Gabriella Ciancimino – La Stanza dello Scirocco
L’artista conduce da tempo un’indagine intorno alle dinamiche di adattamento, di interazione e di auto-organizzazione dei flussi migratori di esseri umani e piante che legge come fenomeni di modificazione del paesaggio in virtù del loro oltrepassare i confini territoriali dei luoghi. Il paesaggio al quale pensa è essenzialmente un “luogo” di riflessione, ma anche di salvaguardia della memoria storica e insieme di azione collettiva.
Comunicato stampa
Prometeogallery di Ida Pisani è lieta di presentare la prima mostra personale di Gabriella Ciancimino, dal titolo LA STANZA DELLO SCIROCCO (THE ROOM OF SIROCCO).
“I wish I could’ve been a bird, so I could have flown back and forth between here and there to be with everyone”*. Lo scriveva intorno al 1920 una donna del Sud Italia che frequentava i più radicali ambiti politici newyorkesi. Gabriella Ciancimino, siciliana, prende in prestito queste righe anonime per introdurci alla sua Stanza dello Scirocco.
L’architettura settecentesca annoverava in Sicilia, nelle dimore aristocratiche di campagna, dei confortevoli ambienti sotterranei, spesso decorati, che nei periodi estivi costituivano il più accogliente rifugio per sfuggire al caldo torrido portato dai venti di sud-est. Erano dette “camere dello scirocco”, ove la temperatura si abbassava grazie alle correnti di aria fresca che si generavano con lo scorrere dell’acqua, reso possibile dal sistema idraulico arabo dei qanat. Erano stanze che offrivano un refrigerio e che Ciancimino richiama oggi come metafora di una condizione di libertà.
L’artista conduce da tempo un’indagine intorno alle dinamiche di adattamento, di interazione e di auto-organizzazione dei flussi migratori di esseri umani e piante che legge come fenomeni di modificazione del paesaggio in virtù del loro oltrepassare i confini territoriali dei luoghi. Il paesaggio al quale pensa è essenzialmente un “luogo” di riflessione, ma anche di salvaguardia della memoria storica e insieme di azione collettiva.
Il suo lavoro ha avuto luogo in paesaggi differenti, il Marocco, la Sicilia, la Turchia e racconta di “coloro che vengono da lontano” e arrivano in quelle città portuali che lungo i secoli hanno mantenuto la funzione di gate d’ingresso per i flussi migratori. Ad affascinarla è l’atteggiamento libertario di uomini, donne e organismi vegetali, dei quali cerca di rintracciare quelle micro-storie che, nel passato come nel presente, si possano ricollegare alla grande storia della resistenza, storica per gli uni, biologica per gli altri.
A guidare questo nuovo progetto intervengono in particolare due input, il concetto di “ecologia sociale” formulato da Murray Bookchin nei primi anni settanta e perfezionato nei decenni successivi con progressivi sviluppi, e lo specifico concetto di “furor” che Giordano Bruno teorizza nei suoi Eroici Furori. È in queste pagine che Ciancimino incontra la spiegazione di quella concezione dell'amore “eroico”, dell'amore dell'uomo per la natura, che più si avvicina alla sua idea di “amore furioso”, quello che permette ai liberty flowers di resistere. I fiori resistenti, i Liberty Flowers, sono da anni al centro del suo operare, in termini sia di concentrazione figurale che di rimando simbolico. Sono i fiori delle piante endemiche, i fiori delle erbacce, che migrano, attecchiscono e crescono rigogliosi in terre sconosciute, lontani dai terreni di origine, in condizioni per lo più inospitali. Sono gli stessi fiori del terzo paesaggio, portatori di istanze di libertà e di resistenza.
Un banner di seta con su scritto “The Liberty Flowers love to resist, the Resistant Flowers resist for love” accoglie lo spettatore all’ingresso della mostra e fornisce la chiave di lettura dei wall drawings, delle tele, dei disegni, della proiezione e delle sculture de La Stanza dello Scirocco (The room of Sirocco). L’artista l’ha pensata come una sintesi di pensiero ecologico, antropologico e libertario e l’ha realizzata attraverso un linguaggio che si muove contemporaneamente su più livelli, frutto a sua volta della contaminazione tra disegno, graffiti, graphic design, video e gli stilemi architettonici e decorativi che hanno intriso la cultura visiva siciliana dalla tradizione arabo-normanna fino al Liberty – uno stile, quest’ultimo, che nel suo ispirarsi alla natura e agli elementi strutturali che la intessono, viene assunto quasi con il valore dello slogan, viene scelto come angolazione privilegiata dalla quale guardare all’uomo.
Le contaminazioni, le stratificazioni, le coesistenze si ritrovano innanzitutto nei disegni, The Flow of Flowers, in cui la sovrapposizione di differenti livelli grafici – ottenuti con matite, acquarelli, con texture derivate da inchiostro su bottoni di metallo come fossero timbri su carta – restituisce la ricchezza dei segni e degli immaginari delle tante culture che più o meno pacificamente si sono sedimentate in terra siciliana, ma anche, e su altri piani, nel bagaglio biografico dell’artista.
Ma The Flow of Flowers non si può considerare soltanto un insieme di disegni, dobbiamo leggerlo come un paesaggio storico, costruito accostando alcuni tra i più famosi poster delle rivolte susseguitesi tra il 1968 e la rivoluzione in Egitto. L’artista modifica l’iconografia del pugno chiuso che è presente nella maggior parte dei poster ruotandola in un gesto di offerta dell’adonis annua l., un fiore rosso proveniente dall’area mediterranea comunemente conosciuto come "Red Morocco", un’erbaccia dissidente, che l’uomo ha combattuto fin quasi a portarla all’estinzione.
Nelle mappe che ritroviamo disegnate sulle tele e sui wall drawings continuano le sovrapposizioni: si tratta di mappe del Mediterraneo che si popolano di illustrazioni di piante sinantropiche, quelle piante che vivono strettamente associate all’uomo, quelle stesse che Clément definisce “vagabonde” perché si spostano con il vento, con il passaggio degli umani e degli animali, superando i confini geografici, crescendo nei luoghi di frontiera, appropriandosi degli spazi residuali. E lo stesso avviene nelle piccole sculture dei Liberty Flowers, dove il gioco di incastro tra i materiali e le forme connette il paesaggio agreste di ieri con quello urbano di oggi.
La Stanza dello Scirocco (The Room of Sirocco) nasce da una riflessione sul sentimento di nomadismo e sul conseguente senso di nostalgia derivato dallo stare dentro e fuori le linee di demarcazione nazionale. Una riflessione sul significato di frontiera, quel non luogo a ridosso di un limite che diviene area di transizione universale, terreno fertile per nuove relazioni ecologiche.
La Stanza dello Scirocco è un invito a riflettere su come la frontiera possa divenire zona franca per un paesaggio ecologicamente modificato, le cui linee di demarcazione non siano segni divisori ma segmenti di confronto.
Il titolo della mostra sottintende la volontà di trovare un rifugio fresco in un clima infuocato dai conflitti.
Accompagna il progetto un Journal con testi di Daniela Bigi, Bartomeu Marí, Francesca Napoli e dei botanici Mizio Ferraris e Tina Lino.
Gabriella Ciancimino (1978, vive e lavora a Palermo) consegue il Diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Palermo.
La ricerca di Gabriella Ciancimino è focalizzata sul concetto di “Relazione” da cui deriva la tendenza a concepire un’opera come momento d’incontro/confronto tra individui. Credendo fortemente nel ruolo dell’arte come catalizzatore di cambiamento sociale, il campo di sperimentazione ideale diviene lo spazio pubblico.
Ha esposto all’ American Academy in Rome ( IT 2009, 2013),a L’appartement 22 (Rabat, MO 2010/2014), alla Cardi Black Box Gallery (Milano, IT, 2011), Biennale Benin (Cotonou, BJ,2012), alla Kunsthalle Mulhouse (Mulhouse, FR, 2013), al PAV (Torino, IT, 2013), al Museo Villa Croce, (Genova, IT, 2013), MACBA (Barcellona, ES, 2014); ha preso parte a progetti come Volume 1 project of Sentences on the banks and other activities, al Darat al Funun (Amman, JO, 2010) e Working For Change. Project for A Moroccan Pavilion at the 54th Venice Biennale (Venezia, IT, 2011).