Federico Tosi – Bonsai Riot
Pacifiche ma intense e sorprendenti forme di ribellione: sono i trasgressivi, indomabili Bonsai Riot che danno il titolo alla nuova personale di Federico Tosi.
Comunicato stampa
Pacifiche ma intense e sorprendenti forme di ribellione: sono i trasgressivi, indomabili Bonsai Riot che danno il titolo alla nuova personale di Federico Tosi che Monica De Cardenas presenterà nella sua galleria milanese dal prossimo 15 maggio fino al 31 luglio 2024. In mostra sculture in terracotta, resina e pigmenti, raffigurano Bonsai che espandono le radici fino a spezzare i loro vasi, mentre i rami crescono selvaggiamente verso l’alto o lateralmente in cerca di luce e libertà, ribellandosi alle costrizioni imposte dalla centenaria tecnica di coltivazione giapponese.
“Federico Tosi ha iniziato ad immaginare questa mostra sui “ribelli” mentre era su un’isola tropicale nelle Filippine, alla ricerca di una natura quasi incontaminata. È poi nel forte contrasto del ritorno a Manila che è esplosa in lui l’immagine di una serie di bonsai sovversivi: dei bonsai riot che facessero della propria ribellione un tentativo altro di crescita e di vita, una cifra della propria esistenza, una maniera per cambiare la propria forma, un modello di resistenza. Non manca un’urgenza, un tumulto, un rischio di fallimento; quella necessità di staccarsi dalla realtà civilizzata per testare l’incolto, il selvaggio, lo spontaneo: il colore e l’odore dell’istinto primordiale. Ma a che costo? Questi bonsai a volte sembrano soffrire, altre volte godono della loro scelta, ma liberati da ogni struttura e imposizione alzano la voce e si fanno gioco di chi fino a poco prima ne ha controllato volontà di azione e ne ha direzionato posture, emozioni, desideri.” Così scrive Giovanna Manzotti nel testo critico che accompagna la mostra.
Accanto alle sculture dei Bonsai ribelli Federico Tosi presenta una serie di inedite composizioni modulari che interpretano le nostre dita, secondo l’artista «straordinario punto d’azione personale e di interrelazione sociale ma anche perfetta sintesi di tutte le azioni che abbiamo eseguito». Slegate dal corpo e diverse tra loro per caratteristiche e per genere, le singole dita che Tosi realizza in resina a grandezza naturale e colloca erette in fila su una serie di mensole come fossero dei personaggi, sono connesse alla sua ricerca sul tema della ribellione: «Ho immaginato le dita come incastrate nel nostro corpo, schiave delle nostre volontà. Ho pensato così di liberarle. Quello che ne è derivato è una narrazione sull’amore e sulla pace, sull’uguaglianza e sulla pacifica combinazione di etnie e generi».
Completano la mostra alcuni disegni e acquarelli realizzati durante un recente viaggio nell'arcipelago malese, nei quali piante e animali sono assoluti protagonisti. Nella serie “Expensive Dogs Lost in the Jungle”, Tosi raffigura Volpini di Pomerania e altri cani di razza fuggiti e sperduti in una foresta tropicale. Dopo aver vissuto come animali domestici, questi animali tornano riot e allo stato brado in un habitat a loro però decisamente non familiare.
Federico Tosi è nato a Milano nel 1988 e si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 2014. I suoi lavori provocatori ed enigmatici, realizzati in materiali spesso inconsueti, hanno già fatto scalpore in diverse occasioni: ricordiamo le ossa bovine intagliate in mostra da Almanac a Torino nel 2017; le due cellule cancerogene che si tengono teneramente per mano realizzate in resina nel 2014; le carcasse di uccelli abbattuti in resina pluri-colorata (Rotten Bullshit, 2014-16); le fauci di uno squalo in marmo (Make New Friends #3, 2012), la scultura in bronzo di un gatto dal pelo aculeiforme (Untitled Cat, 2018). Con un linguaggio visivo apparentemente semplice e diretto, Tosi crea visioni apocalittiche e a tratti comiche di avvenimenti drammatici che improvvisamente investono la vita di tutti i giorni come, per esempio, in Vento Forte (2021 – Zuoz, Galleria Monica De Cardenas) o nella personale The same worms that eat me will someday eat you too (2023 – Manila, Pablo Gallery).