Fontana Leoncillo – Forma della materia

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE CARRIERO
Via Cino del Duca, 4, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

aperto tutti i giorni dalle 11.00 alle 18.00 su appuntamento
sabato accesso libero dalle 11.00 alle 18.00
Domenica chiuso

Vernissage
05/04/2016

ore 19 su invito

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Lucio Fontana, Leoncillo
Curatori
Francesco Stocchi
Uffici stampa
PAOLA C. MANFREDI STUDIO
Generi
arte contemporanea, doppia personale

Il raffronto tra i due artisti ha il merito da un lato di sottolineare la centralità di Leoncillo nella storia della scultura non solo italiana, dall’altro dimostra in Fontana una radicale volontà di aprire i volumi, superare la materia, costruire intorno al vuoto e creare spazio.

Comunicato stampa

In occasione della XXVII Biennale di Venezia (1954), Leoncillo e Lucio Fontana sono invitati a partecipare, ognuno con una sala personale. I piani colorati si espandono nello spazio, animando la materia con un’ispirazione che prelude alla svolta informale e di profonda ricerca materica degli anni successivi. Roberto Longhi presenta ventidue sculture di Leoncillo, dalle suggestioni ancora cubiste, mentre Giampiero Giani introduce le Sculture spaziali di Fontana, esponendo oltre ai "buchi", alcune opere degli anni Trenta e Quaranta.

Dal 1955 le poetiche dell'informale cominciano a diffondersi e ad affermarsi, anche grazie all'ampliamento del circuito espositivo delle gallerie private che nel corso degli anni Cinquanta aumentano notevolmente andando a sostituire la libera iniziativa dei gruppi di artisti che caratterizzava l'immediato dopoguerra. La mostra FONTANA ● LEONCILLO forma della materia prende l’esperienza della XXVII Biennale di Venezia come punto di partenza di una svolta nella ricerca di entrambi gli artisti.

Il raffronto tra i due artisti ha il merito da un lato di sottolineare la centralità di Leoncillo nella storia della scultura non solo italiana, dall’altro dimostra in Fontana una radicale volontà di aprire i volumi, superare la materia, costruire intorno al vuoto e creare spazio. Attraverso sovrapposizioni e confronti, la mostra mette in evidenza le preoccupazioni scultoree in ambito prevalentemente bidimensionale di Fontana in relazione a un approccio di sensibilità pittorica nella scultura di Leoncillo. Entrambe le pratiche si interessano, con modalità distinte, a rivelare la forma insita nella materia stessa.

Leoncillo mostra un’arte in cui la materia cresce e prende vita in una tensione fra pulsione e apparente controllo. Conglomerati verticali di grès o terracotta in un impasto di colore, forme e luce, in cui il vuoto non è un’assenza ma uno spazio, che consente alla materia di nascere ed espandersi dal negativo. Dagli anni Cinquanta, Fontana sviluppa la sua ricerca in ambito bidimensionale pur sempre mantenendo l’urgenza di un pensiero scultoreo dinamico. In aggiunta al motivo dei “buchi”, le tele si arricchiscono di colore e frammenti di vetro, dando vita al ciclo delle Pietre che si affaccia nello spazio e si appropria della luce, mediante la traslucenza del materiale. Nei Barocchi inoltre la materia si ispessisce, diventa quasi tattile, inglobando a frammenti di materiali riflettenti, linee che suggeriscono una loro continuità al di fuori del quadro.

Attraverso una ricerca appassionata e senza compromessi di MATERIA-COLORE-SPAZIO, Leoncillo e Fontana risolvono il contrasto tra le due concezioni allora dominanti, operando una sintesi fra astrattismo e realismo, volta a rivelare un’unità (e una verità) della materia.

Nelle pagine del Piccolo diario (1957) l’artista chiede alla terra “un nuovo oggetto naturale che divenga con stratificazioni, solchi, strappi che sono quelli del nostro essere, che esca come il nostro respiro. Non più colore quindi, … ma materia che ha un colore che diciamo dopo. Non più volume, ma materia che ha un volume. … E la creta diventa materia ‘nostra’ per gli atti che compiamo su essa e con essa, … atti che crescono dalla furia, dalla dolcezza, dalla disperazione, motivati dal nostro essere vivi, da quello che sentiamo e vediamo”.

In una lettera a Giampiero Giani (1949), destinata a Raffaele Carrieri, Fontana afferma che “dall’Uomo nero, 1929, il problema di fare dell’arte istintivamente si chiarisce in me, né pittura né scultura, non linee delimitate nello spazio, ma continuità dello spazio nella materia. Perciò niente M. Rosso ma piuttosto dinamismo plastico di Boccioni – perciò macchie assolute di colore sulle forme per abolire il senso di staticità della materia, niente di concluso in quel senso, ma preparazione a capire – Astrattismo, 1934, né Brancusi, né Arp né Vantongerloo, niente volumi ma profili nello spazio (non forme statiche), sacrificio di creazione, via chiusa, mancanza del mezzo per arrivare ad una nuova espressione d’art”.