Fondazione Pareidolia – Giorni Felici

Informazioni Evento

Luogo
CA' DANDOLO
Gran Canal San Polo 2879 , Venezia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
18/04/2024

ore 16 su invito

Curatori
Domenico de Chirico
Generi
arte contemporanea, inaugurazione, collettiva

Mostra inaugurale della Fondazione Pareidolia.

Comunicato stampa

Fondazione PAREIDOLIA Finding Patterns in Randomness
Presenta “Giorni Felici”
Artisti: Chiara Capellini, Liz West, Filippo Cegani, The Back Studio, Rebeca Romero, Igor Simić,
Alwin Lay, Martina Cassatella, Norimichi Hirakawa, Nebojša Despotović, Jure Kastelic, Andrew
Iacobucci, Erik Swars, FAMED, Tom Bull, Mark Huebner, Niyaz Najafov
La Fondazione PAREIDOLIA è lieta di annunciare la sua apertura ufficiale, in concomitanza con
l'inaugurazione della mostra collettiva intitolata “Giorni Felici”, presso Palazzo Dandolo sul Canal
Grande a Venezia, con lavori di Chiara Capellini, Liz West, Filippo Cegani, The Back Studio, Rebeca
Romero, Igor Simić, Alwin Lay, Martina Cassatella, Norimichi Hirakawa, Nebojša Despotović, Jure
Kastelic, Andrew Iacobucci, Erik Swars, FAMED, Tom Bull, Mark Huebner e Niyaz Najafov, a cura di
Domenico de Chirico.
La Fondazione PAREIDOLIA apre le sue porte in occasione della 60. Edizione della BIENNALE di Venezia
2024, Esposizione Internazionale d'Arte dal titolo "Stranieri Ovunque" - 'Foreigners Everywhere', a
cura di Adriano Pedrosa.
Attraverso la scelta ponderata di un linguaggio espressivo segnatamente non- razionale,
all'apparenza destrutturato e asintattico e manifestamente eterogeneo, la mostra collettiva “Giorni
Felici” non intende rimarcare il non-senso della rutilante realtà bensì di rappresentare la sua
essenza, consapevole della prolifica e arzigogolata produzione che, oggi più che mai, la
contraddistingue.
Prendendo spunto dall'omonimo dramma in due atti di Samuel Beckett del 1961- ivi i protagonisti
Winnie e Willie, due coniugi legati da un matrimonio che ormai sembra essere privo di ogni
passionale sentimento, i quali, ciononostante, continuano a divincolarsi euforici e beati - questa
mostra, affondando le proprie radici in «una tensione che inarca la vita», per dirla con il
sociologo tedesco Georg Simmel, si prefigge l'obiettivo di trasformare la cognizione del dolore in
fulgidi atti creativi, forieri di una luminosità ineguagliabile e promulgatori di nuovi e
conturbanti codici estetici.
Contestualizzando, nel corso del primo atto di questo dramma, la protagonista Winnie, incuneata fino
alla vita in un cumulo di terreno, si presenta ben vestita e incipriata ed ha sempre con sé sia un
vezzoso ombrellino, con cui fronteggia le intemperie, sia una grande borsa nera. Fraseggiando,
talvolta concitatamente talaltra con leggerezza, tira fuori da questa sua grande borsa una
moltitudine di oggetti routinari. Tra questi, vi è persino una rivoltella, l’unico elemento che
riesce a metterla di fronte alla dura realtà della sua mesta condizione di vita. Ciononostante,
Winnie decide di non utilizzarla poiché la sua voglia di vivere è insaziabile e
preminente. Per di più, nel passaggio al secondo atto, la situazione dei due protagonisti peggiora
visibilmente: difatti, questa volta, la signora compare immobilizzata nel terreno fino al collo,
così da non avere più la possibilità né di muoversi né di voltarsi per adocchiare il marito, sempre
posizionato dietro di lei. Nondimeno, i due coniugi continuano a vivere la loro esistenza
ostinandosi a definirla come la più magnificente costellazione di giorni felici.
Ed è così che tale proscenio, pregno di sfaccettature antitetiche, inusitato e veemente, assurdo e
comico al tempo stesso, si forgia di un'avvincente mescolanza di stati d'animo, di generi e di stili
dissimili che, tuttavia, sono perfettamente in grado di coesistere.
E allora, alla luce di tutto ciò, se il miglior modo di intendere l'arte è di pura interrogazione,
può la pareidolia essere uno dei modi migliori di afferrarla per farla propria? In più, può essere
considerata anche questa un'ulteriore manifestazione d'amore? E soprattutto, che cos'è?
Si tratta di quell'enigmatica costellazione psicologica secondo cui la mente umana riconosce schemi,
forme, sfumature e significati consueti innescati da stimoli del tutto fortuiti, finanche laddove
non vi è una contingenza con la realtà, trattandosi di una forma di apofenia - dal greco ἀποφαίνω,
«apparire, mettere in luce, far diventare - ovvero quella tendenza, per l'appunto, a percepire
correlazioni significative tra cose che logicamente non sono interdipendenti. Per inciso, il termine
pareidolia, coniato nel 1958 dallo psichiatra e neurologo tedesco Klaus Conrad, definisce una
"immotivata visione di connessioni" accompagnata dall'attribuzione di una "spropositata
significatività". Costituisce un aspetto innegabilmente affascinante sia della percezione sensoriale
sia della coscienza umana, indagato a fondo dalla Fondazione PAREIDOLIA. Qui, tutto si manifesta in
molteplici e stupefacenti forme e ci regala spunti di riflessione, nuovi e inattesi, sulle
intuizioni, sulla creatività e sul significato dell'arte stessa.
Per di più, uno degli aspetti più avvincenti della pareidolia è la sua facoltà di far fronte a tutto
ciò che è predeterminato, così da potersi aprire a nuove e sempre più sorprendenti interpretazioni
di tutto ciò che ci circonda, sulla base di quella concezione beckettiana secondo cui bisogna
entrare in contatto con le opere “ancora da creare”, immergendosi in un dialogo con esse, in maniera
profonda e rispettosa, travalicando quella condizione-limite di sospensione che è sempre lì pronta a
tormentare l'essere umano. Ed è così che, superando ogni tipo di inamovibile razionalità, la
Fondazione PAREIDOLIA sopraggiunge e ci invita ad esplorare il mondo con uno sguardo più attento e
ragguardevole, nella speranza di poter scoprire inedite eppur autentiche forme di bellezza e di
significato, nel nome di una alquanto misteriosa necessità.
Qui, gli artisti selezionati corrispondono a pratiche, mezzi e percorsi di ricerca differenti,
spaziando dalla pittura figurativa a quella astratta, dall'arte concettuale alla video arte. Le loro
opere, parlando direttamente allo spettatore, vengono lasciate libere di comunicare tra loro, non
essendo vincolate dai limiti di un tema guida. L'istinto puro e congenito della pareidolia intende
guidare lo spettatore verso
un'esegesi personalissima e inedita, dando per assodato che ogni lettura della mostra sarà diversa
da persona a persona. E allora, solo l'esperienza personale, le idee e la cultura che più ci
appartengono influenzeranno inevitabilmente la nostra percezione di questo insueto percorso
espositivo.
Attraversando l'ordinarietà eppur rischiando fino in fondo, solcando acque profonde e ondose, il cui
scroscio ritma lo scorrere imperituro e solerte del tempo, “Giorni Felici” pone impavidamente
l'accento sull'assurdità delle situazioni, consapevole del fatto che ci siano tanti momenti di
felicità da colmare anche laddove tutto sembra essere avverso o passare sotto silenzio. Invero, come
diceva Italo Calvino nel suo libro Lezioni Americane del 1988: «prendete la vita con leggerezza, che
leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore» [...]
«Chi siamo noi, chi è ciascuno di noi, se non una combinatoria di esperienze, di informazioni, di
letture, di immaginazioni? Ogni vita è un'enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un
campionario di stili, dove tutto può essere continuamente mescolato e riordinato in tutti i modi
possibili».
In “Giorni Felici” il sole si leva, la sua luce irradia l'eterno atto della nascita e bacia gli
opposti che, inintelligibilmente, sono destinati a legarsi in maniera inestricabile.