G. Roland Biermann – Ophelia
Il titolo, Ophelia, è stato scelto dall’artista per caricare le proprie immagini d’ulteriori suggestioni simboliche che apparentemente sembrano non manifestare.
Comunicato stampa
Un oggetto di plastica, accartocciato, che galleggia o si lascia affondare sulla superficie di uno specchio d'acqua su cui si riflettono i rami di alberi nei pressi.
Un'immagine che rappresenta un legame impossibile, per la materia stessa di cui sono costituiti gli elementi coinvolti, liquidi o solidi.
Se quell'oggetto di plastica fosse un fiore, naturale, assimilerebbe sempre più acqua fino a disciogliersi completamente. Ma quell'oggetto, che pure appare come un fiore, è stato plasmato dall'uomo, artificialmente, e mai potrà legarsi alla materia naturale che lo circonda (o che appare tale).
Il legame esteriore, estetico, che si instaura tra le parti - la plastica è l'unico elemento dai vividi colori nel contesto di una sbiadita, terrea colorazione naturale - resta dunque l'unica forma di relazione possibile.
L'artista esalta allora questo connubio costruendo una immagine in cui ogni elemento, compreso il titolo, rimanda a qualcosa d'altro, il naturale all'artificiale e l'artificiale al naturale: la plastica crea l'immagine di un fiore così come i riflessi degli alberi sull'acqua rimandano ad una superficie di un liquido inquinante (l'artista usa in realtà proprio dei liquidi inquinanti, che il colore e il riflesso degli alberi fanno interpretare come soggetti naturali).
Il titolo, Ophelia, è stato scelto dall'artista per caricare le proprie immagini d'ulteriori suggestioni simboliche che apparentemente sembrano non manifestare.
L'eroina shakespeariana dell'Amleto è la metafora del legame impossibile, per propria stessa natura, combattuta com'è tra l'amore per il principe e i doveri di obbedienza verso il padre che la sua educazione le impone.
Ma Ophelia è anche un soggetto molto amato dai pittori romantici e preraffaelliti. John Everett Millais la dipinge in un celebre quadro che è tra i più famosi della Tate Gallery: la giovane donna è ritratta mentre si lascia coscientemente affogare, abbandonando lentamente il proprio corpo alla superficie dell'acqua. Il suo viso, bellissimo, e la sua veste, preziosa, appaiono come "fiori" tra i fiori veri che circondano il ruscello in cui la giovane è immersa.
Nelle fotografie di Biermann, la Ophelia shakespeariana non appare, ma la sua presenza è evidente: è un ricordo, una suggestione, che basta citare, perché affiori alla mente degli osservatori l'immagine di un legame impossibile e destinato a fallire. Ciò che è umano resterà umano, ciò che è naturale resterà tale. Da Shakespeare a Millais, a Biermann, vi è un filo conduttore che ci racconta di come ciò che è frutto dell'agire dell'uomo a volte si spinge troppo oltre perché possa considerasi parte dell'ordine naturale delle cose. Biermann ce lo racconta non con la poesia, non con la pittura, ma con immagini fotografiche che riproducono forme e colori di ascendenza Pop.
A Capri questo progetto sembra caricarsi di un ulteriore significato, mostrato in un luogo dove la Natura, che per secoli è vissuta in armonia con ciò che qui è stato prodotto da coloro che vi hanno abitato, oggi corre il rischio di essere schiacciata dalle esigenze del turismo e dalle mode internazionali che conducono sull'isola oggetti e modelli di vita che non sono nati qui e non appartengono a questi luoghi. In questa mostra di Capri, così, diventa tanto più urgente sottolineare il fatto che i sacchetti di plastica sono in realtà fotografati in un vassoio con olio motore. L'artista utilizza questo tipo di olio come simbolo di mobilità (che implica diffusione e mutazione) e le buste di plastica come simbolo della società del consumo.
Marco Izzolino
English
A plastic object, crumpled, floats or subsides on the surface of the water in the vicinity where the branches of trees are reflected.
An image that represents an impossible bond, due to the very substance of what these elements involve, such as liquids or solids, are constituted.
If that object were a plastic flower, it would naturally assimilate more and more water before dissolving completely. But that object, even though it looks like a flower, has been shaped by man, artificially, and will never be able to bind to the natural material that surrounds it (or it seems so).
The plastic is the only element with vivid colours are in a faded, earthy, natural context; this exterior connection, an aesthetic one, established between the parties, thus, remains the only possible form of a relationship.
The artist, then, intensifies this bond, building an image by which each element, including the title, refers to something else, what is natural as to what is artificial, what is artificial as to what is natural: the plastic creates the image of a flower as well as the reflection of the trees on the water creates a surface of pollutant liquid; but the artist, actually, uses polluting liquids that we interpret as natural water because it reflects trees.
The title chosen by the artist, Ophelia, adds to the artworks a more symbolic suggestion not manifested in the image.
The Shakespearean heroine of Hamlet is the metaphor of that impossible bond, due to its very nature: she is caught between her love for the prince and the obedience of her duties to the father, dictated by her education.
But Ophelia is also a subject much loved by the romantic and pre-raphaelite painters. John Everett Millais paints her in a picture that is amongst the most famous of the Tate Gallery: a young woman is portrayed as she consciously allows herself to drown, abandoning her body slowly under the water's surface. Her face, beautiful, and her clothing, precious, appear as "flowers" in between the real flowers that surround the stream in which the girl is immersed.
In the photographs of Biermann, the Shakespearian Ophelia does not appear, but her presence is evident: it is a memory, a suggestion, that can just be mentioned, and the image of an impossible bind (destinated to fail) appears to the mind of the observer. What is human remains human, what it's nature will remain so. From Shakespeare to Millais, to Biermann, there is a thread that tells us that if human action sometimes goes too far, it can't be deemed part of the natural order of things. Biermann narrates it, not with poetry, not with paint, but with photographic images that reproduce shapes and colors of Pop inspiration.
In Capri, this project seems to be charged with a further meaning: shown in a place where nature (which for centuries has lived in harmony with what was produced by men who lived here) today runs the risk of being crushed by the demands of tourism and of international fashions; they bring to the island life-style and products not part of this place. In this exhibition in Capri, it becomes all the more urgent to emphasize the fact that plastic bags are actually photographed in a tray with engine oil. The artist uses this type of oil as a symbol of mobility (which implies diffusion and mutation) and the plastic bags as a symbol of our consumer society.
Marco Izzolino