Felice Levini / Giuseppe Salvatori

Informazioni Evento

Luogo
MATTATOIO
Piazza Orazio Giustiniani 4 , Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Dal martedì alla domenica 11.00 – 20.00 - Ingresso gratuito
Chiuso il lunedì. L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura

Vernissage
18/02/2025

ore 18

Artisti
Giuseppe Salvatori, Felice Levini
Curatori
Matteo Di Stefano, Massimo Belli
Uffici stampa
PALAEXPO
Generi
arte contemporanea, doppia personale

Mostra doppia personale.

Comunicato stampa

Dal 19 febbraio al 21 aprile 2025 il Padiglione 9b del Mattatoio di Roma ospita la mostra
Felice Levini. Progettare il Caos, promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma
Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, organizzata da Azienda Speciale Palaexpo in
collaborazione con AA+ (Associazione per l’Arte e Più).
La mostra, curata da Massimo Belli, presenta una cospicua porzione del macrocosmo
ordinatamente caotico che da sempre contraddistingue il lavoro di Felice Levini (Roma,
1956), e la sua lettura ironica del sistema-mondo. Tele, carte, installazioni, sculture si
alternano senza soluzione di continuità immortalando la contemporaneità con pungente
eleganza.
Felice Levini è stato fra i fondatori, nel 1978, dello spazio autogestito di S. Agata de’ Goti
a Roma, nel quale arte, poesia e musica si sono alternate a baluardo di una libertà
espressiva e culturale di reazione alla violenza del decennio Settanta. Nel tempo, Levini ha
introdotto nel suo linguaggio l’attività performativa e la presenza umana.
Nonostante questa plurimedialità, il suo lavoro non smette di rimanere saldamente ancorato
al fatto pittorico. Presente in due Biennali di Venezia - nel 1988 e nel 1993 – e in due
Quadriennali romane – nel 1986 e nel 1996 –, ha varcato il Millennio continuando a
trasmettere il senso profondo di una società di idoli caduti, che ironicamente tiene sul palmo
di una mano con irriverente classicità. Pazientemente stillando la storia attraverso i suoi
segni grafici, Levini racconta la presenza dell’uomo nel mondo, dalla preistoria a questo
esatto secondo, mostrando una ciclicità complessa.
La mostra racconta oltre trent’anni di lavoro di Felice Levini, un artista allo stesso tempo
eclettico e ortodosso, ma non è solamente questo.
Progettare il Caos manifesta la volontà progettuale utopistica di mettere ordine nel disordine
per eccellenza: il Caos. Tornando all’etimologia greca di questo termine, che esprime
un’apertura – ciò che è ‘spalancato’ – ci si rende conto che il titolo stesso è un calembour,
un nonsense che racconta la corsa a vuoto del mondo contemporaneo, costantemente
frustrata dall’impossibilità di raccontarsi in maniera ordinata, per categorie.
La mostra prende il titolo da due lunghissimi lavori omonimi a pennarello su carta
(Progettare il Caos II/III, 2022-2024) nei quali l’artista sviluppa, senza soluzione di
continuità, immagini iconiche dell’ultimo secolo di storia dell’uomo, ironicamente accostate
talvolta per antinomia e talaltra per analogia. Pedissequamente realizzate in punta di
pennarello, queste immagini tracciano la traiettoria sghemba dell’uomo moderno e dei suoi
miti, spesso caduchi. I due lavori, dunque, rappresentano la summa del bagaglio
iconografico dell’artista, con essi diventa possibile decifrare l’intero corpus delle opere
esposte in mostra, realizzate dagli anni Ottanta sino a oggi.
Come in uno spettacolo di tragicommedia, l’ilarità è immediatamente smorzata dalla portata
tragica dei soggetti (Gladiatore, 1989) e, viceversa, la serietà è miserabilmente
compromessa per mezzo dell’ironia della quale sono intrisi (Domatrice di Pulci, 2003).
Non di rado, è lo stesso Levini a celarsi all’interno delle opere (Autoritratto feroce, 1992),
attuando un meccanismo di camuffamento tipico dei maestri del Rinascimento, capace di
far entrare l’artista nelle pieghe della storia per ri-raccontarla attraverso nuove chiavi di
lettura. Uno sconfinamento che arriva fino alla terza dimensione, come nel caso del letto
presente in Vittoria, opera esposta già alla Biennale di Venezia del 1988.
Confusi dal Caos della terra non ci si salva neanche alzando gli occhi al cielo: fra parà che
diventano angeli, navi da battaglia e animali, satiri e ballerine, navigatori e cantanti, ci si può
rendere, forse, conto che abbiamo perso da un pezzo le redini di ciò che siamo.
L’esposizione si pone in stretto dialogo con la mostra che ha luogo nello stesso periodo
presso il Padiglione 9a del Mattatoio, Centuria di Giuseppe Salvatori, l’artista e amico con
cui Levini ha condiviso non solo una lunga carriera ma anche un linguaggio artistico e
poetico. Nel 1978 Salvatori e Levini, insieme ad altri artisti e scrittori del panorama romano,
fondano il gruppo di S. Agata de’ Goti, successivamente Renato Barilli li inserisce all’interno
del movimento artistico dei Nuovi- Nuovi, in occasione della mostra presso la Galleria d’Arte
Moderna di Bologna nella primavera del 1980. Un legame, dunque, che ha resistito al
tempo, dagli esordi degli anni Settanta, alla condivisione di progetti più recenti, come il ciclo
di mostre Realia della galleria La Nuova Pesa, fino alle attuali mostre presso il Mattatoio di
Roma.
La mostra di Felice Levini sarà accompagnata da un catalogo a cura di Massimo Belli, con
testi di Aurelio Picca, Renato Barilli, Francesco Moschini e Massimo Belli edito da Silvana
editoriale.

Apre il 19 febbraio 2025 presso il Padiglione 9a del Mattatoio di Roma la mostra
Giuseppe Salvatori. Centuria, promossa dall’ Assessorato alla Cultura di Roma
Capitale e Azienda Speciale Palaexpo, organizzata da Azienda Speciale Palaexpo in
collaborazione con Associazione Palatina.
La mostra a cura di Matteo Di Stefano ripercorre il lavoro degli ultimi trent’anni di Giuseppe
Salvatori (Roma, 1955).
In questi tre decenni l'artista ha privilegiato la formula del ciclo per scongiurare la
frammentazione dispersiva di opere la cui peculiarità spesso consiste nello stretto rapporto
con la narrazione letteraria, di natura classica e contemporanea. Opere, quindi, sempre
ancorate a un dato di realtà culturale ma anche pervase da un vissuto personale che ne
trasfigura la visione in rappresentazioni singolari.
Il percorso inizia proprio con il ciclo inedito Centuria, che dà il titolo alla mostra, composto
da centocinque ritratti - profili delle diverse e inesauribili figure della vita dell’artista: un lavoro
in progress in cui i motivi floreali si trasformano in volti, portandoci in un territorio di incanti
metafisici sospeso tra il reale e il fantastico.
A fronteggiare Centuria l’opera Il Fiore (2024), allegoria rivolta alla seduzione amorosa,
continuo contrasto tra movimento e immobilità, tra miracolo della conquista e tristezza per
la perdita.
Attraversando la sala dedicata ai Toreri, guardiani silenti, profili di simboli e colore, si entra
nello spazio principale della mostra, nel quale sono visibili le diverse tecniche sperimentate
dall’artista: 13 opere, non esposte in ordine cronologico, vanno a comporre un panorama
complessivo di questo trentennale, dalla tempera e acrilico su tela de La Gazza Ladra
(1990) agli spessori della tempera vinilica su tavola di Volo Nuziale (2023).
Il percorso continua nelle sale retrostanti: due installazioni quelle di Settimo Cielo e Libro
Mago, che ci riportano all’inizio dell’ultimo decennio, nelle gallerie La Nuova Pesa (2011) e
De Crescenzo & Viesti (2013), dove le opere sono state presentate per la prima volta.
Proseguendo attraverso i cicli inediti dedicati ai costumi per Fedra e a San Gaudenzio, si
conclude l’esposizione nella sala dedicata a Perdere l’amore, videoinstallazione del 2024.
L’esposizione si pone in stretto dialogo con la mostra che ha luogo nello stesso periodo
presso il Padiglione 9b del Mattatoio, Progettare il Caos di Felice Levini, l’artista e amico
con cui Salvatori ha condiviso non solo una lunga carriera, ma anche un linguaggio artistico
e poetico. Nel 1978 Salvatori e Levini, insieme ad altri artisti e scrittori del panorama romano,
fondano il gruppo di S. Agata de’ Goti, successivamente Renato Barilli li inserisce all’interno
del movimento artistico dei Nuovi-Nuovi, in occasione della mostra presso la Galleria d’Arte
Moderna di Bologna nella primavera del 1980. Un legame, dunque, che ha resistito al
tempo, dagli esordi degli anni Settanta, alla condivisione di progetti più recenti, come il ciclo
di mostre Realia della galleria La Nuova Pesa, fino alle attuali mostre presso il Mattatoio di
Roma.
La mostra di Giuseppe Salvatori sarà accompagnata da un catalogo, edito da Silvana
Editoriale, a cura di Matteo Di Stefano, con un testo critico di Giuseppe Appella e contributi
di autori cari all’artista tra cui Edoardo Albinati, Arnaldo Colasanti, Claudio Damiani, Alice
Rubbini