Giannetto Fieschi – L’esperienza dell’arte
Terza e quarta tappa del grande progetto espositivo “Giannetto Fieschi. Un’Esposizione Antologica”.
Comunicato stampa
Le mostre “Giannetto Fieschi. L’esperienza dell’arte” ospitate presso il
Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce a Genova dal 25 febbraio al 30
aprile 2022 e presso la GAM Galleria d’Arte Moderna a Genova Nervi dal
27 febbraio al 30 aprile 2022, costituiscono la terza e quarta tappa del
grande progetto espositivo “Giannetto Fieschi. Un’Esposizione
Antologica”.
Le mostre, promosse dal Comune di Genova e dall’Archivio Giannetto
Fieschi e a cura di Andrea B. Del Guercio, vogliono rendere omaggio
all’illustre pittore ed incisore nato a Zogno nel 1921 e morto a Genova
nel 2010; l’esposizione a Villa Croce sarà inaugurata giovedì 24
febbraio alle ore 16.30 e la mostra alla GAM Nervi sabato 26 febbraio
alle ore 11.00.
Il principio espositivo di entrambe le mostre non è il Museo ma la Casa
d’Artista secondo una tradizione del Novecento europeo: d’altra parte
Villa Croce è una splendida villa ottocentesca affacciata sul mare così
come la GAM, Galleria d’Arte Moderna di Genova, ha sede nell’edificio
cinquecentesco di Villa Saluzzo Serra, una dimora nobiliare inserita in
un meraviglioso parco, ampliata e decorata tra la metà del ‘700 e
l’inizio del ‘900. Come sottolinea Andrea B. Del Guercio, “alla Mostra
d'Arte sostituiamo la Casa dell’Arte, inducendo opere e materiali,
quadri e sculture e mobili a dialogare nello spazio in attesa di coloro
che vorranno viverlo e abitarlo e qui immaginare di incontrare un
signore alto, riservato e colto, austero e geniale, a tratti
incomprensibile, improvvisamente prezioso per sensibilità e
delicatezza.”
Attraverso oltre trenta dipinti, numerosi tra disegni e opere grafiche,
ed una selezione di 'autoscatti', esposti a Villa Croce e una ventina
di dipinti e una Collezione di incisioni e di serigrafie alla GAM,
“rinunciando alle pretese linee scientifiche dello storico dell’arte, ma
abbandonando anche la dimensione effimera della curatela espositiva”,
Andrea B. Del Guercio ha optato per “un titolo e un sistema percettivo
in grado di trasformare il ‘visitatore’ in ‘lettore’ dell'opera di
Fieschi, proponendo lo sconfinamento nella dimensione totalizzante,
diretta ed esclusiva, interamente individuale al tema dell’esperienza
del fare dell’arte. Di fronte ad un autore complesso, sfaccettato e
dialettico, interdisciplinare come Giannetto Fieschi, a cui il sistema
dell’arte ha riconosciuto lungo tutta la seconda metà del XX secolo
grandi occasioni di osservazione internazionale, ma anche quelle
frustranti soluzioni di giudizio impostate su base ideologica,
condizionandone una strumentale marginalizzazione negli anni ‘80, questo
inedito tracciato espositivo fornisce occasione di riscoperta e di
affermazione.”
La mostra al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce
Villa Croce rappresenta con il suo piano nobile, articolato tra lo
scalone di accesso, il doppio salone e altri ambienti residenziali, la
condizione ideale per ‘ricostruire’ e ‘incontrare’ l'esperienza
dell’arte di Giannetto Fieschi; il ‘taglio’ elegante dell’architettura
con la luce che dal mare ‘rimbalza’ al suo interno, ha suggerito al
curatore di far ‘abitare’ gli ambienti attraverso una fruizione per
‘immersione’ nella relazione con le opere e i materiali diversamente
distribuiti invitando il lettore a vivere un rapporto di ‘familiarità’.
“L'obbiettivo è stato quindi quello di ‘approfittare’ non del Museo ma
della Casa ipotizzando un vissuto in cui ogni presenza dell’arte possa
risultare una stabile realtà; l’accesso alla Villa e la sua
frequentazione segue l'esperienza di un incontro con quel mondo
riservato a cui Giannetto Fieschi ha lavorato lungo tutta la sua vita,
inseguendo un proprio caleidoscopio emozionale che il suo Studio e
l’abitazione privata, forse più che le Mostre stesse, hanno raccontato a
coloro che hanno avuto possibilità di accesso - e che nel volume
monografico documentiamo.” (A. B. Del Guercio).
L'habitat espositivo non segue un procedere espressivo cronologico, ma
si articola per aree tematiche, diverse per dimensioni e tecniche
artistiche, inglobando lungo il percorso ‘frammenti’ diversi appartenuti
ai suoi ‘luoghi’; si avverte dalla documentazione fotografica la
relazione per assonanza, forse anche per dissonanza, tra Cicli pittorici
e quadri appartenuti alla sua Collezione - dalla ricca Raccolta di
Crocefissi lignei, di Turibuli e di Calici d’argento, ‘Quadri di
Devozione’ e reperti di diverse epoche e stili - collegamenti tra gli
arredi antichi e i mobili ‘ridipinti’ e personalizzati dalla sua
figurazione intensa e policroma ed ancora un’accurata selezione di carte
incise e di disegni disseminati nella soluzione di una Raccolta in forma
di quadreria di tutta una vita, dalla stagione giovanile alla maturità.
La successione delle opere è incalzante e la fruizione è obbligata a
seguire le ‘aggressioni’ di cui la pittura di Fieschi si caratterizza e
si dettaglia rinnovandosi; l’abbagliante luminosità dello scalone tardo
neo-classico avvolge la policromia della "La Resa" del biennio 1971/1972
con i suoi complessivi sette metri di estensione 'provocando' una
ricaduta sul visitatore invitato a seguire lo sviluppo ‘liturgico’ di un
processo espositivo che si sofferma sull'"Allegoria all'Allegria" del
1957 per poi accedere ai primi due grandi saloni.
Sin dall'inizio di questo ‘percorso’ le dimensioni monumentali delle
superfici dipinte e la fisicità del colore, si impongono sulla
percezione secondo un processo di incontro-scontro con ‘materiali’
espressivi che già nell’immediato dopo-guerra svelano tutta la portata
contemporanea dell’artista, qualificata attraverso un informale materico
– “Benefattrice e derelitto” del 1969 - dalla chiara dimensione e dalla
profondità antropologica, persistentemente sottolineata dall’ingerenza
di frammenti tratti dalla realtà quotidiana - da “Opera Pompei” del
1949 a “Infanti e Maria” del 1977; quando poi l’attenzione volge a
sinistra, la percezione è avvolta dalla dimensione estesa della luce,
condotta attraverso la fiammata verticale di un arancio ‘carico’ di
sostanza sanguigna in “Ancora risurrezione” del 1953 per poi essere
dettagliata da una ‘dizione attentamente disegnata’ nel “Ritratto di
Luigi Vacchelli” del 1956.
Nella successione espositiva delle grandi opere, si alterna la
dimensione verticale con quella orizzontale permettendo o suggerendo il
recupero di quella forma di partecipazione emotiva che la storia
dell’arte antica, attraverso Pale d’Altare e Predelle, tra la policromia
accesa dell’alto medioevo fino all’estrema dimensione barocca, ci ha
insegnato; le Tavole della “Via Crucis” del 1953 così come il Polittico
dedicato al “Leviatano” redatto tra il 1955/1967, danno corpo, alla
sostanza teologico-spirituale dell’arte (costantemente negata nel
tempo), che Pierre Klossowki definisce “conversazione muta”, frutto
secondo Wolfhart Pannenberg di quell’ispirazione che deve essere
considerata un concetto di mediazione comune alla sfera estetica come a
quella teologica.
La presenza, la dimensione e l'articolazione di fattori linguistici
diversamente e spesso coinvolti su base concettuale da Fieschi nelle
grandi opere, in cui sia i simboli visivi che quelli ‘discorsivi’
agiscono ri-trovando la dimensione originaria del ‘libro aperto’, letto
e visto, ci ‘obbligano’, ancora oggi, a fare i conti con una carica
espressiva dalla dimensione estetica europea.
Allo sguardo che ‘impatta’ con le superfici policrome dell’“Omaggio a
G.Byron” del 1951 obbligato a ‘sezionare’ i difficili passaggio
iconografici seguendo uno spostamento costantemente caleidoscopico, si
alterna la fruizione filologica di una Raccolta di Carte, di disegni,
incisioni e serigrafie; l’Archivio lasciato da Giannetto Fieschi ha
svelato una ricchezza di ‘documenti’ difficilmente immaginabile sia nel
numero dei ‘fogli’ che nella ramificazione iconografica, ma anche nelle
tecniche e nelle soluzioni formali.
Il percorso espositivo conduce verso un quarto salone, in cui il tema
del corpo, le nudità dei sessi e le ambiguità che rimescolano le
certezze, circondano lo spazio della fruizione ed avvolgono il
‘lettore’, spiazzano il patrimonio iconografico di riferimento, dalla
mitologia alla liturgia cristiana, alla letteratura - da “Corpus
spirituale” (o Stridori) del ‘51 ad “Ofelia” del 1984 a "Lazzaro" del
1980, alle diverse e insistenti edizioni sul tema di “Leda e il cigno”
ed una Raccolta inedita di disegni erotici. Alla dimensione erotica
rispondono opere pittoriche in accentuazione anche nell’ultima stagione
con risultati spiazzanti per intensità, frutto della moltiplicazione
degli interessi emozionali che attraversano il patrimonio del ‘900 e che
una ‘segreta’ Collezione di disegni conferma, a cui si aggiunge oggi la
‘scoperta’ di una serie di fotogrammi degli anni ‘70, contrassegnati da
una accentuata dimensione performativa ed esemplarmente riconducibili
alla Body Art.
Una serie di tavoli e di bacheche invadono lo spazio della ‘Casa- Museo’
destinate a raccogliere il patrimonio letterario a cui Fieschi ha
direttamente e costantemente dedicato grande spazio con numerosi
interventi editoriali; la ‘scrittura’ segue strettamente e si insinua
ovunque nel ‘raccontare dipingendo’ per poi trovare i suoi spazi e le
soluzioni che una grafia ‘visiva’ è in grado di rinnovare e di tenere
costantemente aggiornata seguendo l’umore del momento ma anche
‘dipendendo’ dal tema. Si scopre quanto la parola diventi essa stessa
‘immagine’ grazie ad un carattere ‘instabile’ e ad una presenza segnica
del colore, frutto della rivisitazione della cultura atemporale del
libro, dal papiro all'incunabolo, dalla tavoletta babilonese alla
pergamena, dall’impianto latino all’italiano volgare al francese.
Significativa e spesso illuminante risulta anche la sezione dedicata
agli scambi epistolari, dispersi ma poi rintracciati all’interno
dell’Archivio di Fieschi, tra lo Studio e la Casa. Qui si è in grado di
ricucire i rapporti intercorsi in particolare con la critica del tempo e
scoprire ciò che ha determinato sia la ‘fortuna’ ma anche quelle
forzature che ne hanno condizionato la storia e la sofferta
emarginazione degli ultimi anni; in ambito documentativo si potrà
riconoscere l’assenza di alcuni nomi, di documenti mancanti e di lettere
mai scritte che sanciscono, di fronte ad intuizioni espressive
‘anticipatorie’ degli eventi espressivi, forme strumentali evidenti di
‘cancellazione’.
La mostra alla GAM Galleria d’Arte Moderna
Non poteva ‘mancare’ ad un progetto espositivo dedicato alla dimensione
complessa e articolata di Giannetto Fieschi, l’inserimento delle sue
opere nella Galleria d'Arte Moderna con sede a Nervi; il Museo,
circondato da un raffinato parco degradante verso il mare, racconta la
storia artistica italiana e genovese tra la fine del ‘700 e il ‘900,
così che la sezione dedicata a Fieschi si pone in stretta relazione con
autori ed opere testimoni di uno processo scandito dalla dimensione
estetica del tempo, lungo una geografia culturale fatta di tradizione e
di rivoluzione, di passaggio del gusto sociale e lungo le trasformazioni
della lingua dell’arte.
“Ancora al centro di questo evento espositivo si pone la dimensione
accurata ed elegante della Casa-Museo, di un luogo in cui la
conservazione delle opere si combina e si relaziona con la
frequentazione familiare, in cui tutti noi respiriamo pienamente il
valore della vita che in quegli ambienti ha seguito un lungo tempo,
iniziato già alla fine del ‘500 e scandito dalla successione di quegli
stili che hanno trasformato le forme e i valori culturali, combinandosi
con i comportamenti collettivi. L'esperienza dell’arte, anche in questo
ambito spaziale, ha costantemente sviluppato processi e fornito
presenza, nella cui successione le opere di Giannetto Fieschi oggi si
inscrivono con nuovi valori, aggiornando la storia dei processi
espressivi, ma soprattutto rivelando ed affermando lo stato della
sensibilità contemporanea.” (A. B. Del Guercio).
Nello specifico e per relazione con la stagione moderna dell’arte, la
Galleria ospita di Fieschi la produzione di opere di più ridotta
dimensione e soggetti a cui ha dedicato una insistita e mirata
attenzione; si raccolgono quadri e opere grafiche rispondenti allo
sviluppo di Cicli tematici quali la “Maternità” ed ancora soggetti
racchiusi in una conduzione della pittura che potremmo dire ‘antica’ e
che ci rimanda con il ricordo al grande cavalletto che tutt’ora
troneggia nello Studio di Vico San Marcellino in Genova.
Gli ambienti raccolti e intimi permettono di scoprire un autore che
accanto alle grandi e spesso polimateriche opere, alle pesanti tavole e
ai collages, si rivela segretamente attento al ‘quadro da cavalletto’,
destinato ad una fruizione sicuramente privata, indicativa di una
condizione familiare. Significativa in quest’ottica, è la presenza sul
retro della maggior parte di queste opere ‘minori’, di dediche
personalizzate e titoli appartenenti o collegati, come il “Ritratto” ma
anche i “Santi” ed ancora le numerose “Maternità” ed un patrimonio
iconografico antico, per poi raggiungere “Mostri”, “Figure” e “Animali”.
In questo ambito espositivo trova spazio una sezione dedicata alla
Cartella di serigrafie collegata ad uno degli ultimi grandi cicli
pittorici, il ‘Pericolo’ degli anni 1973/77 ora conservato su
‘donazione’ di Fieschi alla Galleria d’Arte Contemporanea di San
Gimignano ed al volume sovradimensionato (cm 35x50) del 1979,
interamente ‘raccontato’ da una policroma calligrafia ‘corpo 8’,
ulteriormente indipendente rispetto a presunti ‘impegni civili’: “Anche
questo mio dipinto è metafora, allegoria o parabola, di non so proprio
che cosa: il simbolo è, come dire, la cellula della metafora, e in
ognuna v’è larghezza per più d’un simbolo: sorge la valenza plurima,
l’ambiguità molto più che binaria, molto più numerosa che il mio nome
non voglia, di ogni simbolo scoperto qui dentro.” (G. Fieschi).
Bisognerà aggiungere e sottolineare quanto nelle opere di più piccole
dimensioni, Fieschi si possa permettere ancora un eclettismo espressivo
condotto ora con miniaturizzazione della pittura, per accumulo di
materia informale, poi per impennate di ‘bagliori’, fino a raggiungere
il mai del tutto celato gusto per la provocazione, fino a raggiungere
la dimensione volgare, frutto di un de-condizionamento dal peso della
responsabilità culturale e dell’impegno, con il raggiungimento di un
esasperato stato di libertà.