Francesco Proia – Cani e Porci
Artista e architetto, Proia realizza quadri-architetture connotati da una spiccata tensione alla tridimensionalità. Una vocazione per l’occupazione dello spazio capace di trasformarli, nelle loro versioni più elaborate, in quegli ironici, raffinati teatrini o altarini che, nel tempo, hanno raccolto attorno alla figura dello schivo artista romano un gruppo di appassionati cultori in impaziente attesa delle sue rare occasioni espositive.
Comunicato stampa
Nell’ambito della settima edizione della Giornata del Contemporaneo – iniziativa promossa annualmente dall’AMACI Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani – l’AOCF58 inaugura sabato 8 ottobre “Cani e Porci”, una mostra che presenta il lavoro più recente di Francesco Proia.
Artista e architetto – ma sarebbe forse più calzante la qualifica di artista-architetto – Proia si è fatto apprezzare da uno scelto pubblico di appassionati d’arte contemporanea per lavori che, sebbene non dipinti, rientrano nella tipologia del quadro: quadri-architetture connotati da una spiccata tensione alla tridimensionalità. Una vocazione per l’occupazione dello spazio capace di trasformarli, nelle loro versioni più elaborate, in quegli ironici, raffinati teatrini o altarini che nel tempo hanno raccolto attorno alla figura dello schivo artista romano un gruppo di affezionati cultori in impaziente attesa delle sue rare occasioni espositive. A voler essere precisi su questo punto, dovremmo parlare di un lasso di tempo di circa un lustro tra una mostra e l’altra perché l’aspirazione alla perfezione non conosce fretta e Proia è un artista prezioso anche per via del suo maniacale perfezionismo.
L’ultimo capitolo di una ricerca quarantennale che, dalla metà degli anni ’80, procede preferibilmente per cicli, si chiama Cani e Porci: una serie di diciassette lavori del tutto inediti visibili sino al 28 ottobre negli spazi espositivi della AOCF58, storica galleria romana collocata all’interno di quell’angolo della capitale appartato e ricco di suggestioni che è il Borghetto Flaminio.
Nelle eleganti invenzioni create attorno ai protagonisti del ciclo – tredici cagnolini di plastica contrapposti a sedici rosei porcellini – ritornano gli atteggiamenti e le peculiarità che sono il marchio di fabbrica di ogni opera licenziata dall’archiartista. Lo spunto ispiratore nasce sempre dall’incontro con un oggetto seriale, un’icona, bi o tridimensionale, della cultura popolare o della produzione di massa. In passato l’innamoramento visivo è spesso scattato per le immagini della tradizionale devozione popolare: santini, madonne, statuine del presepe. Questa volta la funzione di innesco del processo creativo è toccata a un cagnolino di plastica, il primo di una piccola collezione. E siccome nell’arte di Francesco Proia il gioco delle parole non si limita a commentare attraverso titoli arguti quello delle immagini, ma invade a pieno titolo e talvolta indirizza la fase ideativa, alla raccolta dei cani è inevitabilmente seguita quella dei porci.
Una volta catturate, le fonti della sua ispirazione diventano il fulcro di un’operazione progettuale il cui scopo primario è quello della loro reinvenzione, una sorta di addomesticamento ottico e geometrico dell’immagine ottenuto attraverso l’impiego del rigoroso metodo compositivo proprio del disegno architettonico. Dalla progettazione architettonica Proia desume anche i materiali che, con sfrenata immaginazione, utilizza per creare gli alloggi dei suoi tesori seriali: il plexiglass, il legno, le carte e i cartoni, gli elementi luce con i loro interruttori, la piccola metallurgia rintracciata nelle frequenti incursioni presso il negozio del ferramenta. Le connotazioni popolari, talvolta ai limiti del kitch, che in partenza caratterizzano le predilette iconografie popolari decantano all’interno di assetti geometrici governati dalle regole della simmetria. Il gioco sapiente degli accostamenti impervi alla fine genera eleganza, limpidi spazi riscaldati da particolari festosi come le onnipresenti lucine degli addobbi natalizi che – scrive Francesco Bortolini – rappresentano la punteggiatura del suo discorso artistico, la sutura degli eterogenei e solo in apparenza incongrui elementi con cui costruisce il suo lavoro.
Artista delle dissonanze condotte ad armonia, Francesco Proia sa dosare alla perfezione gli ingredienti della sua arte di fusione, felicemente sospesa tra spirito pop e rigore razionalista. Non manca una spruzzata di magia: basta accendere l’interruttore e l’effetto è lo stesso della festa di luci natalizie che rapiscono gli occhi e ti fanno tornare bambino.
Francesco Proia è nato a Roma nel 1953. Ha iniziato a dipingere all’età di sedici anni. Si è laureato in Architettura. Durante gli anni della formazione universitaria ha frequentato assiduamente lo studio di Maria Lai, artista che ha ispirato il suo passaggio dalla pittura a composizioni in cui i materiali più disparati sono assemblati secondo le regole della progettazione architettonica.