Gianfranco Gentile – The rust garden
In mostra una ventina di lavori di Gianfranco Gentile, artista che ha scelto di raccontare la bellezza dell’archeologia industriale: un universo costellato da macchine antiche e architetture abbandonate.
Comunicato stampa
Il titolo della mostra The rust garden rimanda ad una sorta di giardino meccanico dove metalli come il ferro o il rame e le loro fascinose patine d’ossidazione sembrano riaffiorare e sbocciare sul supporto leggero del cartone grazie al sapiente uso del colore. Vecchi marchingegni, condutture e ruote dentate, congegni obsoleti e velati dalla patina del tempo, fabbriche dismesse, assumono nei meticolosi lavori di Gentile - spesso di grandi dimensioni- un valore memoriale pari a quello di un frontone greco o di una statua romana. Non a caso, in alcuni suoi lavori, vengono accostati armoniosamente elementi di archeologia classica e di archeologia industriale.
“Guardando le opere di Gianfranco Gentile viene alla mente la fase dell’industrializzazione tardo-ottocentesca, la “civiltà delle macchine” della metà del XX secolo, e si è presi da un’attrazione per qualcosa che ha il sapore di un’operazione nostalgia, legata ad una perdita senza possibilità di un ritorno. Agli antipodi rispetto all'esaltazione modernista della potenza della macchina, l’artista si concentra sulla valenza estetica degli apparati tecnici del passato, lasciando emergere la bellezza latente dell’ingranaggio e – attraverso l’irresistibile attrattiva del dettaglio messo a fuoco da un’ottica lenticolare – riporta alla luce il potere seduttivo esercitato da una meccanizzazione ancora controllata dall’uomo in un’epoca non così remota, eppure irrimediabilmente trascorsa, in cui era ancora la mano dell’operaio a mettere in moto le macchine, manovrare gli strumenti, abbassare leve, girare rubinetti, avvitare bulloni, ruotare manovelle, premere interruttori, verificare i materiali.
Ciò che attrae nelle opere di Gianfranco Gentile è anche la loro peculiarità tecnica, la sorpresa generata dall’utilizzo di materiali poveri e leggeri per ricavarne effetti di grande realismo. Il metodo di lavoro è originale: le opere sono infatti disegnate su comune cartone ondulato da imballo, dipinte a mano sulla superficie liscia con pastelli e tecniche miste (ossidi, vernici, cemento, catrame, oli riportati a "secco"), poi intagliate con il cutter nelle parti non dipinte, in modo che affiori lo strato di onduline sottostante e che il contorno del congegno raffigurato emerga con straordinaria potenza ed effetto di tridimensionalità dallo sfondo. Si attua così una sorta di camouflage o metamorfosi del mezzo: il fragile e deperibile cartone assume le sembianze del ferro, ne simula le caratteristiche di corrosione e ruggine, a fronte dell’usura del tempo e delle ingiurie delle intemperie; il colore a pastello ripropone il cromatismo sommesso e pacato delle vernici scrostate e sbiadite; la rigatura verticale del supporto, con la sua ondulata profondità, allude alla tridimensionalità concreta dell’oggetto raffigurato” ( tratto dal testo di Elisabetta Bovo , 2010).
In occasione dell’opening vi sarà negli spazi della cascina una performance musicale di Gianfranco Gentile.
Gianfranco Gentile nasce a Verona nel 1949. Per tutto il decennio degli anni ‘70 vive a Firenze dove si laurea in Architettura. In quegli anni frequenta il corso di Fonologia e Musica elettronica presso il Conservatorio Luigi Cherubini e si occupa principalmente di musica sperimentale e di improvvisazione elettroacustica, partecipando a manifestazioni di musica contemporanea sia in Italia che all’estero e a performance del movimento artistico Fluxus. Varie le esperienze di quel periodo legate alla musica e al rapporto arte/società, dalla partecipazione per oltre un anno a sedute di animazione musicale con i degenti dell’Ospedale Psichiatrico di Volterra alla composizione di colonne sonore per spettacoli teatrali, tra cui i 6 eventi del “Teatro Invisibile” di Aldo Rostagno e “Finita Infinita” in coppia con la cantante-attrice Maria Monti. Dopo alcuni anni vissuti a Roma, a metà degli anni ’80 torna a Verona dove lavora come scenografo, grafico e disegnatore di oggetti d’arredo e dove forma una rock-band di cui è compositore e interprete dei brani in repertorio.Dalla metà degli anni ‘90 inizia il percorso nell’arte pittorica che lo porta ai nostri giorni, utilizzando principalmente pastelli e tecniche miste, con una particolare attenzione alla comune realtà visiva quotidiana che la frenetica e disattenta vita contemporanea tende a rendere contesto insignificante.