Gianni Pettena – About Non Conscious Architecture
La galleria Giovanni Bonelli è lieta di presentare, per la prima volta nei propri spazi, un’ampia antologica dei lavori dell’artista Gianni Pettena, che si concentrerà sull’attività svolta tra il ’68 e la fine degli Anni’70: il decennio cruciale della sperimentazione artistica e sociale in Italia.
Comunicato stampa
La galleria Giovanni Bonelli è lieta di presentare, per la prima volta nei propri spazi, un’ampia antologica dei lavori dell’artista Gianni Pettena, che si concentrerà sull’attività svolta tra il ’68 e la fine degli Anni’70: il decennio cruciale della sperimentazione artistica e sociale in Italia.
Se anni fa Emilio Ambasz scriveva che Gianni Pettena è tra quei protagonisti dell’Architettura Radicale che non hanno ancora avuto il giusto riconoscimento, è vero che proprio adesso si assiste ad un’unanime riscoperta internazionale e a un’attenzione del tutto nuova della figura dell’artista che, per anni, è stata subordinata a quella del critico e dell’interprete dell’Architettura Radicale.
Proprio per questo la figura e la multiforme attività di Pettena appaiono oggi totalmente inedite e tali da raccogliere in sé tematiche decisive per la contemporaneità, come il rifiuto del lavoro disciplinare, il sabotaggio, l’appropriazione, la performatività dell’urbano e la riscoperta del carattere fisico dei luoghi e del paesaggio naturale. Da qui deriva il titolo della mostra che è tratto da un articolo fondamentale di Pettena uscito sulla rivista “Casabella” nel 1974, risultato dei suoi ripetuti viaggi nel Sud Ovest degli Stati Uniti: dal deserto dello Utah alla Monument Valley.
L’anno prima, il 1973, era uscito anche il suo libro, ormai leggendario, “L’Anarchitetto” in cui molte sono le affinità con la pratica artistica che, in perfetta sincronia, stava sviluppando Gordon Matta-Clark ma con cui molte sono pure le differenze. Tuttavia in entrambi alla base c’è l’idea di non costruire ma di operare nel già costruito, lasciandone emergere lo spazio inconscio o inconsapevole che normalmente viene rimosso – così come l’idea dell’architettura e dello spazio quale evento, come performance permanente, che vede il rapporto di Matta-Clark con Trisha Brown e di Pettena con Giuseppe Chiari.
Per questo motivo Marco Scotini ha scelto di presentare un’ampia selezione di lavori risalenti alla fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, non per sottrarre l’autore alla sua opera successiva di grande valore ma nella convinzione che risale proprio a questo periodo, dell’attività di Pettena, uno dei raggiungimenti cruciali del fare arte ancora tutto da scoprire e da praticare. Nel percorso espositivo saranno presentati molti materiali editi ed inediti realizzati da Pettena con differenti media.
Per l’occasione sarà riallestita al centro della galleria la grande scritta Carabinieri (creata per la prima volta nel 1968) che è uno degli esempi più importanti di intervento spaziale semiotico di quegli anni, in cui è il linguaggio stesso a rivelare il carattere (di cattura e controllo) del contesto, mettendo in evidenza la natura etico-estetica della ricerca radicale di Gianni Pettena.
Gianni Pettena (Bolzano, 1940. Vive e lavora a Firenze).
Gianni Pettena è tra i fondatori, alla fine degli anni ’60 a Firenze, del movimento “architettura radicale” insieme a Superstudio, Archizoom, UFO. Nel 1972 realizza la sua prima mostra personale alla John Weber Gallery a New York. Negli anni successivi si dedica sia all’attività di artista che a quella accademica, spesso indagando le connessioni tra le proposte delle generazioni più giovani e il retaggio della sperimentazione iniziata negli anni ‘60.
Le opere di Gianni Pettena, in particolare i lavori del cosiddetto periodo ‘americano’ (1972) e i molti disegni la cui visionarietà si è poi spesso tradotta in profetica realtà, assumono un valore tanto per la loro specificità e unicità all’interno della sperimentazione radicale degli anni Sessanta e Settanta quanto per i loro influssi sul mondo dell’architettura, del design e dell’arte contemporanea successivi. Il suo lavoro è stato presentato in musei e istituzioni come: il Centre Pompidou di Parigi (1978), la Biennale di Venezia (1996), il Mori Museum di Tokyo (2004), il Barbican Center di Londra (2006), il PAC di Milano (2010), e il Museion di Bolzano (2008 e 2014).