Filippo Maria Gianfelice – Backstage
Con “Backstage”, Filippo Maria Gianfelice rivela al pubblico ciò che del fenomeno teatrale è da sempre canonicamente precluso allo sguardo dello spettatore: il “dietro le quinte” come concetto allargato, a comprendere la profondità oscura della scena, la vita del camerino, dei laboratori e delle sale prove, degli ambienti accessori, dei passaggi di servizio, del palcoscenico stesso nella sua dimensione privata, nella sua funzione “altra” rispetto all’incontro con il pubblico.
Comunicato stampa
Si apre sabato 28 luglio 2012, la mostra fotografica personale di Filippo Maria Gianfelice, Backstage, a cura di Barbara Pavan, nell’ambito della 3° Rassegna Fotografica Annuale del Lungovelinocafé di Rieti (Via Salaria 26), coordinata da Studio7.
Con “Backstage”, Filippo Maria Gianfelice rivela al pubblico ciò che del fenomeno teatrale è da sempre canonicamente precluso allo sguardo dello spettatore: il “dietro le quinte” come concetto allargato, a comprendere la profondità oscura della scena, la vita del camerino, dei laboratori e delle sale prove, degli ambienti accessori, dei passaggi di servizio, del palcoscenico stesso nella sua dimensione privata, nella sua funzione “altra” rispetto all’incontro con il pubblico. L’opera di Gianfelice, dunque, focalizza l’attenzione sui tempi e luoghi oltre lo spettacolo, sul prima e dopo, su quanto esiste al di qua e al di là dello spazio e del momento propriamente performativi. Gli scatti fotografici violano così il limite del sipario, diaframma scenico per eccellenza, metafora assoluta della separazione tra professionisti e fruitori dell’arte teatrale nelle sua varietà fenomenologica, sia essa declinata in tragedia o commedia, prosa o Opera lirica, concerto sinfonico o danza. In tal senso, l’operazione estetica soddisfa certamente il desiderio latente e mai sopito dello spettatore di cogliere il mistero del teatro, di scrutarne la dimensione segreta, la magia della creazione, l’intimità della sua umanità. Più di questo, tuttavia, il suo significato sta nella capacità di recuperare alla coscienza il concetto di teatro come forma culturale complessa e ininterrotta. L’architettura del Teatro all’italiana e la forma di spettacolo che per eccellenza gli compete, l’Opera lirica, si rivelano allora puri pretesti per rinnovare, attraverso l’estetica fotografica, un’affermazione etica di ordine generale rispetto al fenomeno teatrale: che esso, vale a dire, non coincide e non si esaurisce affatto nello spettacolo; che quest’ultimo, in fondo, è a malapena la punta dell’iceberg di una forma culturale straripante nella sua complessità sociale, storica e geografica; che il teatro non ha inizio quando il sipario si apre, né fine quando il sipario si chiude; che esso esiste per tutto il tempo, anche quando ce ne dimentichiamo, dentro e fuori il palcoscenico, prima, durante e dopo la performance; che i suoi eventi, luoghi e tempi inesorabilmente travalicano la scena, destinati a riversarsi nel continuum spazio-temporale della vita stessa; che l’artista, dunque, è anzitutto, prima di qualsiasi ruolo e al di là del suo destino scenico, un uomo, portatore della propria umanità, e quasi sempre, per amore dell’arte, un viaggiatore. (Tatiana Rossi)