Gianni D’Urso / Francesco Strabone – Untitled
Gli artisti si confrontano con due installazioni all’interno della white cube occupando lo spazio con rigore scientifico e tensione spirituale: un’ostensione silenziosa che dispone le due opere contribuendo ad un’unica visione esteticamente pura e solenne.
Comunicato stampa
Martedì 10 aprile 2018 alle ore 19.00, Kunstschau_Contemporary Place a Lecce, via Gioacchino Toma 72, inaugura la seconda mostra dal titolo Untitled con le opere di Gianni D’Urso (Cisternino, BR, 1988, vive e opera a Bologna) e Francesco Strabone (Brindisi, 1990, vive e opera a Lecce), a cura di Mariagrazia De Giorgi.
Gli artisti si confrontano con due installazioni all’interno della white cube occupando lo spazio con rigore scientifico e tensione spirituale: un’ostensione silenziosa che dispone le due opere contribuendo ad un’unica visione esteticamente pura e solenne.
Gianni D’Urso occupa la superficie del pavimento con la scultura Unique: 9 elementi disposti in un’area quadrata, di cui 8 sfere nere in materiale sintetico ed una pietra, anch’essa ricoperta dalla vernice nera. L’intento dell’artista è di orientare la percezione verso una piena corrispondenza tra forme artificiali ed elementi naturali, laddove la serialità dell’oggetto industriale viene commisurata a ciò che siamo disposti a intendere come elemento ideale.
Francesco Strabone interviene sulla parete verticale: in apparenza un accumulo di ossa e di detriti che, in realtà, ad una accorta osservazione, si rivelano concrezioni materiche strappate alla densità dell’argilla e al fluire del gesso nelle cavità. Per l’artista la scultura diventa strumento per simulare reperti ossei e antropomorfi, elementi al tempo stesso organici, corporei e spirituali.
Entrambe le opere – raccordate da un medesimo paradosso, Untitled, in grado di sottrarre ogni possibile identità ai volumi esposti – definiscono un processo di ricerca formale e materiale caratterizzato dalla relazione tra forma naturale, forma artificiale e geometria. L’enigma delle superfici adduce un processo di spiazzamento nella riconoscibilità degli elementi: un equivoco che mette in questione i paradigmi della percezione e rivela la distanza tra il momento analitico e il momento sintetico della conoscenza.