Future Landscape II fase
Nello straordinario comprensorio di Forte Marghera nel comune di Venezia, in una grande area verde compresa fra l’area industriale, la città nuova e laguna, si inaugura la seconda parte della mostra Future, Landscape. A changing exhibition.
Comunicato stampa
Nello straordinario comprensorio di Forte Marghera nel comune di Venezia, in una grande area verde compresa fra l’area industriale, la città nuova e laguna, il 20 luglio si inaugura la seconda parte della mostra Future, Landscape. A changing exhibition. Tenendo fede alla concezione di una mostra che si fa essa stessa luogo della trasformazione e della modificazione, nuove opere proveranno a declinare la complessità e la ricchezza di un senso tutto contemporaneo del paesaggio. Una tematica che di per se stessa sembra prestarsi ad un aggiornamento continuo. La tranquilla e apparentemente immutabile serenità del paesaggio padano è stata sconvolta da un ordine/disordine della Terra che sembrava estraneo a queste latitudini. L’abitare dell’uomo, nella consuetudine occidentale ed europea, sembra fidarsi e basarsi sulla apparente immobilità delle cose, alle quali è affidato il senso di una continuità che si fa storia, sedimentazione, quotidianità. Ma a ben guardare altri epifenomeni meno eclatanti, meno devastanti di un terremoto, segnano comunque il processo di modificazione incessante a cui è sottoposto l’ambiente che ci circonda. I segni dell’abbandono di aree ex qualcosa (industriali, militari, turistiche) indicano la crisi di vocazioni funzionali che sembravano non dover venir meno, e sono invece le concrete testimonianze di una condizione che sta mutando. Solo la percezione distratta che abbiamo del tempo non ci fa cogliere a pieno quel che accade comunque sotto i nostri occhi.
Ogni paesaggio in qualche modo ha qualcosa di stupefacente, come se la sua consuetudine faccia presagire qualcosa che consueto non è. Nei ricordi che abbiamo di dipinti antichi di selve e boschi, quelle scene sembravano predisposte perché qualcosa vi accadesse, come poteva essere l’apparizione subitanea di una ninfa. Ora non si tratta più, o solo marginalmente, di selve o boschi, piuttosto di aree urbane, di un ibrido flettersi del costruito verso il naturale che rende i nostri luoghi indecisi fra l’oggi e il non ancora. Vi è dell’utopia nel senso stesso del paesaggio, in fondo mostrando e indicando ciò che ci circonda si accenna ad un altrove. Come in un luogo di rovine ex-militari dove delle opere e dei visitatori si danno un nuovo appuntamento.
Al primo atto di Future Landscape hanno preso parte opere di Bruno Estevan, Cristian Chironi, Marco Citron, Roberta Franchetto, Antonio Guiotto, Tiziano Martini, Dacia Manto, Paolo Parisi, Andreea Werner, Jonathan Vivacqua, Studiomobile, molte delle quali verranno nuovamente esposte in un sito ex-industriale a Taibon Agordino per Dolomiti Contemporanee dal 4 agosto.
Al secondo atto di Future, Landscape a Forte Marghera prenderanno parte paesaggi di grandi dimensioni disegnati a matita con una perizia che li fa sembrare delle fotografie (Serse, Italia); scene urbane dipinte con lo spray da una coppia di artisti writers fra i più importanti in Italia (Cuoghi Corsello, Italia), l’ambiente devastato dall’estrazione del petrolio nel sud dell’Albania (Eltjon Valle, Albania), gli incubi edilizi dei falansteri giganteschi nelle periferie urbane (Dritan Hyska, Albania).
Opere, queste, già presenti nella prima fase della mostra e che conviveranno, dal 20 luglio al 31 agosto, con le nuove proposte: paesaggi sospesi in una psichedelica visione onirica (Bianco-Valente, Italia), la residuale luminosità di foreste notturne (Michal Martychowiec, Polonia), la narrazione della Terra come un organismo vivente osservata mentre la si sorvola (Italo Zuffi, Italia), l’inquietante ‘normalità’ della vita quotidiana in un paese emiliano poco prima del terremoto (Kai Uwe Schulte-Bunert, Germania), la potenza attrattiva del vuoto (Mario Sillani Djerrahian, Armenia-Italia), la dimensione temporale e soggettiva necessaria per riflettere e riflettersi (Anita Sieff, Italia)
Nutrita anche la presenza di opere che oscillano fra l’arte, lo spazio, l’architettura mettendo in gioco il riciclo di materiali comuni per elaborare nuovi circuiti fra funzionalità e disfunzionalità (Alex Bellan, Italia), il riadattamento di materiali per una nuova modalità dell’abitare futuribile (Aristide Antonas, Grecia), la sospensione e l’esilità del costruire a contatto con gli elementi naturali (Loris Cecchini, Italia), la precarietà di un angolo di baraccopoli su qui batte la pioggia (Roberto De Pol, Italia), una visione che da un garage si spalanca sul mare aperto (Giovanni Ozzola, Italia).
Completano l’esposizione artisti della prima fase che rinnoveranno la loro presenza con altre ibridazioni fra artista/performer e paesaggio (Giovanni Morbin, Italia), con algide registrazioni nella quali cieli infiniti si specchiano su supporti tecnologici high tech (Pavel Mrkus, Repubblica Ceca), il germogliare di vegetazione su rappresentazioni geografiche (Paolo Parisi, Italia).