osservazione diretta e nella dissezione la via ma-estra per lo studio dell’anatomia. Il fatto che faccia riferimento a una Fabrica, per dire del corpo umano, ovvero a qualcosa di meccanico, di costruito, al pari di altre creazioni dell’ingegno, è indice di come è mutata la concezione medica.
Le tavole che illustrano l’opera del medico, patavino d’adozione, sono le prime rappresentazioni anatomiche per le quali si cercava l’esattezza dell’immagine e la cura del dettaglio. Quel che interessava nel lavoro dell’artista era una rappresentazione obiettiva, il più possibile neutra ed esaustiva, una rappresentazione ideale. Le membra del corpo umano dovevano essere prive di ogni riferimento simbolico o religioso. Dovevano avvicinarsi a quanto Vesalio stesso vedeva operando sul tavolo anatomico.
Da allora, i cinque secoli che ci separano da Vesalio si sono riempiti di immagini. Il corpo umano è divenuto uno dei soggetti prediletti in ogni modalità di rappresentazione. E ciò non solo attraverso le arti, ma anche e soprattutto grazie alle tecnologie della visione di cui disponiamo. Parallelamente, però, la valenza culturale del corpo umano e dei suoi organi è andata mutando fino a giungere a esiti imprevedibili e distorti. Basti pensare a quelle serie televisive che mettono in scena, la sera, davanti a una leggera cena che abbiamo finalmente deciso vegetariana, il grand guinol della carneficina medico legale holliwoodiana.
L’arte, in quanto pratica di elaborazione di significati simbolici, che per secoli ha mantenuto il privilegio di trattare la materia dell’anatomia è oggi muta di fronte a tale spettacolo. Perché l’arte non parla più il linguaggio della rappresentazione oggettiva, ma un cuore di silicone sul quale conversano attori, in veste di medici o poliziotti, è ancora un oggetto reale? E che tipo di re-lazione simbolica potrà mai intrattenere con altri oggetti?
Federica Ferzoco conduce in tale direzione un’attenta ricerca. Le sue opere sono spesso oggetti, materia che ha una propria evidente fisicità, ma raramente tale fisicità è presentata senza misurare la distanza tra questa e l’idea alla quale aspira, senza un possibile e problematico rimando simbolico e perciò, quel che è più interessante, senza una chiave di lettura che è spesso interrogazione filosofica.
Nel progetto dal titolo Affetto, ad esempio, sono presentati diversi oggetti: un calco, il modello di un arredo domestico, un piano con dei disegni. Tutto è in mostra ed è legato da un comune denominatore che ne fa come reperti della scena di un evento delittuoso, del quale per altro l’osservatore stenta a comprendere la dinamica. Ed è questo il proposito dell’artista. Nella composizione della scena domestica due corpi, uno maschile e l’altro femminile, occupano uno spazio comune. Dalla disposizione sembrerebbero parte della stanza: sono corpi inanimati come il resto dell’arredo, sono soma, direbbero i greci, pura espressione corporea, calchi, infine.
Sono il prodotto di un affetto, appunto, che tiene uniti, assimila e omogenea, senza riuscire a esaltare le individualità, sacrifi-cando le persone in cambio di un’ideale. Per capire e illustrare il significato della scena Federica Ferzoco allestisce un suo tavolo anatomico, un piano sul quale però distende l’organo che diciamo essere sede dell’affetto, il cuore. L’artista ne fa, sul tavolo e nelle trasparenze che allestisce per la mostra, una raffigurazione esatta, anatomica, che nell’aspirazione all’oggettività, rinnega ogni cedimento simbolico.
Domenico Maria Papa
Federica Ferzoco nasce a Milano nel 1974. Consegue il Diploma Accademico in Scultura e il Diploma di II° Livello ad indirizzo Didattico presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Frequenta il Master in Counseling Costruzionista presso il Centro Formazione-Studio Laboratorio di Psicologia, Milano del Dott. Masoni. E’ socia fondatrice del Centro Ricerche Psicopedagogiche e Psicosociali con la cui casa Editrice ha curato la pubblicazione del libro Novelle Orientali.
Diverse sono le partecipazioni a mostre collettive e personali, a residenze artistiche nazionali e internazionali, premi e opere pubbliche. Tra le ultime, nel 2012 vince il premio, oggetto di bando pubblico, indetto dalla Provincia di Trieste, per interpretare le evoluzioni del parco dal 1908 fino alla rivoluzione della riforma di Franco Basaglia. Nel Dicembre 2013 viene inaugurata la realizzazione nel Complesso di San Giovanni - Parco dell’Arte, sede dell’ex Ospedale Psichiatrico di Trieste. Nel 2011 realizza un intervento d’arte per l’Oasi naturalistica del torrente Farfa, Comune di Montopoli in Sabina (RI).
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