Gianni Colosimo
La Galleria Riccardo Costantini Contemporary di via della Rocca 6/b inaugura la mostra personale di Gianni Colosimo, artista eclettico dotato di una verve dissacrante capace di penetrare con lucida ironia i temi più sensibili dell’arte.
Comunicato stampa
Giovedì 5 giugno, alle ore 18.00, la Galleria Riccardo Costantini Contemporary di via della Rocca 6/b inaugura la mostra personale di Gianni Colosimo, artista eclettico dotato di una verve dissacrante capace di penetrare con lucida ironia i temi più sensibili dell’arte. Con questa iniziativa, nata da un’idea di Silvano Alberi, Riccardo Costantini e Gianni Colosimo decidono di sostenere il progetto di promozione sociale dell’Associazione Baby-Xitter grazie a una raccolta fondi che fa ricorso ai mezzi dell’arte contemporanea volgendoli all’impegno sociale.
Baby-Xitter, è il primo servizio in Italia di baby-sitter a domicilio per bambini “diversamente abili”. Al costo di una normale baby-sitter, le famiglie associate possono usufruire di una persona specializzata e di fiducia.
Le baby-xitter, tutte già con esperienza nel settore, affrontano un ulteriore corso, tenuto da medici specialisti, nel campo della disabilità.
L’Associazione Baby-Xitter, ha anche il compito di essere lo sportello informativo per tutte le famiglie, sui diritti e agevolazioni del disabile.
Inoltre, si fa portavoce per le stesse famiglie, nei casi in cui i diritti del disabile non vengano rispettati. Grazie a Baby-Xitter, il bimbo ha accanto a se una persona conscia e pronta a dare tutto l’aiuto possibile, dando allo stesso tempo un sollievo “necessario” ai genitori.
La mostra intende offrire una possibilità di sostegno economico per l’Associazione, alla quale sarà devoluta parte dei proventi ricavati dall’esposizione.
Gianni Colosimo espone fotografie di installazioni e opere realizzate con vere banconote che affrontano il problematico rapporto tra economia, opera e sistema dell’arte.
Il denaro ha segnato, nella storia della cultura, la più radicale astrazione operata sulla realtà. Negli studi sul linguaggio, esso occupa il ruolo del simbolo, di un segno, cioè, che non ha nulla in comune con la realtà che rappresenta, ma che, convenzionalmente, può sostituirla in virtù delle regole di un codice condiviso: un dollaro sta per tutto ciò che esso può sostituire attraverso il valore di scambio attribuito ad un oggetto. Sotto il segno del denaro, dunque, si è ordinato una sorta di linguaggio universale, una lingua capace di fondare la globalizzazione delle relazioni governate dal mercato mondiale. Non è un caso che il denaro possa comprare anche se stesso sotto forma di differenziale tra valute straniere, unificando, in tal modo, ogni area geografica a qualunque latitudine economica, dal dollaro di Washington allo yuan di Mao. L’universalità così raggiunta si manifesta come rapporto di valore tra i singoli elementi mercificati ed un comune sostrato, un principio di equivalenza generale di ordine linguistico - dunque astratto - riposto nel simbolo della moneta.
Nella storia dell’economia descritta dalla critica marxista, il valore di scambio ha preso il posto del valore d’uso, determinando altresì la trasformazione dell’oggetto in merce. Lo stadio successivo della mercificazione si è poi incarnato in quelli che Baudrillard ha chiamato segni-merce, loghi e marchi che sostituiscono l’oggetto del desiderio nella dinamica dello scambio. Attraverso questo processo, l’astrazione raggiunge così il suo apice, causando lo spostamento delle attività economiche in un mondo di puri simboli, ove il commercio avviene tra il marchio del prodotto desiderato e il simbolo monetario.
Inanellando una serie di fallimenti, le avanguardie artistiche hanno tentato in tutti i modi di riservare alla produzione estetica una zona affrancata dal destino della merce, provando a rendere impossibile lo scambio per mezzo di opere fatte della materia incorporea dell’idea – è il caso dell’arte concettuale -, ovvero ricercando l’isolamento esterno al codice economico in forza di un valore intrinseco all’opera che fosse spirituale e qualitativo, dunque non quantificabile.
Gianni Colosimo, con il suo proverbiale istrionismo dandy, ironizza elegantemente sugli insuccessi delle avanguardie. Da una parte crea un vuoto mistico di spirituale astrazione, fondendo l’ascesi dell’opera con la sua trasposizione nel sistema simbolico del denaro. Un’astrazione così originaria da confondersi con lo spazio puro, in parte parodiando l’opera di Yves Klein. Dall’altra, chiude il cerchio della metamorfosi commerciale dell’oggetto artistico, presentando non più un qualunque segno dotato di valore (il logo pop della Coca-cola, la mela di Apple), ma il segno stesso che crea il valore (la banconota). Senza più falsa esitazione, Colosimo dichiara la trasformazione dell’opera d’arte in capitale, esibendo in prima istanza la moneta, che viene così raddoppiata nella sua materia oggettuale (come readymade) e nel valore simbolico che la rende acquistabile.
(MICHELE BRAMANTE)