Gianfranco Baruchello – Cold Cinema
La mostra personale di Gianfranco Baruchello dal titolo Cold Cinema. Film, video e opere 1960-1999 – a cura di Alessandro Rabottini – riunisce, per la prima volta e in modo organico, un’ampia selezione di film e video sperimentali che l’artista ha realizzato sin dai primi anni sessanta del secolo scorso.
Comunicato stampa
Le mostre personali di Gianfranco Baruchello e di John Latham – entrambe curate da Alessandro Rabottini – costituiscono due progetti inediti per il pubblico italiano: per l’artista britannico (Livingstone, Zambia, 1921 – Londra, 2006) questa è la prima antologica in un’istituzione del nostro Paese, mentre per Baruchello (Livorno, 1924) si tratta della maggiore retrospettiva dedicata alla sua produzione filmica e video, frutto della collaborazione tra la Triennale di Milano e il MADRE - Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina di Napoli. Sotto la direzione artistica di Edoardo Bonaspetti, entrambe le mostre affrontano le specifiche produzioni dei due artisti, evidenziandone affinità e differenze tematiche e generazionali, metodologiche e concettuali. Artisti influenti e fuori dalle correnti artistiche riconosciute, sia Latham che Baruchello hanno stabilito un ponte tra arte visiva e sapere letterario, tra materiali artistici e interrogazione filosofica, e hanno operato un'analisi di natura critica dei sistemi conoscitivi e classificatori della realtà, dalla religione alla filosofia, dalla letteratura alla scienza, attraverso una pratica multimediale che ingloba pittura, assemblaggio, film, installazione e performance. Parola, linguaggio e sistemi letterari sono entrati nelle rispettive analisi dei limiti della comunicazione linguistica in relazione ai meccanismi dell'inconscio. Le due mostre vogliono riflettere la necessità di un sapere complesso che superi i confini disciplinari e mettere in luce pratiche artistiche in grado di affrontare un’articolata visione della realtà.
La mostra personale di Gianfranco Baruchello dal titolo Cold Cinema. Film, video e opere 1960-1999 – a cura di Alessandro Rabottini – riunisce, per la prima volta e in modo organico, un’ampia selezione di film e video sperimentali che l’artista ha realizzato sin dai primi anni sessanta del secolo scorso.
Quella di Gianfranco Baruchello è una delle pratiche artistiche più singolari e articolate del panorama italiano dal secondo dopoguerra in poi: sin dalla metà degli anni cinquanta l’artista ha esplorato pittura, installazione, assemblaggio, film, fotografia, scrittura e sonoro, espandendo la ricerca visiva ben oltre gli ambiti linguistici tradizionali e introducendo nel linguaggio dell’arte le pratiche dell’agricoltura, dell’antropologia e dell’economia come forme di analisi critica della società dei consumi.
Gianfranco Baruchello: Cold Cinema è un progetto espositivo inedito, prodotto dalla Triennale e realizzato in collaborazione con il MADRE-Museo d'Arte Contemporanea Donnaregina di Napoli che, dal giugno 2013, ha iniziato una serie di presentazioni tuttora in corso nell'ambito del programma Per_formare una collezione, che esplora la cinematografia di Baruchello introducendo opere e documenti nella collezione permanente dell’istituzione.
La mostra alla Triennale presenta sedici opere tra film e video (selezionate all’interno di un corpus che ne contempla più di ottanta), tutte realizzate tra il 1963 e il 1999 e tra le più rappresentative all’interno della produzione che l’artista ha dedicato all’immagine in movimento e alla sperimentazione sui linguaggi del cinema, del documentario e del testo filmico. All’interno di un percorso tanto cronologico quanto tematico la mostra esplora i principali temi che percorrono questo particolare ambito dell’arte di Baruchello, collegando la pratica filmica agli altri media di cui l’artista si è sempre servito, come pittura, disegno, romanzo e scultura. In questo modo la mostra esplora le tematiche e le operazioni formali e concettuali che attraversano l’arte di Gianfranco Baruchello, andando al cuore della multimedialità che la caratterizza. Nel dialogo tra immagine in movimento e immagine statica cogliamo le questioni e i materiali con cui Baruchello si è confrontato per oltre cinquant’anni: l’appropriazione di immagini e narrazioni prelevate dal cinema commerciale, dalla TV e dai mass media; i dispositivi del montaggio, dell’assemblaggio e dell’archivio come strumenti che analizzano e superano il principio dell’autorialità e dell’invenzione; la decostruzione dei meccanismi dell’informazione e dello spettacolo; l’attenzione per gli aspetti più marginali e anti-spettacolari della realtà; l’esplorazione dell’inconscio e della casualità; l’osservazione della natura e di una dimensione temporale e vitale che prescinde dalla presenza umana e dalla cultura.
Ciascun’opera filmica è allestita all’interno di un percorso che comprende altre opere (pittura, disegni, oggetti e appunti) che ne chiariscono il processo creativo: una mostra di idee sul cinema che dimostra come, sin dai suoi esordi, Baruchello abbia lavorato sulla dimensione dell’immagine in movimento non come prodotto finito ma come spazio di sperimentazione formale e concettuale.
La mostra è organizzata in aree tematiche e presenta una serie di opere fondamentali per la comprensione di quei temi-chiave che ritroviamo in tutta l’opera di Baruchello. A fungere da guida per l’intera mostra è l’opera Una settantina di idee, 1964-1970 (2014), una sorta di archivio ideale in forma di grande installazione a parete, un lungo elenco composto di idee, spunti e soggetti per possibili film, alcuni dei quali sono stati realizzati mentre altri sono rimasti sulla carta. Quest’opera è da considerarsi come il “generatore” di tutta la mostra: l’opera d’arte è qui intesa come “possibilità”, come ipotesi colta nel suo divenire, come forma di un processo che non è soltanto un documento del passato ma anche un’opportunità per il presente e una proiezione nel futuro.
All’inizio della mostra troviamo il film Verifica incerta (Disperse Exclamatory Phase), realizzato tra il 1964 e il 1965 in collaborazione con Alberto Grifi, un’opera basata su un utilizzo radicale tanto di materiale pre-esistente quanto della tecnica del montaggio e che ha anticipato di anni le pratiche di appropriazione e di campionamento divenute popolari a partire dalla fine degli anni settanta. Il film è composto di materiale di scarto cinematografico, oltre 150.000 metri di pellicola proveniente da cinema commerciale americano degli anni cinquanta e sessanta destinata al macero e che Baruchello ha montato con il nastro adesivo. Immagini e sequenze provenienti da narrazioni differenti sono accostate in modo da creare sospensioni e inversioni delle sceneggiature originali, con il risultato di ottenere l’opposto del procedimento classico di scrittura filmica: qui la sceneggiatura è il risultato del montaggio e non il punto di partenza. Presentato nel 1965 al convegno del Gruppo 63 a Palermo, questo film è un’opera fondamentale nel contesto di quelle pratiche che mettono in discussione il concetto di autore e analizzano i meccanismi della creazione artistica attraverso l’appropriazione e la re-invenzione di materiali esistenti. Presentato dopo pochi anni sia al MoMA che al Guggenheim di NY, Verifica incerta è presente nelle collezioni del Centre Pompidou e del Museo Madre.
Insieme a opere filmiche seminali dell’inizio della carriera dell’artista – come Il grado zero del paesaggio (1963) e Il grano (1974-75), in cui l’inquadratura fissa contribuisce a generare una forma di osservazione della natura e dei suoi cicli vitali – la mostra presenta i film sperimentali che Baruchello realizzò nel 1968 in risposta alla Guerra in Vietnam, come Norme per gli olocausti, Per una giornata di malumore nazionale e Costretto a scomparire (tutti del 1968), in cui a essere analizzato con un linguaggio surreale e provocatorio è il meccanismo di distribuzione della informazioni da parte dei mass media e la conseguente manipolazione dell’opinione pubblica.
Al termine di una sequenza di opere pittoriche e installative, tra le più importanti del percorso dell’artista, la mostra si chiude con Tre lettere a Raymond Roussel (1969), una grande installazione filmica in tre parti: 1-Limbosigne, 2-A Little More Paranoid, 3-La degringolade. Materiali filmici “trovati” e materiali originali sono montati a formare tre diversi nuclei narrativi, mentre il sonoro è il prodotto dell’assemblaggio di registrazioni sonore di sogni prima e durante il risveglio notturno. In questa installazione Gianfranco Baruchello orchestra immagine e pensiero, materiale filmico e percezione soggettiva creando un ambiente immersivo, in cui stabilisce un parallelo tra la dimensione del sogno e dell’inconscio e la tecnica del montaggio come spazio di memoria e libera associazione di idee.
La mostra presenta, inoltre, numerosissimi materiali inediti o mai presentati al pubblico in una versione così corposa, come una selezione di trenta fogli originali che servirono alla pubblicazione del romanzo sperimentale La quindicesima riga (edito da Lerici nel 1968), le cosiddette Prove di montaggio del 1964 (collage realizzati con gli stessi fotogrammi che servirono alla realizzazione de La verifica incerta), la grande opera pittorica Lo zero di Gödel (1962) e il ciclo pittorico Non accaduto (1970/71), oltre trenta collage originali e mai esposti che servirono alla genesi del romanzo sperimentale Avventure nell’armadio di plexiglass (pubblicato da Feltrinelli nel 1968) e una selezione di oltre cento disegni dall’installazione In Store, ad accompagnare l’installazione filmica Tre lettere a Raymond Roussel.
In collaborazione con la Fondazione Baruchello e con il MADRE - Museo d'Arte Contemporanea Donnaregina, Napoli.
Si ringrazia Massimo De Carlo (Milano-Londra) .