Ferdinando Fasolo – Street/Straight into the camera
Questa mostra, recentemente esposta a Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme – con grande successo di critica e pubblico – viene riproposta in forma ridotta alla Libreria Zabarella di Padova.
Comunicato stampa
Questa mostra, recentemente esposta a Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme - con grande successo di critica e pubblico – viene riproposta in forma ridotta alla Libreria Zabarella di Padova.
La fotografia di strada raccoglie momenti di vita di tutti i giorni, a volte banali, irrilevanti, marginali. Ma se la si guarda con attenzione ci si accorge che in essa c'è molto di più: l'attimo è vissuto come imprevedibile e c'è l'interpretazione del nostro vivere quotidiano.
Un fotografo di strada sa sempre cosa riprendere; non gli serve andare in luoghi straordinari, trova la foto bella o l'impulso a fotografare appena fuori della porta di casa e ciò che lo ispira non è il ragionamento, ma semplicemente la luce, l'istinto, la passione per la fotografia. Non stravolge la realtà del momento ma coglie l'essenza di essa in più modi: fotografando un gesto che si ripete in una situazione, riprendendo una serie di giochi di simmetrie o cogliendo lo sguardo di un soggetto, senza mai alterare la scena fotografata e creando un proprio discorso che, in un secondo momento, il fruitore potrà leggere. Coglie momenti straordinari, irripetibili, pur nella loro ovvietà, tuttavia importanti perché catturano la poesia, l'emozione di un istante, il senso della vita di cui siamo spettatori.
Fasolo fotografa perché ne sente la necessità. Per lui è il modo migliore per comunicare con le persone e questo suo modo di fotografare si specchia molto nella Street Photography americana e nellaFotografia Umanistica europea. Dalla prima ha preso “l'ambiente”, la strada, il teatro straordinario, dove tutto si crea e si fonde in maniera fortuita, spontanea, a volte magica. Dalla seconda ha preso la poesia, l'interesse per l'essere umano e la sua esistenza, ponendosi in maniera empatica di fronte alle più semplici azioni d’ogni giorno, raccogliendo scatti dove l'uomo non è mai oggetto di denigrazione, ma è valorizzato proprio in quanto essere umano. Lo stile del suo lavoro fotografico può essere definito “classico” perché lo studio dei grandi fotografi del passato e la concezione umanistica della realtà lo hanno molto influenzato, portandolo a indagare l'uomo nel suo quotidiano, registrando la realtà non in modo impersonale e generico ma profondo e intimo, ponendo un'attenzione particolare anche alla forma e alla geometria dell'immagine.
Una delle regole fondamentali della Street Photography è quella di non intervenire sulla scena che si sta fotografando e non farsi vedere dai soggetti fotografati; mescolarsi tra la gente, diventare “fantasmi” è un buon metodo per questo tipo di fotografia; non si ha nessun rapporto con il soggetto fotografato. Caccia e rubare sono due parole molto usate in fotografia, ma per Fasolo si trasformano in ricerca che finisce nel momento dello scatto, per poi ricercare la foto successiva.
Per Fasolo uno dei momenti più importanti quando fotografa è nell'istante in cui inquadra una scena, le persone, un volto. Si muove alla ricerca dell'inquadratura migliore, ed è come se entrasse in un'altra dimensione; tutto esiste e al tempo stesso non esiste più. Diventa un tutt'uno con quello che ha davanti. Vede ogni figura che si muove e attende che si crei armonia tra il soggetto che ha davanti e lo sfondo. È un momento di percezione molto forte e che ha il suo culmine nel momento in cui il suo dito preme il pulsante di scatto. Non saranno migliaia di scatti, ma uno scatto, forse due, nati dal suo sentire e, spesso, da una lunga e tranquilla attesa.
Un fotografo che lo ha molto ispirato è Edouard Boubat; ecco dalle parole del fotografo i motivi di questa ispirazione: “Leggendo Boubat, mi accorgo che c’è molta sintonia tra il mio modo di muovermi, fotografare e il pensare la fotografia e il suo. Anche lui, quando inquadrava, era senza proiezioni, senza volontà, senza intenzione, senza ricordo. Il soggetto che fotografava si impossessava di lui e tutto nella foto diventava poesia. Per vedere un viso, per avere una condivisione dell’attimo poteva aver fatto migliaia di chilometri o poche centinaia di metri ma non sentiva la stanchezza morale o fisica perché sapeva che prima o poi una foto, la foto, sarebbe arrivata; è l’arte dell’abbandonarsi, dell’accettare la provvidenza, dell’accettare i regali della vita. Per me è lo stesso: cammino, mi perdo tra la gente e aspetto, senza inquietudine o apprensione, l’importante è che io sia pronto quando la foto è lì, davanti a me”.
Ferdinando Fasolo inizia a fotografare nel 1986 e dopo qualche anno l'interesse per la multivisione lo porta a costituire, insieme a Francesco Lopergolo, "Il Parallelo Multivisioni". Questa esperienza lo vede impegnato nell'organizzazione di vari eventi e gli consente di ricevere numerosi premi e riconoscimenti tra i quali spiccano i due oscar multimediali internazionali vinti nel 1992 e nel 1993 al Festival “MEDIALE” di Norimberga (DE) e nel 2007 il primo premio per la fotografia al Festival Internazionale di Chelles (Francia). Nel 1998, grazie all'incontro con il gruppo Mignon, ritorna a riprendere la realtà in bianco e nero. L'anno dopo entra nel gruppo e conosce due persone che saranno fondamentali per la sua evoluzione fotografica: Giovanni Umicini e Walter Rosenblum. Fin dal principio, con Giampaolo Romagnosi, è il principale organizzatore sia delle iniziative del gruppo che di altre manifestazioni artistiche. Ferdinando Fasolo riprende, sviluppa e stampa in bianco e nero secondo il sistema tradizionale. Sue fotografie sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private.
Angelo Maggi è professore associato presso l’Università IUAV di Venezia, dove insegna Storia dell’architettura contemporanea. Nella stessa università è docente di Storia della fotografia. Dopo alcuni anni di insegnamento presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, è docente di Storia dell’arte e del design grafico presso la Pontificia Università Salesiana di Verona e Venezia (IUSVE). Negli ultimi anni, orientato agli studi di fotografia d’architettura, ha approfondito temi relativi alla rappresentazione intesa come strumento di indagine storiografica. Tra le sue pubblicazioni recenti si ricordano: Rosslyn Chapel an Icon through the ages (2008), l’edizione italiana dei volumi di Lucia Moholy, Cento anni di fotografia (2008) e di Helmut Gernsheim, Messa a fuoco di architettura e scultura (2011), Giorgio Casali photographer. Domus 1951 – 1983. Architecture, design and art in Italy (2013) e il fresco di stampa PhotoGRAPHIC PEDIA (2014).
Mignon è un’associazione fotografica culturale nata nel 1995 da un’idea di Giampaolo Romagnosi che, assieme a Ferdinando Fasolo, è il promotore di tutte le attività del Gruppo. L'associazione è nata per realizzare un progetto fotografico finalizzato alla rivalutazione delle piccole cose che appartengono alla quotidianità dell'uomo, fissando come unico vincolo la ripresa e la stampa in rigoroso bianco e nero. Il successo di critica e l’interesse per le esposizioni del Gruppo hanno portato Mignon a occuparsi anche della promozione di manifestazioni, serate, incontri e mostre di altri fotografi. Sin dall’inizio il Gruppo ha sentito un profondo interesse nei confronti delle storiche testimonianze della fotografia con vocazione sociale: dal fondamentale lavoro realizzato dalla F.S.A. Farm Security Administration, all’ineguagliabile funzione ricoperta dalla Photo League nella crescita della cultura fotografica, fino alle migliori pagine del fotogiornalismo mondiale (LIFE e i fotografi di Magnum). Alcuni incontri con fotografi “umanisti” hanno contribuito a fornire gran vigore ed entusiasmo al progetto del Gruppo. Le frequentazioni con Giovanni Umicini hanno influenzato la poetica del Gruppo determinando un’attenzione particolare alla “Street Photography” e agli strumenti operativi da utilizzare: un bianconero essenziale, seguito dalla ripresa fino alla stampa finale. Il prodotto di ciò, sul piano dell’immagine, è una forte economia visiva che lambisce quello “sguardo documentario” proprio della fotografia sociale.