Francesco Liggieri – Volevo fare l’astronauta

Informazioni Evento

Luogo
BASEMENT PROJECT ROOM
Via Tommaso D'Aquino 26 (04022), Fondi, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

mercoledì - sabato 16.00 - 20.00 e su appuntamento

Vernissage
18/03/2018

ore 18,30

Artisti
Francesco Liggieri
Curatori
Alessandro Di Gregorio
Generi
arte contemporanea, personale

La mostra, a cura di Alessandro Di Gregorio, presenta una selezione di lavori degli ultimi anni in cui piccoli uomini desiderosi procedono arditamente nella propria esistenza senza dispersioni e senza voler misurare il proprio tempo.

Comunicato stampa

Nella cornice di una barba niente pretenziosa e armato di una ironica compostezza, Francesco Liggieri presenta figure calme e serene, piccoli uomini desiderosi che procedono arditamente nella propria vita senza dispersioni e senza voler misurare il proprio tempo.
Accanto al colore c’è il disegno che segna contorni di oggetti e figure: l’appiattimento del fondo che non presenta soluzione di continuità, costituito dalla mancanza di prospettiva, è attutito da un senso di relativa profondità dalle figure trattate in termini abbastanza realistici che diventano consistenti e materiali, contingenti e mutabili nello studio in digitale e, in definitiva, come permanenti, nella trasformazione compiuta sul supporto pittorico.
Tutto sembra governato dalle leggi dell’affettività: lo spazio ed il tempo, sospesi anch’essi, sono irreali. Che cos’ha di speciale il blu, l’azzurro, per essere usato in maniera così dominante? È la maestosità del mistero, è una malinconica profondità: è il tipico colore del cielo, e la sensazione che crea è di riposo. Il chiaro di luna, l’acqua. Il più antico dei colori sintetici, venerato nel Medioevo come simbolo della purezza divina.
Dal figurativo all’astratto, le vivaci composizioni presenti in mostra colpiscono per il loro gioco di colori e contrasti, lo sfruttamento di strategie decorative e l’economia dei mezzi. Di piccole dimensioni e di medio formato, la scala dei lavori cresce insieme alle ambizioni di un bambino che vuole fare l’astronauta. La mostra è stata animata da questa volontà di conservazione del desiderio per non tradire il bambino che è vivo in ognuno di noi: ogni lavoro, difatti, offre una considerazione di ritagli personali, famigliari, associativi.
Ogni bambino ha voluto almeno una volta fare l’astronauta nella sua vita.
C’è qualcosa, in questa volontà e nella parola desiderio, che si emancipa da una serie di matrici che questa parola ha storicamente: in fondo, quando si usa questa parola bisognerebbe reagire ad una tendenza che è stata quella di schiacciare il termine desiderio sul termine dell’istintualità, del bisogno primario o anche della dimensione della pulsione. Problematizzando questo schiacciamento e questa identificazione, il desiderio non è istintuale, non è il desiderio primario, non è la pulsione, ma è qualcosa che caratterizza in modo assolutamente specifico l’essere dell’uomo. Tuttavia, il desiderio sarebbe non tanto l’elemento caotico, capriccioso, instabile che caratterizza l’esistenza, ma sarebbe piuttosto l’elemento ordinatore dell’esistenza, una “vocazione” che orienta, guida, struttura l’esistenza la cui matrice è indubbiamente infantile. Il desiderio non è il turacciolo sulle onde, ma è ciò che imprime un orientamento all’esistenza umana, da cui scaturisce la felicità se si rimane fedeli a questa vocazione, al costo di generare una vita capace di dare frutti. Lì dove si è in grado di percepire ed ascoltare questa chiamata del desiderio, non bisogna che sia né disciplinata né cavalcata, ma solamente assecondata. In questo senso, il desiderio di Francesco Liggieri è l’alternativa etica al capriccio, è la responsabilità di non sottrarsi a questa vocazione che sopravanza ma di affidarsi quasi totalmente alla propria chiamata, che non è un gesto che si fa una volta per tutte, ma che va rinnovato costantemente sotto il segno della fedeltà che è l’unico criterio di felicità possibile su questa terra.
Al di là di ogni scelta formale, ciò che conta davvero è l’ambizione che ogni bambino si prefigge di avere: il desiderio di liberarsi di ogni retaggio, di sfidarsi, di andare oltre e fluttuare nell’assenza di gravità a cui la vita ci sottopone giorno dopo giorno.
Guardare gli occhi di un bambino che vuole fare l’astronauta, ci permette di dilatare l’orizzonte del tempo - inteso come tempo spazializzato -, di cedere alla sua vocazione, vera o presunta che sia: rinunciando ad ascoltare la chiamata del proprio desiderio, tradendola e sottraendosi, in qualche modo si fa ammalare la propria vita.