Giacomo Balla. Dal Futurismo astratto al Futurismo iconico
Palazzo Merulana presenta Giacomo Balla. Dal Futurismo astratto al Futurismo iconico, una mostra curata da Fabio Benzi e incentrata sul famoso dipinto Primo Carnera del 1933.
Comunicato stampa
Palazzo Merulana, nato dalla sinergia tra la Fondazione Elena e Claudio Cerasi e CoopCulture, è orgoglioso di presentare Giacomo Balla. Dal Futurismo astratto al Futurismo iconico, a cura di Fabio Benzi.
Dal 21 marzo al 16 giugno 2019, la mostra si propone di indagare un particolare passaggio di stile della produzione del pittore torinese, partendo dall’opera Ritratto di Primo Carnera (1933), custodita all’interno della collezione permanente di Palazzo Merulana, un’opera eccezionale della produzione del Maestro futurista. Dipinto sui due lati, da una parte è rappresentato un soggetto tipicamente futurista, Vaprofumo, del 1926. Pochi anni dopo, nel 1933, l’artista dipinge sul verso un quadro del tutto differente, Primo Carnera. Quest’ultimo dipinto si ispira a una foto di Elio Luxardo, amico di Marinetti e autore di un impressionante ritratto del pugile pubblicato sulla prima pagina della “Gazzetta dello Sport” nel 1933, quando diventò Campione del Mondo. Questa immagine, diffusa simultaneamente in tutto il globo, costituisce la base iconografica del dipinto di Balla. L’intenzione di far coincidere l’immagine dipinta con l’effetto del rotocalco è sottolineata da un espediente tecnico che Balla applica a questo come a diversi altri dipinti dell’epoca, che saranno esposti in mostra. L’artista applica al fondo del dipinto una rete di metallo su cui poi dipinge, provocando un effetto di “retinatura”, identico a quello prodotto dalle immagini a stampa dei giornali. Si tratta di un confronto intenzionale, e per l’epoca straordinario, con i mezzi di diffusione di massa dell’immagine: elemento fondante, molti anni dopo, dell’universo figurativo del “pop art” americano, da Warhol a Lichtenstein. Balla evidentemente studiava un possibile sviluppo e rinnovamento del Futurismo. Egli trova così modernissimo, in sintonia con la sensibilità quotidiana della gente, l’immaginario suscitato dal cinema, dalla fotografia di moda e di attualità, che quotidianamente si sfoglia su riviste patinate, che è simultaneamente guardata e imitata da milioni di persone: che costituiscono l’avanguardia del gusto, una sorta di immaginario di massa, di avanguardia di massa. Un concetto che egli sottolinea in un proclama futurista pubblicato nel 1930.
La mostra si propone di indagare questo passaggio di stile, che evidentemente tende inizialmente a sperimentare un nuovo linguaggio all’interno del Futurismo, una figurazione moderna e mediatica, sperimentando immagini che si associano fortemente, quasi violentemente, alla fotografia di moda e al cinema dell’epoca, alla nascente iconicità del nascente divismo mediatico. In mostra si riuniscono circa sessanta opere: alcuni dipinti più esplicitamente futuristi della fine degli anni venti, opere eseguite con questa tecnica a “retinatura”, immagini dei divi eseguite in quegli stessi anni da grandi fotografi come Elio Luxardo e Arturo Ghergo, e parimenti riviste dell’epoca cui Balla si è ispirato esplicitamente.
Giacomo Balla (1871–1958) fu, dalla fine dell'Ottocento, tra i protagonisti del divisionismo italiano. Aderisce nel 1910 al Futurismo, firmandone i primi manifesti pittorici con Boccioni, Severini (già suoi allievi), Carrà e Russolo. Personaggio centrale del movimento, ne diviene il leader indiscusso nel 1915, con l'elaborazione del Manifesto della Ricostruzione Futurista dell'Universo, che avrà eco enorme nelle avanguardie europee. Per divergenze con Marinetti, nel 1933 inizia a distaccarsi dal movimento, e nel 1937 scrive una lettera al giornale Perseo con la quale si dichiara ormai estraneo alle attività futuriste: le opere degli anni ‘30 sono contrassegnate da un'innovativa interpretazione della figurazione.