Federico De Leonardis – Carcere d’Invenzione VIII
Ligure di nascita e milanese d’adozione, questo scultore lavora da sempre sullo spazio che lo ospita. La sua è una ricerca del delicato equilibrio fra la presenza e l’assenza, dove la prima è affidata sempre a resti, scarti, tracce di eventi di energia sviluppatasi altrove e la seconda alla memoria automatica comune a tutti noi
Comunicato stampa
Venerdì 15 Aprile si inaugura a Venezia, nelle ampie sale della Galleria di Michela Rizzo alla Giudecca, la mostra dell'artista Federico De Leonardis. Ligure di nascita e milanese d'adozione, questo scultore lavora da sempre sullo spazio che lo ospita. La sua è una ricerca del delicato equilibrio fra la presenza e l'assenza, dove la prima è affidata sempre a resti, scarti, tracce di eventi di energia sviluppatasi altrove e la seconda alla memoria automatica comune a tutti noi. Estremamente significative dell'opera di quest'artista lo studio che Donata Feroldi sta conducendo su di lui. Ne riproduciamo qui di seguito un estratto:
“Cosa viviamo oggi nel mondo occidentale, ma potremmo dire tranquillamente ovunque ormai nel mondo tutto? Un grande vuoto che nessuno vuole guardare, perché il vuoto fa paura, perché il vuoto parla della morte, perché parla della solitudine, parla della precarietà, parla del nascere, parla del morire, di tutto quello di cui non vogliamo parlare e di cui non vogliamo occuparci. Quale è la reazione di fronte a questo grande vuoto? Riempirlo, come dicono i francesi, de n'importe quoi, non importa cosa, purché lo riempiamo. Ecco quindi che replichiamo l'esistente con un eco che si ripercuote all'infinito, ecco il museo, non come il luogo dell'attenzione, ma della replica, ecco la storia come studio della ripetizione, della moltiplicazione dell'oggi nel passato ed ecco il consumismo come reiterazione all'infinito dell'atto più assoluto, irripetibile, unico dell'uomo, l'atto fatto per l'altro uomo, nell'unicità del momento che lo vive (e non a caso produce un altro uomo), ed ecco infine i sottoprodotti di questo riempimento dilagare ovunque a soffocarci perfino nel più profondo del Sahara. Il do ut des, la negazione stessa dell'umano, la negazione stessa della generosità, è all'origine di questo vuoto. Anche l'arte oggi partecipa a questa grande kermesse: nel soggettivismo, nell'originalità formale anch'essa trova l'alibi al riempimento del vuoto. Essa non è più generosa, non è più trasgressiva.
Ma l'arte non può rinunciare al suo compito principale pena la propria morte: l'arte è generosa violenza, “un'ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi” (Kafka). Quale il suo compito primo, imprescindibile oggi? Darci a vedere questo vuoto.
Donata Feroldi interpreta il lavoro di Federico De Leonardis