Giacomo D’Aguanno – La città perduta

Informazioni Evento

Luogo
SPAZIO CANNATELLA
Via Papireto 10, Palermo, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
21/12/2011
Contatti
Email: tizianella23@hotmail.it
Artisti
Giacomo D\'Aguanno
Curatori
Alessandro Bazan
Generi
fotografia, personale

Apre i battenti “La città perduta” di Giacomo D’Aguanno. 30 scatti mai mostrati, che ci mettono davanti una Palermo silenziosamente violentata, irrazionalmente indifesa, che malinconicamente tenta di ritrovarsi.

Comunicato stampa

Giacomo D'Aguanno - La città perduta
Al traguardo dei tre anni, lo Spazio Cannatella si prepara ad accogliere per la prima volta una personale. Durante il suo brulicante percorso lo Spazio si è contraddistinto per l'attenzione verso i giovani artisti, li ha accompagnati e li ha sostenuti in una crescita professionale e personale. Ma si è anche confrontato con artisti e personalità che con la loro esperienza hanno arricchito questa "piccola e giovane realtà". E lo ha fatto avendo accanto preziosissime guide, amici e maestri. Da qui nasce lo stimolo, un po' una scommessa per lo Spazio Cannatella e un po' un desiderio da parte degli artisti, di delineare un ciclo di mostre personali che si innestano in un discorso fatto di scambi continui di energie tra le giovani leve e le generazioni più mature. Apre i battenti "La città perduta" di Giacomo D'Aguanno. 30 scatti mai mostrati, che ci mettono davanti una Palermo silenziosamente violentata, irrazionalmente indifesa, che malinconicamente tenta di ritrovarsi.
“Giacomo, per come lo conosco, è sempre stato il fotografo per eccellenza in una città dalle scarse opportunità nella quale ogni lavoro relazionato all'estetica fa da sempre una doppia fatica, si perché a Palermo l'estetica viene considerata, oggi più che mai, una questione secondaria se non addirittura terziaria. La sua passione me lo ha sempre fatto percepire come una sorta di operaio della fotografia, come lavoratore a servizio della fatica fotografica. Da qualche tempo ci vediamo più spesso perché frequentiamo assiduamente l'officina storica di Massimo Cannatella, in quanto entrambi siamo accaniti ciclisti e sostenitori dell'utilizzo della bici in città, radicali in una ennesima scelta controcorrente, che altrove ha una funzione pratica ma che qui pare essere una sorta di impegno civile data l'assoluta mancanza di piste ciclabili e di diffusione di questo mezzo che, possiamo garantirvi, funziona perfettamente e, con un po' di cautela, è l'unico rimedio all'assurdità del traffico cittadino.
Un paio di mesi fa mi ha mostrato queste fotografie che nessuno ha finora visto e che ci offrono il suo lato artistico e profondo e che mi hanno rivelato un mondo ed una commozione che di lui non sospettavo.
Come in maniera forse un po' troppo radicale secondo Hemingway nessuno può essere scrittore se non è stato in guerra, io credo che a volte l'arte la sappia fare meglio chi, al di là del territorio stretto ed auto-referenziale del mondo intellettuale, ha la fortuna di avere fatto reali esperienze di vita a 360° come Giacomo D'Aguanno che ho prima definito, non me ne abbia, operaio del mezzo fotografico.
Le foto sono state scattate davanti al mare, in quel litorale da sempre sottratto alla città e che ai tempi dei nostri nonni rappresentava "lo sfogo a mare" dei palermitani, la nostra costa rubata, una delle tante vessazioni che da silenti e fin troppo accondiscendenti cittadini abbiamo accettato, così come dati di fatto del destino! Si è posto a distanza di 100 anni davanti agli stessi paesaggi descritti dai Lo Jacono e dai Catti indirizzando la sua attenzione e quella dello spettatore verso gli elementi residuali che oggi hanno preso il posto della natura e della bellezza descritta dai pittori dell'800 siciliano. La pittoricità delle foto sta nell'avere individuato il punctum deviando la nostra attenzione non sull'amenità perduta del paesaggio quanto sulla riflessione che esso ci porta a compiere, ai pensieri che ci percorrono quando siamo davanti a questa memoria vituperata. Ma la denuncia dell'autore, in questo lavoro, non è gridata e nevroticamente dichiarata diventando fine a se stessa, bensì immersa nella superficie poetica dell'immagine fotografica, trattenuta nella riflessione e nel pensiero che ci offrono queste immagini dove una malinconia inevitabile apre le porte ad un un futuro che molti di noi pensano la città non potrà mai avere, non considerando che il futuro avverrà, indipendentemente dalle nostre volontà e che forse sarebbe ora che ci preoccupassimo di più di farlo andare in una direzione inversa rispetto a quella che dalle vedute marine del Catti arriva fino ad oggi. Forse Giacomo con la sua città perduta ci porta nel territorio dell'estetica e della poesia per svegliare in noi questo senso, per avvertirci che non vedere e non sentire ci rende complici di chi vuole la città perduta per sempre”. (Alessandro Bazan)