Fiorella Ilario
Dal progetto realizzato alla Galleria degli Uffizi nel 2009 attorno ad una fotografia scattata in Sala Botticelli davanti alla Primavera, e’ scaturita la mostra fotografica intitolata Et in arcadia ego – L’eterno ritorno di Ninfa.
Comunicato stampa
L'eterno ritorno di Ninfa E' l'iscrizione latina -ET IN ARCADIA EGO- apparsa in celebri dipinti antichi e tuttavia rimasta nei secoli, misteriosa e mai concordemente interpretata, a dare il titolo al progetto fotografico di Fiorella Ilario, in mostra dal 20 gennaio 2012, al Museo Archeologico di Firenze. Attorno al nucleo simbolico, di una foto scattata nel febbraio del 2009, nella Galleria degli Uffizi, una serie eteronima di trenta immagini da Istanbul, che introducono al tema, nominato nel sottotitolo, della Ninfa. Sulla traccia dello studio di Didi-Huberman intitolato appunto, Ninfa Moderna -Saggio sul panneggio caduto- una enigmatica rappresentazione femminile che, dalla allusione di un mondo arcadico di perduta bellezza, riappare quasi come in un fantasmatico e smarrito anacronismo. Indecifrabile personificazione di quella “Sopravvivenza dell’Antichità” indagata dal filosofo francese, che in qualche modo fa irrompere nel nostro presente “L'immagine intima di Ciò che è stato”. Una incarnazione evocativa e contraddittoria -testimonianza di un mistero che le rimane peculiare e non concede risposte -se non quelle che il suo stesso apparire sollecita. "Eroina impersonale dell'aura -il tempo lontano che turba l'evento sotto i nostri sguardi. Eroina molteplice e inquietante dell'estraneità, ci dà in dono le somiglianze nascoste; ove improvvisamente, tutte le epoche danzano insieme e tutte le incarnazioni possibili si mescolano come in un sogno."
Lo scatto nelle sale degli Uffizi la coglie infatti con gli occhi distolti, celata -quasi come sepolta- in un manto che diventa incoerente rimando al panneggio, “l'accessorio in movimento" delle ninfe botticelliane, che aleggiano sullo sfondo. Dunque anche ambigua costellazione di sguardi, testimoni e custodi di movimenti organici più oscuri, di gesti sconosciuti, di contatti inattesi e di insopprimibili distanze, non solo temporali, tra culture diverse e diverse sensibilità. “Il panneggio, supplemento di grazia nella figurazione umana, può diventare l’estensione, l’intensità e l’inerenza della morte stessa”. Decaduto nella miseria della modernità, il panneggio delle antiche esperidi scompare- " Il movimento della sua caduta è insieme sensuale e mortifero; finirà nel rifiuto e nell'informe." Proprio come sospese, in questo stato intervallare, le protagoniste delle foto in mostra, nterpretano il ricordo; la metamorfosi contemporanea di Ninfa, da soave divinità minore, a Creatura della sopravvivenza. Dalla materia naufragata, dall'oggetto degradato, dai brandelli del panneggio trasformato in strofinaccio, straccio, velo, copertura, sudario, rifluisce la memoria. Si addensa attorno ad una propria struttura arbitraria e oppositiva. Passato-Presente, Vicinanza-Lontananza, Vita-Morte, Realtà-Scomparsa. Genealogie interiori s’incrociano, illuminando e rivelando rapporti intimi e segreti delle cose; le forse anche dolorose corrispondenze, le impensabili analogie. “ Questo è il lavoro -estensione, intensità, inerenza- questa è la ricchezza morfologica e significante sui quali un semplice panneggio -benchè caduto- fa aprire i nostri occhi.”