Georgina Starr – Quarantaine

Informazioni Evento

Luogo
PINKSUMMER - PALAZZO DUCALE
Piazza Giacomo Matteotti 28r, Genova, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
05/05/2022

ore 18

Artisti
Georgina Starr
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra personale.

Comunicato stampa

Pinksummer: Il tuo film Quarantaine è stato girato nel 2019 e ultimato nel primissimo 2020. Da lì a poco, in quello stesso febbraio del 2020, il termine “quarantena”, un poco obsoleto, sarebbe rientrato come un uragano nelle nostre vite del XXI secolo. La parola “quarantena” deriva dai quaranta giorni di isolamento a cui venivano sottoposte le navi provenienti da territori esotici o da zone colpite dalla peste o da altre malattie infettive nei secoli addietro. Di fatto il termine “quarantena”, al di là della quantità specifica di tempo, si distingue dall’isolamento tout court perché viene applicata a soggetti che potrebbero essere stati esposti a un agente infettivo, ma che non hanno una diagnosi, al fine di non trasmettere un eventuale contagio. L’uso corretto del termine “quarantena” non è di fatto applicabile all’isolamento a fronte di una malattia confermata dalla diagnosi per arginarne la diffusione. Il termine viaggia in qualche modo su un binario ipotetico. Perché hai deciso di intitolare il tuo film con il termine francese quarantaine che rimanda in qualche modo alla vicinanza eccezionale di territori remoti rispetto al parametro solido della realtà quotidiana che confidiamo sempre di controllare?

Georgina Starr: Associo quarantaine al mitologico e all’alchemico piuttosto che a un particolare significato assoluto della parola. Quando ho scelto il titolo del film, come dite, era ben prima della recente pandemia mondiale, quindi la parola sembrava più fluida e misteriosa. Pensavo in particolare all’idea di une quarantaine - un periodo di cui ho letto nella mitologia celtica. Si crede che abbia luogo nei 40 giorni che precedono la prima luna piena di primavera. È uno strano periodo liminale in cui gli spiriti possono scendere sulla Terra e vivere tra i mortali. Immaginando come sarebbe stato questo momento di une quarantaine, ho iniziato a evocare un intero mondo che sarebbe esistito in questo periodo molto teso. Quarantaine ha un piede nella realtà, ma “entrando” attraverso il portale dell’albero le donne si abbandonano all’ignoto. Dentro ci sono nuove regole, nuove strutture educative e nuove lingue da imparare. Pensavo a un modello di “istituto educativo” e al processo di acquisizione di nuovi codici di apprendimento e modi di comunicare. La mia ricerca per il film è stata ampia e prolungata. Guardavo alla mitologia mariana e al suo potere sulla pedagogia femminile, ai sistemi psicologici di Wilhelm Reich, agli insegnamenti musicali, vocali e di movimento di Kodaly, Orff e Keetman, Delsarte e Mettler e anche alla trasformazione metafisica del Rosarium Philosophorum e agli esercizi di benessere e purezza spirituale negli antichi manoscritti cinesi Daoyin Tu.

PS: Il manifesto Belle-Époque in cui s’imbatte V, la ragazza con il giubbotto di pelle nero, mentre attraversa in motorino una Londra contemporanea, deprivata da qualsivoglia mistero, in un luogo appena a latere dalle tangenziali trafficate, ci ha fatto pensare alla sorpresa dei parigini quando, in un mattino dell’agosto del 1623 trovarono dei misteriosi manifesti manoscritti, affissi frettolosamente agli angoli di alcune strade, in cui si leggeva: “Noi, deputati del Collegio principale dei fratelli della Rosa-Croce, stiamo facendo soggiorno visibile e invisibile in questa città per grazia dell’Altissimo, a cui si rivolgono i cuori dei giusti. Riveliamo e insegniamo senza libri né segni come parlare le lingue dei paesi dove vogliamo essere, e come trarre gli uomini dall’errore e dalla morte”. Come i manifesti dei Rosa-Croce, che informavano, senza dire né dove né quando, che in città si era insediata una confraternita segreta che avrebbe insegnato la conoscenza vera, il manifesto con le donne sdraiate con le gambe alzate a V e la bolla di Bubblegum rosa, come un’effimera scultura informata dal respiro, con il suo erotismo esplicito e retrò, fa infuriare V. Perché usi il manifesto, parte fondante della tua cosmogonia dell’ultimo decennio, di cui Quarantaine appare come la summa narrativa, per introdurre il viaggio iniziatico di matrice squisitamente onirico-linguistica di V e L, novelle Alice o meglio Céline et Julie di rivettiana memoria?

GS: Non sapevo della campagna di manifesti rosacrociani del 1623. Mi fa pensare alla Storia dei Tredici di Balzac, la sua suite di tre romanzi su una società segreta nel cuore di Parigi. L’immagine d’epoca sui manifesti V di Quarantaine è anch’essa di origine francese, è un’immagine che ho usato ripetutamente nel mio lavoro negli ultimi 10 anni. È un’immagine potente per me, e continuo a tornarci. Sembra essere sia misteriosa e giocosa che sfidante. Stavo facendo ricerche su “anasyrma” mentre sviluppavo un lavoro di performance (Androgynous Egg, 2017) e il poster vi è molto legato. La storia dell’atto di “anasyrma” è complessa. I primi esempi che ho trovato descrivono donne in situazioni di battaglia - quando il nemico si avvicinava le donne sollevavano le loro gonne in segno di sfida per tenerlo a bada. È anche descritto come un dispositivo apotropaico per allontanare il male. Tutte queste storie straordinarie aprono un interessante e complicato dibattito sui molti significati di “esporre” i genitali femminili nella religione, nella storia, nell’arte, nella mitologia e nella guerra. Stavo pensando a uno smantellamento del corpo. Questo è un tema cruciale nel film - la separazione di braccia, mani, teste, gambe, orecchie, dita e bocche. Il film cataloga uno smontaggio del corpo femminile per poterlo eventualmente ricostruire, riappropriarsi o riposizionare. Le parti del corpo che V “taglia” dal poster sono letteralmente le chiavi per entrare a Quarantaine - le inserisce pezzo per pezzo nell’albero del parco prima di scomparire in esso. La religione è piena di parti del corpo femminile separate, specialmente l’agiografia femminile - Santa Lucia (occhi), Sant’Orsola (smembrata e decapitata) Sant’Agata (seni) e molti, molti altri. C’erano altre immagini che hanno ispirato il portale arboreo. Mentre facevo una residenza di insegnamento a Glasgow nel 2014, stavo facendo ricerche su antichi manoscritti alchemici nella biblioteca dell’Università di Glasgow e mi sono imbattuta nel Rosarium Philosphorum, un trattato di alchimia del XVI secolo, parte del quale era un’illustrazione di un albero che cresce dal ventre di due figure androgine congiunte. L’idea della perfetta trasformazione alchemica attraverso l’Arborium Ostium fu cristallizzata in questo momento - sarebbero entrati nell’albero! Sfruttando i poteri magici di altri spiriti arborei come Ariel e Daphne, ho immaginato che l’intera Quarantaine potesse svolgersi all'interno di questo albero.

PS: La prima parola che viene pronunciata da L, la co-protagonista di Quarantaine mentre sta inaugurando un capitolo nuovo della sua vita seduta nel parco, con in mano il libro di Papus Traité methodique de magie pratique, libro preso in prestito da Céline et Julie vont en bateau di Jacques Rivette, è un incantesimo numerico: six six nine nine, 6699. Cos’è questo numero d’incoraggiamento che apre portali e passaggi invisibili? La magia e i riferimenti all’occultismo nella tua opera sono in senso junghiano una porta socchiusa sull’inconscio?

GS: I numeri sono un incantesimo segreto, qualcosa che L crede porterà a una trasformazione. Penso che la maggior parte di noi abbia questi strani sistemi di credenze codificati, che si tratti di preghiere nel senso religioso più regolare, o altri mantra spirituali, esoterici o nevrotici. Quei numeri specifici “66-99” provengono da un romanzo che ho iniziato a scrivere circa 6 anni fa, quindi per me hanno una rilevanza personale. Mi piace anche come suonano e come si sentono sulla lingua. Le poesie numeriche mi affascinano. Per l’artista e scrittrice tedesca Unica Zurn il numero 9 conteneva il segreto di tutto. I numeri erano i suoi salvatori. Usava gli anagrammi per evocare il suo eroe mistico The Man of Jasmin. Di questo The Man of Jasmin diceva:

“Qualcuno ha viaggiato dentro di me, passando da una parte all’altra. Sono diventato la sua casa. Fuori, nel paesaggio nero, qualcuno afferma di esistere. Dal suo sguardo il cerchio si chiude intorno a me. Attraversato da lui interiormente - circondato da lui dall’esterno - questa è la mia nuova situazione e mi piace.”

I numeri hanno un grande potere. Nelle scene finali del film Duelle - Une Quarantaine di Jacques Rivette del 1976, la protagonista Lucie (interpretata dall’attrice francese Hermine Karagheuz) pronuncia ad alta voce una poesia numerica:
“Deux et deux ne font pas quatre. Tous les murs à buf š'abatttre. Sept, huit, neuf, cinq, trois, six, deux.”
Questi numeri mi hanno fatto un incantesimo. Con un po’ di ricerche ho scoperto che Rivette li aveva presi in prestito dalle pagine di Les Chavaliers de la Table Ronde di Jean Cocteau - erano un incantesimo che avrebbe permesso a Merlino di trasportarsi magicamente da un luogo all’altro. Per inciso, i numeri 7 + 8 + 9 + 5 + 3 + 6 + 2 sono 40 - une quarantaine! È magia o solo una coincidenza?

PS: Come in ogni viaggio iniziatico per diventare adulti/e, V e L devono attraversare diverse porte: entrando nell’albero nel parco sono catapultate nella stanza grigia, una sorta di limbo in cui le ragazze aspettano il loro turno per conoscere scopi e destino attraverso la lettura dei tarocchi. La lettura dei tuoi tarocchi è muta, senza voce, ma assai seria, espressiva e didattica. Ci sono poi la porta del muro con la rappresentazione del bosco intricato e quella del grande orecchio nel quale le giovani donne si avventurano come in una caverna. Guidate e sollecitate da mani e teste senza corpo, ma soprattutto da suoni ai quali le ragazze sembrano prestare i loro propri corpi. I corpi addestrati infine all’aderenza con i suoni riescono a materializzare all’altezza del cuore i cervelli rosei (Pink Material) per deformarli e re-informali. Infine la porta rossa con scritto women che le riporta alla realtà trasformate. Quali prove si devono superare per aderire alle parole e in particolare al nome donna?

GS: Il Pink Ursula Material appare all’altezza del grembo materno piuttosto che all’altezza del cuore. Questa materia rosa suggerisce un rovesciamento del corpo. È qualcosa di viscerale: gommosa, ipnotizzante, disgustosa e piuttosto incontrollabile. È anche sacra - una sorta di manifestazione scultorea del godimento. È un regalo per le severe lezioni di linguaggio e geometria fisica che le iniziate hanno sopportato nella Light Room (Stanza della Luce) e nella Curtained Room (Stanza delle Tende) – un’offerta di Pearl Mama One, il loro capo insegnante incorporeo? La materia rosa ha anche una voce*.
Dice:

Rose à voix haute
Rose cerveau de la pensée
Résine vierge de résidus
Matière Ursula Rose
Je répète!
Matière Ursula Rose

È anche un materiale morfico con proprietà allucinogene. Mi piace leggere Henri Michaux, specialmente le sue opere scritte sotto l’influenza della mescalina. Descrive nuovi incredibili viaggi infidi come se si infiltrasse in un’altra lingua:
“Enormi Z mi attraversano (strisce-vibrazioni-zig-zag?). Poi, o S rotte, o quelle che potrebbero essere le loro metà, O incomplete, un po' come gusci d’uovo giganti che un bambino ha cercato di disegnare senza mai riuscirci. Queste forme, come un uovo o una S, cominciano a disturbare i miei pensieri come se appartenessero alla stessa natura. Sono diventato ancora una volta un passaggio, un passaggio nel tempo. Questo, dunque, era il solco con il fluido dentro, assolutamente privo di viscosità, ed è così che passo dal secondo 51 al secondo 52, al secondo 53, poi al secondo 54 e così via. È il mio passaggio in avanti".
Alla fine di Quarantaine V e L vengono espulse attraverso la porta rossa brillante etichettata “Donne”. Il significato di questa violenta espulsione è sfaccettato – chi e cosa sono diventate? Si potrebbe rimuginare per ore su ciò che rappresenta questa uscita finale. Se si ascolta abbastanza intensamente, si possono sentire alcune parole pronunciate da L nell’orecchio di V – questo potrebbe contenere qualche indizio.

PS: Nel tuo film emerge come un’apparizione la qualità segnica di matrice generativa della natura, come per recuperare l’origine primigenia di un linguaggio mimetico della materia e della forma. La lezione finale, infatti, muove da vocali e consonanti nell’atto di nominare finalmente: la S si trascina fino a generare souffle, respiro. Se il linguaggio veicolasse solo una convenzione, l’idea di cercare una verità, sarebbe un’ingenuità senza parametro? Nel tuo film Quarantine cerchi di recuperare il corpo glorioso del linguaggio?

GS: Sopra ogni cosa mi interessa il suono e la voce, come l’ascolto può trasportare e comunicare indipendentemente dal “significato” linguistico. Le lezioni di ascolto che le iniziate intraprendono in Quarantaine iniziano realmente all’interno della EAR Room (Stanza dell’Orecchio). Prima di allora i codici sono principalmente visivi (le carte nella Grey Room - Stanza Grigia). Mentre sono sdraiate nude sotto l’orecchio, assistono a una serenata di Bye Bye Butterfly (1967) di Pauline Oliveros, un’opera fondamentale di suono elettronico sperimentale della pioniera dell’“ascolto profondo”. Di questo lavoro Oliveros ha detto: “Dà l’addio, non solo alla musica del XIX secolo, ma anche al sistema di moralità educata di quell’epoca e alla sua conseguente oppressione istituzionalizzata del sesso femminile”. Era importante per me usare questo pezzo in questa scena. Nel capitolo seguente - attraverso/all’interno dell’orecchio, incontriamo per la prima volta l’istruttrice Pearl Mama One. Lei esegue una vocalizzazione prolungata ed estrema mentre si libra avanti e indietro come una testa fluttuante. I suoni, i respiri e gli enunciati sono strani ed estranei per noi, è difficile da ascoltare, lei penetra nel nostro cervello, ma se ascoltiamo abbastanza profondamente il significato alla fine arriverà. Infatti, Loré Lixenberg (il mezzo soprano che interpreta Pearl Mama One) aveva Bye Bye Butterfly di Oliveros nell’orecchio durante le riprese e stava cercando di vocalizzare e tradurre questi suoni elettronici. Questa è stata una gloriosa performance virtuosistica che ha creato un linguaggio incarnato completamente nuovo ed è diventato il battito cardiaco e i polmoni respiranti di Quarantaine.

*La voce di The Pink Ursula Material è quella della musa di Rivette e protagonista di Duelle (1976), la defunta attrice Hermine Karagheuz, registrata nel 2017.

ENG

Opening: 05.05.2020 from 6 pm

Pinksummer: Your film Quarantaine was shot in 2019 and completed in the very early 2020. Soon afterwards, in that same February 2020, the somewhat obsolete term “quarantine” would re-enter our 21st century lives like a hurricane. The word quarantine derives from the forty days of isolation to which ships, coming from exotic territories or areas affected by the plague or other infectious diseases, were subjected in past centuries. In fact, the term “quarantine”, beyond the specific amount of time, differs from isolation tout court because it is applied to subjects who may have been exposed to an infectious agent, but who do not have a diagnosis, in order not to transmit a possible contagion. The correct use of the term “quarantine” is not actually applicable to isolation in the face of a disease confirmed by diagnosis to stem its spread. The term somehow travels on a hypothetical track. Why did you decide to title your film with the French term Quarantaine which somehow refers to the exceptional proximity of remote territories compared to the solid parameter of daily reality that we always trust to control?

Georgina Starr: I associate “quarantaine” with the mythological and the alchemical rather than any particular definitive meaning of the word. When I chose the title for the film, as you say, it was well before the recent world-wide pandemic, so the word seemed more fluid and mysterious. I was thinking specifically about the idea of une quarantaine – a period I read about in Celtic mythology. It is believed to take place in the 40 days leading up to the 1st full moon of Spring. It’s a strange liminal time-frame whereby spirits can descend to Earth and live amongst mortals. Imagining what this une quarantaine moment would look and sound like I began conjuring a whole world that would exist within this highly charged occasion. Quarantaine has one foot in reality, but by “entering” through the tree portal the women give themselves up to the unknown. Inside there are new rules, new educational structures, and new languages to learn. I was thinking about a model of an ‘educational institute’ and the process of acquiring new codes of learning and ways to communicate. My research for the film was extensive and prolonged. I was looking at Marian mythology and its power over female pedagogy, the psychological systems of Wilhelm Reich, musical, vocal and movement teachings from Kodaly, Orff and Keetman, Delsarte and Mettler and also metaphysical transformation from the Rosarium Philosophorum as well as exercises in wellbeing and spiritual purity inside the ancient Chinese Daoyin Tu manuscripts.

PS: The Belle-Époque poster that V, the girl in the black leather jacket, comes across while riding her moped through a contemporary London, deprived of any mystery, in a place just off the busy ring roads, made me think of the surprise of the Parisians when, one morning in August 1623, they found mysterious handwritten posters, hastily affixed to the corners of some streets, which read: "We, deputies of the principal College of the Brothers of the Rose-Cross, are making visible and invisible sojourn in this city by the grace of the Most High, to whom the hearts of the righteous turn. We reveal and teach without books or signs how to speak the languages of the countries where we wish to be, and how to draw men from error and death". Like the posters of the Rosicrucians, who informed, without saying where or when, that a secret brotherhood had taken up residence in the city that would teach true knowledge, the poster with the women lying with their legs raised in a V and the pink bubble, like an ephemeral sculpture informed by breath, with its explicit and retro eroticism, infuriates V. Why do you use the poster, a founding part of your cosmogony of the last decade, of which Quarantaine appears as the narrative summation, to introduce the initiatory journey of an exquisitely oneiric-linguistic matrix of V and L, the new Alice or rather Céline et Julie of Rivettian memory?

GS: I didn’t know about the Rosicrucian poster campaign of 1623. It makes me think about Balzac’s History of the Thirteen his suite of 3 novels about a secret society at the heart of Paris. The vintage image on the ‘V’ posters in Quarantaine is also French in origin, it’s one that I’ve used repeatedly in my work over the last 10 years. It is a powerful image for me, and I keep being drawn back to it. It feels both mysterious and playful and also defiant. I was researching “anasyrma” while developing a performance work (Androgynous Egg, 2017) and the poster is very much connected to that. The history of the act of “anasyrma” is a complex one. The earliest examples I found describe women in battle situations – as the enemy approached the women would lift up their skirts in defiance to keep them at bay. It is also described as an apotropaic device to ward off evil. All these extraordinary stories unlock an interesting and complicated debate about the many meanings of “exposing” the female genitalia in religion, history, art, mythology and warfare. I was thinking about a dismantling of the body. This is a crucial theme in the film – the separation of arms, hands, heads, legs, ear, fingers and mouths. The film catalogues a taking apart of the female body to possibly rebuild, repossess or reposition it. The body parts that V “cuts” from the poster are literally the keys to enter Quarantaine – she inserts them piece by piece into the tree in the park before she disappears into it. Religion is riddled with separated female body parts, especially female hagiography – St Lucia (eyes), St Ursula (dismembered and beheaded) St Agatha (breasts) and many, many more. There was other imagery that inspired the arboreal portal. While doing a teaching residency in Glasgow in 2014 I was researching ancient alchemical manuscripts in the Glasgow University library and came across the Rosarium Philosphorum, a 16th century treaties on alchemy, part of which was an illustration of a tree growing out from the belly of two conjoined androgynous figures. The idea for the perfect alchemical transformation through Arborium Ostium was crystallised at this moment – they would enter the tree! By harnessing the magical powers of other arboreal spirits like Ariel and Daphne, I imagined that the whole of Quarantaine could take place inside this tree.

PS: The first word that is pronounced by L, the co-protagonist of Quarantaine while she is inaugurating a new chapter of her life sitting in the park, holding Papus’ book Traité methodique de magie pratique, a book borrowed from Jacques Rivette’s Céline et Julie vont in bateau, is a numerical incantation: “six six nine nine”, “66-99”. What is this encouraging number that opens portals and invisible passages? Are magic and references to occultism, in your work, in a Jungian sense, an ajar door to the unconscious?

GS: The numbers are a secret incantation, something that L believes will bring about a transformation. I think most of us have these odd, coded belief systems, whether it be prayer in the more regular religious sense, or other spiritual, esoteric or neurotic mantras. Those specific numbers “66-99” come from a novel I began writing about 6 years ago, so they have personal relevance to me. I also like how they sound and feel on the tongue. Numerical poems fascinate me. For the German artist and writer Unica Zurn the number 9 held the secret to everything. Numbers were her savior’s. She used anagrams to conjure her mystical hero The Man of Jasmin. Of this Man of Jasmin she said:

“Someone travelled inside me, crossing from one side to the other. I have become its home. Outside in the black landscape someone is claiming that they exist. From his gaze the circle closes around me. Traversed by him inwardly – encircled by him from without – this is my new situation and I like it.”

Numbers hold great power. In the closing scenes of Jacques Rivette’s 1976 film Duelle - Une Quarantaine the main protagonist Lucie (played by French actress Hermine Karagheuz) speaks a numerical poem out loud:

“Deux et deux ne font pas quatre. Tous les murs à buf š'abatttre. Sept, huit, neuf, cinq, trois, six, deux.”

These numbers cast a spell on me. With a little digging I discovered that Rivette had borrowed them from the pages of Jean Cocteau’s Les Chavaliers de la Table Ronde – they were a magic spell that would allow Merlin to magically transport himself from place to place. Incidentally, the numbers 7 + 8 + 9 + 5+ 3 + 6 + 2 equal 40 - une quarantaine! Is that magic or just a coincidence?

PS: As in every initiatory journey to become adults, V and L must cross different doors: entering the tree in the park they are catapulted into the grey room, a sort of limbo in which the girls wait their turn to know their aims and destiny through the reading of tarots. Your tarot reading is silent, without voice, but very serious, expressive and didactic. Then there is the door of the wall with the representation of the tangled forest and that of the big ear in which the young women venture as if into a cave. Guided and urged by hands and heads without bodies, but above all by sounds to which the girls seem to lend their own bodies. The bodies trained finally to adhere to the sounds are able to materialize at heart height the pink brains (pink matter) to deform and re-inform them. Finally, the red door with women written on it brings them back to reality transformed. What trials must be overcome to adhere to the words and in particular to the name woman?

GS: The Pink Ursula Material appears at womb height rather than heart height. This Pink Material suggests a turning inside-out of the body. It’s visceral stuff: gloopy, mesmerising, disgusting and quite uncontrollable. It is also sacred – a kind of sculptural manifestation of jouissance. Is it a gift for the strict lessons in language and physical geometry that the initiates have endured in The Light Room and The Curtained Room – an offering from Pearl Mama One their disembodied head teacher? The Pink Material also has a voice*. It speaks:

Rose à voix haute
Rose cerveau de la pensée
Résine vierge de résidus
Matière Ursula Rose
Je répète!
Matière Ursula Rose

(Pink Spoken Loud
Pink thought brain
Residue Virgin Resin
Pink Ursula Material
I repeat !
Pink Ursula Material)

It is also a morphing material with hallucinogenic properties. I like to read Henri Michaux, especially his work written while under the influence mescaline. He describes incredible new treacherous journeys as if infiltrating another language:

“Enormous Z’s are passing through me (stripes-vibrations-zig-zags?). Then, either broken S’s, or what may be their halves, incomplete O’s, a little like giant eggshells a child has tried to draw without ever succeeding. These shapes, like an egg or an S, begin to disturb my thoughts as if they partook of the same nature. I have once more become a passage—a passage in time. So this, then, was the furrow with the fluid in it, absolutely devoid of viscosity, and that is how I pass from second 51 to second 52, to second 53, then to second 54 and so on. It is my passage forward.”

At the end of Quarantaine V and L are ejected via the bright red door labelled “Women”. The meaning of this violent ejection is multi-faceted – who and what have they become? You could ruminate for hours about what this final exit represents. If you listen hard enough, you can hear some words spoken by L into the ear of V – this might hold some clues.

PS: In your film, the sign quality of the generative matrix of nature emerges as an apparition, as if to recover the primordial origin of a mimetic language of matter and form. The final lesson in fact moves from vowels and consonants in the act of naming at last: the s drags on until it generates souffle, breath. If language were to convey only a convention, the idea of searching for a truth, would it be a naivety without parameters? In your film Quarantaine do you try to recover the glorious body of language?

GS: Above everything I am interested in sound and voice, how listening can transport and communicate independently of linguistic “meaning”. The lessons in listening that the initiates undertake in Quarantaine really begin inside the EAR Room. Before that the codes are mainly visual (the cards in The Grey Room). While laid naked beneath the EAR they are serenaded by Pauline Oliveros’s Bye Bye Butterfly (1967), a seminal experimental electronic sound work from the pioneer of “deep listening”. Of this work Oliveros said – "It bids farewell, not only to the music of the 19th century but also to the system of polite morality of that age and its attendant institutionalised oppression of the female sex.” It was important for me to use this piece in this scene. In the following chapter – through/or inside the EAR, we encounter the instructor Pearl Mama One for the first time. She performs a prolonged and extreme vocalization while hovering back and forth as a floating head. The sounds, breaths and utterances are strange and foreign to us, it’s difficult to listen to, she penetrates our brain, but if we listen deeply enough meaning will eventually arrive. In fact, Loré Lixenberg (the mezzo soprano performing as Pearl Mama One) had Oliveros’s Bye Bye Butterfly inside her ear during filming and was attempting to vocalise and translate these electronic sounds. This was a glorious virtuoso performance which created a whole new embodied language and became the beating pulse and breathing lungs of Quarantaine.

*The voice of The Pink Ursula Material is the voice of Rivette muse and star of Duelle (1976) the late actress Hermine Karagheuz, recorded in 2017.