Fred Charap – Muri sospesi
Cadeau di Man Ray è uno dei primi oggetti dadaisti realizzati, un ferro da stiro al quale sono applicati 14 chiodi che ne modificano la funzione per la quale era stato costruito, facendolo diventare una opera d’arte. Con le dovute differenze, l’operazione che ho compiuto nell’allestire i muri di Charap, è irriverentemente analoga.
Comunicato stampa
Fred Charap, Muri sospesi
Fondazione Sensus Firenze
Cadeau di Man Ray è uno dei primi oggetti dadaisti realizzati, un ferro da stiro al quale sono applicati 14 chiodi che ne modificano la funzione per la quale era stato costruito, facendolo diventare una opera d'arte.
Con le dovute differenze, l'operazione che ho compiuto nell'allestire i muri di Charap, è irriverentemente analoga.
La pesantezza dei manufatti artistici nella sembianza di pesanti e arcaici muri viene ribaltata con la semplice trovata di staccarli dal suolo, privandoli così della inerzia gravitazionale loro propria.
Realmente questi muri si espandono in verticale come volessero costruire delle torri di vedetta, come volessero, babilonicamente, aspirare all'altezza verso il firmamento.
Chi osserva questi muri non si trova impedito nel suo andare in avanti, non trova una barriera che impedisca il valicare una frontiera, di superare un confine, ma trova il suggerimento di guardare in alto, di dirigere il suo pensiero verso il cielo e sopratutto verso le stelle che della lontananza amplificano la prospettiva.
Nessun orizzonte è precluso, se si desidera non cogliere il suggerimento implicito nelle porzioni di muro che costituiscono le snelle superfici di Charap, di meditare sulle altezze, si potrà facilmente aggirarle.
Prima di farlo, però, sarà necessario concentrarsi su queste superfici, notare come queste siano posizionate sulle linee architettoniche dello spazio che le ospita, continuandole, modificandone la spazialità o chiudendole ricavandone spazi conclusi o ancora edificandone di nuovi. Quadri scultura usati per edificare nuovi spazi.
Le superfici di questi muri che spesso hanno un fronte ed un retro, ma non uno spessore, sono trattate come fossero un conglomerato di materia, partecipe di elementi atmosferici che ne segnano, con l'aiuto del trascorrere del tempo, le strutture. Si tratta di apporti, sedimenti, concrezioni che rimandano ai due diversi tempi che le percorrono: quello della creazione artistica con i suoi specifici passaggi di trasformazione dovuti alle tecniche usate, il tempo necessario affinché i colori ad olio si secchino o si asciughino parzialmente per poter intervenire con strati successivi che non cedano reciprocamente parte della loro materia, come le velature dei pittori rinascimentali. Ed il secondo è il tempo descritto dalla narrazione e dalla rappresentazione.
Quando il tempo è rispettato i materiali molteplici usati si uniscono per fare parte di una unica composizione, simile ad un magna che si solidifichi. Quando le colle, i cotoni di vario spessore, le iute diverse, gli spaghi, semplici od annodati, con parvenza di vecchi rampicanti rappresi i primi e di recinzioni spinate i secondi, si saranno acclimatati, le vernici ad olio diversamente diluite avranno assunto la loro consistenza finale, allora dei due tempi, ne rimarrà uno soltanto, quello dell'opera finita, partecipe di entrambi.
... “E intanto fugge questo reo tempo e van con lui le torme delle cure onde meco egli si strugge”...
Questi pochi versi di un sonetto del Foscolo riaffiorano dal mio passato di studente, suggeriti delle opere di Fred Charap, depositi complessi di memoria e sedimenti della storia sia personale sia universale.
Claudio Cosma
Firenze 20 aprile 2016