Giampiero Violi – A che punto e’ la notte?

Informazioni Evento

Luogo
CALISTO CAFE'
Via Alessandro Manzoni 2, Vailate, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Da martedi a venerdi 8 - 15:30 e 19:30 - 2 sabato e festivi 8 - 12:30 / 16:30 - 2

Vernissage
13/03/2012

ore 21

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Giampiero Violi
Generi
arte contemporanea, personale

Opere pittoriche nelle quali i soggetti sulla scena ricompaiono con insistenza, in fuga da metropoli asfittiche e sterili.

Comunicato stampa

La domanda potrebbe essere quella che si fa un seme passando dal calore protettivo della mano al volo, che col gesto deciso e calibrato lo manda ad alloggiarsi nel terreno. Con la velocità di una meteora che ha accumulato slancio nel lungo viaggio cosmico da cui proviene, l’anima si getta nell’abbraccio del sottosuolo: questo è il movimento che ne condiziona il percorso mentre viene abbandonata ad un’altra condizione, in un’ esistenza nuova, votata alla trasformazione.

Allo stesso modo il germe di un “Adamo interiore” contemporaneo viene captato nelle tele-istantanee di Giampiero Violi, proprio mentre lascia il “paradiso”, nell’orizzonte del sopra-suolo e, lanciandosi convinto, sceglie di abitare nel grembo metaforico di sé stesso, ottimo terreno dei processi germinativi. Le molte arterie, canali, tracce e grovigli che innervano la terra ospitante, visibili nelle opere sotto la onnipresente linea di confine fra cielo e terra, rivelano la tortuosità della ricognizione intrapresa per raggiungere una appropriata zona protetta.
Ma anche, configurano un cuore arcano in cui pulsano sguardi, come nuovi e più efficaci sensori adatti alla permanenza in zone inusuali e silenti, dove non c’è astro a misurare il tempo.

Giampiero Violi ha sovente visualizzato la spazialità di territori aperti, ondulati, attraenti: linee di intersezione palpitanti sono state tessuto e origine di forme vegetali o figure…ma un richiamo più irresistibile ha trasformato questa percorribilità di superficie in “esodo”, verso un interno sé stesso. “Tagliando” in sezione verticale quei terreni, è apparso il nuovo habitat di Adamo: rocce sedimentarie o inclusive celano l’intero corpo, a volte “ombra” della città che lo proietta, a volte disarticolato per i processi trasformativi in corso, a volte imbozzolato in attesa silente. E non solo il corpo; a volte è la sola testa a necessitare di un periodo di macerazione, proprio come nell’ampolla alchemica, in attesa che i processi cromatici che la impregnano scandiscano il passaggio simbolico sottile .

Umidità, isolamento, separazione, in un suolo ricco di frammenti segnici, di conglomerati che si depositano simili alla brace o alla lava vulcanica, annerita dalla combustione ma solo in superficie…. ben sapendo quanto fertile sia il suolo in cui si è depositato il prodotto delle forze telluriche.

A tal punto l’artefice indaga in sé stesso i processi di distillazione e sublimazione insiti nell’intima tensione del vivere, da scegliere sulla tela un punto di osservazione “raso suolo”, tenendo ben visibile l’ orizzonte, come ad evitare che le proporzioni emotive dell’evento in corso possano tracimare……in ciò meditandole attraverso il delicato equilibrio armonico delle aree cromatiche o con la traccia segnica emozionata, vibrante, coinvolta come l’ago magnetico che va in cerca del polo.
Intanto, nell’intimo profondo del colore, cova come brace l’attesa di un essere nuovo nato dall’aver accolto ed elaborato questa prova iniziatica di resistenza.

Infine, tutto il percorso, può essere analogo ad una cronaca ponderata, un diario che registra con partecipazione l’andamento di avvenimenti importanti, decisivi, esistenziali: in fondo gli unici cui attribuire forma e senso.
I soggetti sulla scena ricompaiono con insistenza, permangono nella retina di un occhio che li ha osservati a lungo agitarsi prima della “semina”, prima del distacco dalle solide mura cementizie indurite di razionalità, dove le relazioni sono costrittive, apparenti, anaffettive, prive della contaminazione germinativa del cuore. Per questo i personaggi, in un balzo scelgono di mettersi in fuga da metropoli asfittiche e sterili:
dalla città di Babilonia al ventre fertile e nutritivo di una nuova madre terra.

Nel processo liberatorio affidato al linguaggio pittorico, la trasformazione creativa si fa evidente nelle crepitanti fluidità dei bagliori cromatici su cui posano i corpi: a volte avvampanti, a volte sopiti, sempre sintomo del travaglio in corso.
Il momento temporale adatto ad annotare tali transiti è fuori dalla portata naturale del giorno; eclissati gli astri; solo il brontolare lento ed attutito delle forze ctonie presenti in questi “distillati” del sottosuolo.
Ed è qui, nel confidente ascolto di elaborazioni profonde che all’artefice giunge chiara una voce che lo riporta alla necessità di vegliare l’attesa:
“sentinella, a che punto è la notte?”
Ed anche se la notte può sembrargli infinita, il lavoro intrapreso sta a testimoniare l’in-eludibile preludio alla luce dell’ alba.

Giuseppina Osio