Genesi. Spirito e Materia
Nella collettiva Genesi. Spirito e Materia si assiste alla realizzazione di un domani, uno spazio siderale in grado di contenere la passionalità e la potenza di un’emotività illibata, incorrotta.
Comunicato stampa
Il giorno 24 ottobre 2022 alle ore 18.00, inaugura presso Spazio Veredas, lo spazio espositivo dell'Ambasciata del Brasile all'interno dell'Istituto Guimarães Rosa in Piazza Navona, il progetto Genesi. Spirito e Materia di Ana Biolchini, Flaminia Mantegazza, Luciana Pretta Fiore a cura di Mariangela Coscione e Damiana Enea.
Nella collettiva Genesi. Spirito e Materia si assiste alla realizzazione di un domani, uno spazio siderale in grado di contenere la passionalità e la potenza di un’emotività illibata, incorrotta: i materiali utilizzati -terracotta, carta e tela- trascendono dalla loro essenzialità per divenire elementi demiurghi in un rapporto dualistico natura/terra, inizio/fine.
“Anno zero. Così potremmo definire il contesto storico che stiamo vivendo. La pandemia, come un fiume in piena, ha creato un solco profondo in quel mondo globalizzato ed efficiente a cui ci siamo aggrappati per anni, credendolo infinito e imperturbabile. Una scossa in grado di creare crepe insanabili nelle nostre certezze, nelle nostre relazioni, nelle nostre convinzioni. E così le nostre gambe hanno iniziato a tremare, senza che intorno a noi nulla si muovesse, e come un effetto a catena karmico e quasi apocalittico si sono susseguite guerre, carestie, alluvioni. Siamo stati obbligati ad entrare in contatto con noi stessi, con le nostre personalità, costretti ad abbracciare le nostre paure ormai senzienti e concrete. Nella crisi della collettività, è venuto a determinarsi quel concetto entropico secondo il quale nulla si crea e nulla si distrugge che si definisce nell’auto-conservazione e nel bisogno di dare vita ad un nuovo mondo.
Il mondo dopo la fine del mondo. Ed è da questo concetto che prendono vita le opere di Ana Biolchini, Flaminia Mantegazza e Luciana Pretta Fiore. Una diversità di molteplici e mutevoli identità in grado di inscriversi nell’assolutismo di una Genesi. Un’origine che prende vita dalla forma sensibile umana, che si pone la questione dei limiti del concetto di esperienza distruggendo le nozioni di etica e morale: un creazionismo che si eleva dal caos e si fa materia. Ed è a questo punto che Ana Biolchini ci invita a partecipare a questa rinascita attraverso un atto intellettuale consapevole, riflettendo la propria individualità nello specchio che come un richiamo viscerale attende il vergi- ne seme sospeso: duplicazione di una pluralità di anime che si restituiscono nello sguardo di un nuovo cosmo. Acqua e terra, le protagoniste nel rispetto della visione demiurga del Creato. Una natura in grado di fondersi in un nuovo ordine: la Terracotta diviene per Ana spirito e materia. Alla formazione di questa giovane umanità l’artista affida delle tavole di carta, in cui torna sovrano il richiamo al numero 6 – espresso nella linearità delle spirali – in un inizio e una fine in continuo divenire, come offerta di bellezza, compassione e gloria.
Proprio all’alba di questa nuova Era si ergono possenti le colonne di Flaminia Mantegazza, cardini tra i due mondi che ci ricordano la non contemporaneità del presente. Edificate dalla memoria e dai vissuti dell’artista che ci ammonisce ed esorta a ridefinire la nostra visione di superfluo: pagine di vecchi libri, fogli di giornale, scontrini riacquistano autorità in una trascendenza corporea. Divengono fondamenta e sommità, in un colloquiare dove le parole si modellano fino a farsi concretezza – mattoni invalicabili – infinite nel tempo e nello spazio: abbandonano i confini conosciuti e cartografici, abbattendo le barriere della globalità, per divenire sinonimo di universalità. Così, la duttilità della carta si fa eterea e marmorea, un’archeologia dello gnomon nella sua accezione astronomica con il compito di indicare l’origine di un susseguirsi di stagioni rinnovate in un’ottica del tempo che si fa altro: evoluzione e rinascita, un riverbero che si ricostituisce nella singolarità di questa generazione agli esordi, circoscritta nell’iconografia del Quadrato, inteso come Creato in un rapporto dualistico cielo/terra, spirito/materia. Divenendo così, uno spazio siderale – ripristinato fin dai suo esordi – in grado di contenere la passionalità e la potenza di un’emotività illibata, incorrotta. Luciana Pretta Fiore si inserisce in tale necessità custodendo il dovere di educare questa umanità: rompe il silenzio sulle angosce finora celate, squarcia i terrori dell’infanzia, lacera la banalità dell’odio tutelandone la misericordia e la compassione soppresse che, ricompone tessendone i fili, in un climax discendente che ci riporta alla terra. Una tela intrecciata che scardina i preconcetti, invitandoci a non delimitare il nostro spirito indicandoci un orizzonte ancora ignoto. Colori tenui, in un susseguirsi di linee che si inseguono e si sovrappongono, in un gioco di ambivalenze che si risolvono in un equilibrio emotivo: una memoria primordiale che con grande forza di volontà si ricompone in un atteggiamento di esuberante quiete. Tre doni, tre donne, tre materiali: una triade genitrice che ci persuade a partecipare a questo nuovo domani, che troppo a lungo abbiamo solo osservato, come creature alla soglia.”
Damiana Enea
La mostra, all’interno della settima edizione di Rome Art Week, è visitabile dal 24 ottobre al 18 novembre 2022, dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 21.00.