Fernando Rea – L’eros nascosto
Raccoglie un nucleo importante di lavori inediti, che l’artista ha realizzato a partire dal 2000, nel segno di Eros e Thanatos, a creare un percorso articolato capace di restituire la complessità di un linguaggio che nel mito ha trovato stimoli, suggestioni e ragioni di essere.
Comunicato stampa
Mercoledì 25 gennaio 2012, alle ore 18,00 a Frosinone, presso la Villa Comunale, si inaugura la personale di Fernando Rea L’eros nascosto, curata da Alfio Borghese, con testo critico di Marcello Carlino.
La mostra, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Frosinone, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della Provincia, rimarrà aperta fino al 10 febbraio tutti i giorni (compresa la domenica) dalle ore 9,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 19,00.
Raccoglie un nucleo importante di lavori inediti, che l’artista ha realizzato a partire dal 2000, nel segno di Eros e Thanatos, a creare un percorso articolato capace di restituire la complessità di un linguaggio che nel mito ha trovato stimoli, suggestioni e ragioni di essere.
Per Rea da quasi un ventennio la mitologia rappresenta, infatti, non soltanto il motivo di irrinunciabili input creativi, quanto piuttosto la possibilità di costruire un sottile equilibrio tra passato e presente per cancellare la contrapposizione. Queste opere recenti si presentano quindi come una particolare rilettura del passato a livello del contemporaneo. In esse ritroviamo la tradizione dell’arte occidentale e la necessità di rinnovarla, avendo coscienza di quella pluralità di stratificazioni culturali che la caratterizzano, al punto che l’artista ha elaborato una metodologia di lavoro assolutamente innovativa, in cui le tecniche abituali, dal disegno alla pittura, dal collage alla grafica, si rapportano dialetticamente all’uso delle nuove tecnologie, dalla fotocopia all’elaborazione digitale. Le immagini da cui parte molto spesso sono prese dai giornali, decontestualizzate e ricontestualizzate attraverso manipolazioni, ritocchi, tagli e inevitabilmente interventi pittorici, cosicché i protagonisti di reportage, servizi di moda o pubblicità si svestono dell’attualità per animare una dimensione senza tempo.
Venere, Orfeo, Giove, Persefone, Elena e altri dei ed eroi, che Fernando Rea crea senza soluzione di continuità, si presentano non solo come memoria di una cultura originaria, attraverso cui riscoprire le motivazioni del presente, ma anche come possibilità di ripensare alla classicità in una prospettiva critica, in cui i termini di tradizione e di sperimentazione sono intesi come complementari, non come contraddittori. Il processo di riattualizzazione del mito, messo in atto con un inesauribile desiderio di innovazione, è inteso come la possibilità di riappropriarsi dell’originaria identità culturale, per evitare la spersonalizzate e spesso sterile omologazione prodotta dall’inarrestabile globalizzazione.
Come scrive Carlino nel testo critico: “Il lavoro pittorico di Rea punta nella direzione di un’origine, di un cominciamento prima di ogni tempo, e in parallelo, con ritmo altrettanto sostenuto, si volge al futuro come disseminandone gli indizi, i segni incipitari e sembra annunciare quel che non è ancora, configurandone l’eventualità. Il “di qua” di una indistinta e condivisa totalità originaria che ha i caratteri del sogno e dell’utopia e il “di là” di qualcosa che si mostra indeterminato e che tuttavia ci attende e attende il nostro impegno per l’avvenire: contro il postmoderno concentrato asfitticamente sul presente, ridotto sulle sue piccolissime misure, nella rappresentazione di queste tele l’oggi non ha tempo di consistere e si riapre dinamicamente, si rivitalizza riempiendosi di passato e di futuro”.