Federica Fontolan – Metamorfosi della tela
“Metamofosi della tela”: le creazioni di Fontolan traggono ispirazione dall’antica arte giapponese dell’origami ma, diversamente da quanto avviene nella tradizione orientale, l’artista realizza le proprie opere non con la carta ma con la tela.
Comunicato stampa
Inaugura sabato 9 giugno alle ore 18.30 la personale di Federica Fontolan “Metamorfosi della tela” presso Galleria Artemisia Arte in via Savona, 10 (zona Sacra Famiglia) Padova.
La mostra sarà visitabile a ingresso libero dal 9 al 23 giugno orario di apertura lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10 alle 12.30 martedì e giovedì dalle 15.30 alle 18.30.
Federica Fontolan, classe 1972, da sempre vive e lavora a Padova. Fontolan, dapprima allieva, dal 2004 è assistente artistica del Maestro Alberto Biasi, uno dei più importanti esponenti dell’arte programmata e cinetica italiana e internazionale.
Le opere di Fontolan oggi si concentrano in tre diversi ambiti filologici di sperimentazione: Metamorfosi della tela; Parole tra lo spazio e il silenzio; Intersezioni. In questa personale potremo ammirare opere relative a tutti e tre gli ambiti di ricerca della pittrice.
“Metamofosi della tela”: le creazioni di Fontolan traggono ispirazione dall’antica arte giapponese dell’origami ma, diversamente da quanto avviene nella tradizione orientale, l’artista realizza le proprie opere non con la carta ma con la tela. Fontolan mantiene la poesia visiva e l’emozione estetica originale arricchendo le sue “costruzioni” di un’inedita geometricità dal suggestivo effetto optical. Sapienti piegature deviano, assorbono e imprigionano la luce, creando ombre che interferiscono sulla percezione del colore e rendono l’opera un dipinto-scultura che muta a seconda della luce e della posizione che assume lo spettatore.
“Intersezioni”: proseguendo nella propria sperimentazione Fontolan si spinge oltre la semplice bidimensionalità rappresentata dalla tela tradizionale ed esplora lo spazio circostante alla ricerca di una visione tridimensionale dell’opera. Costruisce scacchiere policrome che, percorse da luci e ombre, rafforzano o attenuano la densità del colore stesso e penetrano il concetto di spazio grazie al ritmico susseguirsi di elementi in rilievo che, intersecandosi nelle fessure della tela, generano un continuum di vuoti e di pieni.
“Parole tra lo spazio e il silenzio”: L’arte è spesso servita a traslare messaggi criptati, simboli visivi, religiosi o politici. Fontolan lavora sul concetto di “intermittenza” inteso come forma primigenia della comunicazione umana: basti pensare al tam-tam dei tamburi nella giungla o ai rintocchi delle campane tra luoghi remoti. Fontolan adatta ed enfatizza il CODICE MORSE e ce lo restituisce materico e plastico, passando sulla tela parole e messaggi palpabili che uno sguardo fugace non comprendere. Riesce, giocando con il tema antico di trama e ordito, a impreziosire il disegno stesso della tela. In questo modo l’occhio percepisce rilievi che, nel gioco di luci ed ombre, creano riflessi aurei di colori fluorescenti ed espandono il messaggio. Quest’ultimo viene svelato dall’artista solo conoscendo il titolo dell’opera. La lettera viene scandita, scissa e, tra un elemento e l’altro, si percepiscono pause, spazi e silenzi che trasferiscono il senso stesso dell’opera.
Saggio critico di Barbara Codogno
In principio fu l'idea. Solo il talento produce l'idea; solo dal talento l'idea si evolve. Vola.
Per Fontolan, prima allieva e poi assistente del maestro Alberto Biasi, l'inizio, non a caso, fu il gioco. Lei stessa racconta che con la sua bambina giocava a costruire fiori di origami quando venne l'idea. Origami, ingegnosità antica, magica e complessa. Nel nome la sua arte: ori, piegare, gami, carta. Fontolan stava costruendo un fiore partendo da un modulo quadrato quando, quel quadrato di carta, venne dalla pittrice traslato, immaginato su tela.
Da quel fiore di origami non completato nacque “Origine”, il primo quadro, quello che diede origine alla sezione “Metamorfosi della tela”. Origine: nel nome la sua arte. Ori: piegare, Gynè la donna, il femminile, la radice, la partenogenesi, la creazione. Perché la poetica dell'artista è strettamente connessa al femminile e non soltanto per il rimando etimologico del nome o per la forma metamorfizzata della tela che inequivocabilmente ricorda l'intimità del femminile, ma il suo stesso procedere artistico è femminile: accogliente, tridimensionale, in movimento, cangiante.
Facendo un'ulteriore piegatura al modulo si ottiene una torsione. Dietro alla figura appare come un calice, quello che troviamo nei fiori volgarmente chiamati “bocche di leone”. Afferrando e spingendo con le dita questo calice, Fontolan vede che la tela cedevole si trasforma. Il quadro si muove. Così Fontolan decide di dare la vita - movimento, esistenza - a quel fiore.
Decide quindi di dotarlo di un sensore di movimento che riesca a farlo sbocciare, un fiore che si apre e si chiude. Dicevamo che Fontolan si muove nel creativo femminino: un movimento creativo presuppone sempre grande generosità e così Fontolan vuole un sensore che si attiva soltanto in presenza dell'altro. Perché nel suo darsi il femminino non è mai solipsistico.
Come un fiore polposo si apre questo fiore bianco, candido, frutto di purezza sublime, la purezza che dischiude al suo interno il rosso carnoso.
Questa è l'origine della vita nella metamorfosi della tela.
Declinata successivamente da Fontolan con grande maestria e sapienza in opere mai banali ne ripetitive, frutto del percorrere l'idea originale.
Il femminino non si dà mai senza il mascolino e Fontolan - in cui forte è la presenza dello studio e della conoscenza della filosofia Taoista e il suo studio della disciplina del Tai Chi Chuan e della calligrafia cinese - realizza nelle sue metamorfosi le due forze che si compenetrano nel gioco della vita. Nelle due opere cinetiche “Art of Noise”, il maschile e il femminile non si differenziano solo per il colore ma anche nei movimenti, nel ritmo. Il maschile pulsa e si staglia meccanico, rumoroso. Il femminile si schiude lentamente, avvolge, vibra.
Metamorfosi della tela viene poi declinata giocosamente in “Non è una sedia” installazione in cui la torsione della tela è presentata in orizzontale, in “Lunatico” dove una specchiera da tavolo girando ci mostra le due facce complementari, l'eterno gioco tra maschile e femminile. Declina le metamorfosi nelle sue “Riflessioni” con carta specchiante su acrilico e tela, unici elementi che usa.
E in questa giocosità appare un'anima fanciulla. Alcune opere ricordano le girandole, quelle costruzioni leggere che girano ispirate dal vento. In Fontolan c'è molto vento, una brezza leggera, gentile. C'è il respiro. L'universo è un mantice che respira scrive il maestro taoista Lao Tze. Questo respiro, questo movimento del mantice, è sempre presente nella serie delle metamorfosi.
Da questa grande intuizione Fontolan si dirige poi a passi svelti e sicuri verso altre sperimentazioni linguistiche, approdando al suo ciclo INTERSEZIONI. Altra giocosa sperimentazione del linguaggio visivo, nato questo da una simpatico divertissement che possiamo svelare: l'assistente di Alberto Biasi si porta a casa i ritagli delle opere del maestro e comincia a intrecciarle in una scacchiera policroma. Trama e ordito concorrono a formare un tessuto cangiante in cui il colore varia a seconda della luce e dello spazio vuoto. Qui il colore ha il suo respiro. Ha il suo spazio. Genera la tela attraverso il gioco di vuoti e pieni.
In principio fu l'idea. A partire da INTERSEZIONI Fontolan arriva a “Parole tra lo spazio e il silenzio”. Perfezione formale. Pulizia sintattica estrema. Poesia. Bellezza. Incanto estetico. Rapimento estatico. Su tela bianca, stavolta sabbiata, resa quindi più carnosa, Fontolan inserisce i rilievi che le derivano dall'esperienza di intersezioni ma stavolta usando il vuoto e il pieno per creare parole mutuate dal codice morse. Il bordo del quadro in arancio fluo o verde fluo opalescente, il retro del rilievo dello stesso riverbero cromatico.
L'effetto è straniante, raramente tanta perfezione e così alta poesia è racchiusa in un unico atto creativo. Se ne rimane letteralmente abbacinati. Così Fontolan scrive su tela parole semplici e per questo potentissime. siamo di fronte a una trasformazione calligrafica che formalmente non ha nulla della scrittura cinese eppure ha racchiusa nella purezza del gesto tutta la potenza creatrice di uno straordinario atto formale, frutto di sapienza e ispirazione, meditazione e illuminazione.
Fontolan scrive “Il tempo è un'illusione” e davanti a questa tela candida si sta in silenzio: come di fronte a una preghiera.