Franco Nardi – Iron wood paper and soccer ball
Per creare le sue opere Franco Nardi, utilizza elementi naturali o oggetti abbandonati di uso comune i materiali sono i più disparati come ad esempio: plastica, carta, cartone, metallo o legno, questi materiali vengono assemblati o sezionati, l’artista dà vita a forme diverse, regolari ed irregolari.
Comunicato stampa
Franco Nardi è nato nel ’74, per la prima volta espone a Milano dove vive e lavora.
Per creare le sue opere Franco Nardi, utilizza elementi naturali o oggetti abbandonati di uso comune i materiali sono i più disparati come ad esempio: plastica, carta, cartone, metallo o legno, questi materiali vengono assemblati o sezionati, l’artista dà vita a forme diverse, regolari ed irregolari.
A questi oggetti Nardi dà un nuovo valore del tutto personale, dato da un processo manuale che è dettato dall’istinto, dalla voglia di comporre e di distruggere per dare nuova vita a ciò che può essere considerato morto e inutile.
L’ossessione dell’artista per il cambiamento della forma e del significato dell’oggetto è appagata dall’oggetto stesso modificato, questo diventa un feticcio, esso rappresenta la speranza dell’artista per il futuro, la voglia di dinamicità rispetto a una situazione statica, la rinascita quindi è il fulcro del suo lavoro, l’elemento che dà l’input a questo processo di costruzione e distruzione.
Franco Nardi volontariamente o involontariamente indaga sulla vita stessa, sulla sua temporaneità che cambia con lo scorrere del tempo e che è comunque destinata a concludersi, la speranza dell’artista è che ci possa essere una nuova esistenza oltre alla vita, la materia è semplicemente l’involucro della vitalità.
Nardi mette in luce dinamiche creative molto semplici, vicine a quelli che generalmente hanno i bambini, dagli oggetti insignificanti si può vedere un qualcosa di nuovo, qualcosa di irreale, dei pezzi di carta straccia diventano una forma geometrica circolare un tronco di legno, diventa una scala, un pallone da calcio diventa alveare o un cumulo di pezzi di legno diventano una montagna.
Le opere saranno esposte senza supporti o basi, queste sembreranno parte dello spazio non verrano quindi volontariamente valorizzate per esaltare l’azione e non la materia, in alcuni casi verranno esposte solo le foto di oggetti che hanno subito queste modifiche.
Franco Nardi was born in 1974. This is his first exhibit in Milan, city where he lives and works.
In order to give life to his works, Franco Nardi makes use of either natural elements or everyday abandoned objects characterized by the most varied materials, such as: plastic, paper, cardboard, metal or wood. These materials are either assembled or partitioned to allow the artist to give life to diverse, regular and irregular shapes. Nardi attaches a completely personal value to these objects, result of a manual process, which follows his instinct, his desire to assemble and destroy, in order to give new life to what might appear as dead and useless. The artist’s obsession given by the object constant change of shape and meaning is fulfilled by the modified object itself; it turns into a fetish object, it represents the artist’s hope for the future, the desire of dynamism instead of a static nature. The concept of renaissance is, therefore, the cornerstone of his work, the element that sets this process of construction and destruction in motion. Franco Nardi voluntarily or involuntarily investigates on life, on its provisional nature that changes with the passage of time, and on the fact that it is, anyway, destined to come to an end. The artist hopes for a new existence beyond life; the matter constitutes the mere shell of vitality. Nardi highlights very simple creative dynamics, close to those who generally characterize children. Meaningless objects can reveal something new, something unreal; pieces of scrap paper turn into a circular geometrical shape, a wood trunk, a stair, a soccer ball turns into a beehive or a pile of wood turns into a mountain. The works will be put on display without any support or base. They will appear as part of the surrounding space, and they will not be voluntary enhanced to exalt the action rather than the matter. In certain cases, only the pictures of objects that underwent these changes will be put on display.
TESTO CRITICO di Pietro Di Lecce
I lavori di Franco Nardi nascono da due movimenti contrapposti dell’animo: da un lato l’impulso violento nel distruggere e nel negare, dall’altro la suggestione nel ricomporre e costruire. Gli elementi naturali, gli oggetti abbandonati e i materiali d’uso comune, come carta, cartone, metallo, legno e plastica, sono i protagonisti delle dinamiche emozionali dell’artista. Lo stato d’animo si materializza nelle forme più disparate, da quella geometrica regolare a quella più irregolare, in alcuni casi le forme prodotte sono simili a paesaggi, a montagne ferme nel tempo, distanti dalle dinamiche naturali; chi domina il movimento, l’attore, è l’artista; il fulcro dell’agire nasce dal sentimento e dalla passione. Franco Nardi trova una nuova identità negli oggetti privi di valore e privi di un utilizzo specifico, egli trova una forma che si plasma secondo l’energia trasmessa dall’artista alla materia, dà un senso a ciò che viene considerato inutile, dà vita a ciò che è morte. Al di là dalla materia l’artista riscopre una nuova realtà. L’atto di scomporre e ricostruire conferisce all’oggetto una dimensione rigenerata, preziosa, eppure priva di un uso specifico; smontare, sminuzzare o strappare non significa annichilire, come se non fosse mai esistito, ma la pulizia da quella forma e da quella funzione idealizzata a uso comune, per vedere la cosa da un punto di vista ulteriore. L’azione temporale dell’artista appare del tutto interiore, il risultato dell’opera si ritrova nel movimento scandito da gesti di riformulazione e di nuova codificazione dell’oggetto, dove l’istinto predomina sulla ragione.Nardi seleziona la materia secondo una gestualità istintiva, scaturendone però una sorta di circuitazione nella scelta, secondo prassi prestabilite. Il suo operare nell’oggetto diventa quasi un rito, la modifica della forma diventa un’immanenza esistenziale. Trascende, invece, la forma dell’oggetto che, manipolato, assume altri significati. L’ossessione dell’artista per il cambiamento della forma della materia e del suo non “più utilizzo specifico” è appagata dall’oggetto stesso, che diventa feticcio, reificazione della speranza. È importante analizzare il percorso di ricomposizione e distruzione della materia per capire non solo le emozioni dell’artista, ma anche la transitorietà dell’esistenza cui allude Nardi, il trasmutarsi delle cose con lo scorrere del tempo e che ha un termine. La materia è l’involucro semplice della vitalità, la morte è un processo che è parte della vita. Resta tuttavia la speranza che possa esserci una nuova esistenza.. Altro tema affrontato dall’artista è la mancanza di rispetto che ha l’uomo nei confronti della natura, considerata soprattutto come una risorsa da sfruttare. La natura dovrebbe vedersi come una madre, la creatrice di tutto, compresa la specie umana. È un gesto di civiltà il recupero di questo rapporto primordiale. Franco Nardi dà nuova vita a oggetti inutili destinati a divenire semplici rifiuti, l’esperimento della creazione artistica può essere commisurato alla vita umana destinata a consumarsi, la speranza si trova nel desiderio di lasciare tracce fatte di un sentimento unico nel suo genere, generoso nei confronti dell’umanità stessa, che solo pochi artisti coltivano e che s’innalza sopra la morte.
Ricordiamo l’opera, bbb (balbettio), costituita da un tronco d’albero che l’artista ha frazionato in segmenti uguali tra loro che ha poi riassemblato in modo sfalsato l’uno rispetto all’altro per ricomporre il ramo. Nardi ricerca una natura lontana, una natura negata, evocandone la memoria tramite una balbettante ricostruzione dell’elemento originario. Il lavoro Krtrch nasce dalla raccolta e dall’accumulazione di frammenti di corteccia che gli alberi rilasciano sul terreno nel periodo della muta primaverile; l’opera, inoltre, è costituita da scorie. I frammenti di corteccia sono stati assemblati a uno a uno per ricomporre il tronco dell’albero, che però risulta vuoto, privo di sostanza, senza vita. Solo la “pelle” definisce la forma dell’oggetto. L’opera diviene, quindi, costruzione di un fantasma: il parvente rimanda a qualcosa che non esiste, quindi non più all’albero ma alla sua memoria impalpabile. L’opera zzz è costituita da un pallone da calcio disfatto, svuotato della camera d’aria e ricucito a formare una sorta di alveare. È un’evocazione della natura come magnifica macchina costruttrice e l’alveare costituisce un perfetto esempio di operosità e organizzazione sociale, dove ogni insetto svolge un ruolo ben preciso e fondamentale all’interno di una logica unitaria. L’opera Rosone è costituita da molteplici fogli di carta bianchi (in formato A4), questi sono stati strappati, ridotti in frammenti e incollati in una spirale circolare che li configura unitariamente in un grande foglio rotondo, l’opera, retroilluminata da un neon, allude agli splendidi rosoni delle basiliche cristiane. L’opera Dall’aldilà consiste in un asse di legno lungo circa un metro (un prodotto quindi già trasformato dai processi industriali) scolpito, scavato, smussato e ridotto a metà della propria massa corporea. Questo procedimento artistico ha lo scopo di restituire l’organicità formale della quale era stato privato. I residui della lavorazione (i trucioli di legno) sono stati recuperati e bruciati fino a ottenere della cenere, che a sua volta è stata impiegata per realizzare un colore a olio con il quale è stata interamente dipinta la scultura. In questo caso, è stato negato lo stato di fatto del corpo dal quale si recupera l’anima, intesa come memoria iconografica della sua naturalità. Inoltre, è fondamentale per Nardi che la materia tolta all’oggetto durante la fase di lavorazione non sia dispersa ma, al contrario, trasformata e ri-inglobata nel legno, colorando la scultura di quel nero cenere che la configura non più come “corpo”, ma come “ombra. L’opera Studio per una resurrezione è costituita da una foglia di tiglio, essa è raccolta e ridotta con le forbici in piccoli e molteplici quadratini, incollati l’uno all’altro sino a formare un quadrato, una forma geometrica semplice. In tal caso l’elemento naturale subisce un processo di astrazione, passa dalla sfera del naturale a quella mentale, razionale, della geometria pura. Si punta il dito su quella spaccatura filosofica che identifica l’uomo come essere posto al di sopra della natura. L’opera L’immortale è formata da una massa informe di poliuretano espanso, con la funzione di contenere e inglobare una barra di ferro, dopo mesi la massa schiumosa è stata in parte distrutta dall’artista, che ne ha estratto il pezzo di ferro. L’interesse cade sul fatto che della barra inglobata nella schiuma resta solo la traccia ferrosa, l’impronta scura lasciata sul poliuretano; il rimando va alle impronte lasciate dai fossili sulle rocce, i vari strati geologici costruiti dal tempo e segnati dalle storie di arcaiche forme di vita. L’opera Studio per un atto cannibale è rappresentata da un asse di legno lungo centoventi centimetri scavato nella “pancia”. I residui, o meglio, le schegge di legno prodotte sono state tritate e ridotte in segatura; la miscela di segatura unita al cemento crea una pasta di legno densa che è stata applicata sulla sommità dell’asse, in continuità con la sua forma quadrangolare. Il risultato consiste nel fatto che la materia tolta nella zona centrale viene spostata sulla parte superiore dell’asse, aumentandone l’altezza. Crescere consumando se stessi, andare avanti ad ogni costo compromettendo la propria integrità corporea, ecco, questo è il senso del lavoro inquadrato dall’ottica del rapporto fra noi e il “visibile” che ci circonda. L’opera Per quanto lontani… sarai sempre parte di me… consiste in un asse di legno in parte scavato, lungo 150 centimetri, scalpellato e frantumato fino a formarne due spezzoni separati. Tutti i residui prodotti sono stati riutilizzati e incollati l’uno all’altro per creare una molteplicità di filamenti, che intrecciandosi tra loro formano linee che fendono lo spazio e finalmente ricongiungono le due parti restanti dell’asse originario, ricostruendo in una nuova forma l’unità perduta.
Pietro Di Lecce
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