From my point of view
Metronom inaugura la nuova sede espositiva con la mostra collettiva From My Point of View, che presenta opere di Olaf Breuning, Kenta Cobayashi, Mark Dorf e Thomas Kuijpers.
Comunicato stampa
Il 24 febbraio 2018 alle 18.00 Metronom inaugura la nuova sede espositiva con la mostra collettiva From My Point of View, che presenta opere di Olaf Breuning, Kenta Cobayashi, Mark Dorf e Thomas Kuijpers.
From my point of view propone le ricerche di quattro artisti che in modi differenti riflettono ed esplorano le possibilità per l’artista contemporaneo di interpretare il proprio ‘ruolo’.
Irriverente e ironico, Olaf Breuning non rende le cose semplici né per se stesso né per lo spettatore: l’iconica figura di artista che ritrae, in sella a un cavallo, lancia dal proprio pennello una pioggia di oggetti e parole a una piccola massa adorante e in attesa: l’arte che ‘Monkey Can Do It’ che tutti presumono di poter fare. Quali sono le competenze che sono richieste all’artista oggi? Quali sono gli strumenti che ha a disposizione per dialogare con spettatori e pubblico e quali sono i punti di riferimento? ‘Sfortunatamente o no, sono nel mondo dell’arte- e questo mi rende nervoso. Ma invece che per un ristretto gruppo di studenti, preferisco produrre arte per più persone possibile’ ci dice Breuning indicando un personale e lucido approccio.
Thomas Kuijpers con una salda presa sull’attualità costruisce la personalità artistica di Donald Trump con la serie One Year: quale sarebbe stato il risultato se Trump, invece di diventare presidente degli Stati Uniti, fosse stato un artista? Dedizione all’autoritratto – a trillion self portraits (all good), dipinti della casa natale, della ‘casa’ attuale (la Trump Tower) e una verbosità da comunicatore inarrestabile nella installazione ‘love hate’ : 34 microfoni per un unico piedistallo. ‘Alcune voci sono più forti di altre, ma non c’è ragione di pensare che una sia più vera di un’altra?’ Attraverso finzione, manipolazione e ricontestualizzazione, Kuijpers sceglie la strada impervia di definizione e messa in discussione della ‘verità’.
La definizione dell’arte passa – anche – attraverso la definizione di una nuova estetica: Mark Dorf con la serie Transposition porta i processi di ibridazione a un livello generale: sono le categorie generalmente accettate e comprese come in opposizione – paesaggio naturale / paesaggio urbano, fisico / digitale – che mette alla prova. Le sue opere uniscono quindi il paesaggio – artificioso e artificiale, bidimensionale – con l’elemento scultoreo e fisico: legno, acqua, vetro, cemento sono elementi che si mescolano, mettendo in luce le reciproche influenze, connessioni e potenzialità, piuttosto che opposizioni.
Kenta Cobayashi si lascia trasportare da un flusso tecnologico che sembra casualmente bloccarsi in immagini fisse; questo flusso che appare tendere alla dissolvenza, in realtà è frutto di una personale ricerca estetica. La ‘mano’ dell’artista si rivela nel gioco di accostamenti e giustapposizioni che nulla hanno di casuale, quanto l’obiettivo di mettere in atto una sintesi tra fisico e digitale. Una sintesi che si afferma nel dare origine a distorsioni pixelate o zone di ‘errore’ create ad arte, appunto, a mimare la velocità della trasmissione di dati attraverso la rete, una processualità che diventa forma.