Gino D’Ugo – Ignora l’area danneggiata
Angolo Cottura presenta: “ignora l’area danneggiata” di Gino D’Ugo.
Comunicato stampa
Per delicatezza ho perduto la mia vita.
[Par délicatesse / J'ai perdu ma vie].
Arthur Rimbaud, Canzone della torre più alta, 1872
Come sono dicotomiche queste immagini che ci presenta Gino D’Ugo. La forza, la determinatezza di una cornice, che detiene, che ingloba, che contrae, rotta, dispiegata, una cornice che non assume più il suo valore intrinseco, ma che prova ad autodeterminarsi nonostante la sua incertezza.
È un elemento quasi banale, la cornice, che dal dizionario si porta dietro la pesante definizione di colei che racchiude. Queste cornici, invece, sussumono una serie di significati piuttosto importanti. Intanto, come accennato, sono cornici che hanno subito una violenza, che non rispondono più alla loro funzione primaria. Perlomeno apparentemente. Che poi, invece, come contrappasso di questa violenza, si potrebbe parlare di delicatezza, piuttosto.
“Tutte le cose sono delicate”, dice Gino D’Ugo. Una frase che può avere tanti significati, che ci invita ad una serie di riflessioni che ci portano a concentrarci su ciò che vediamo e ciò che, simultaneamente, proviamo e pensiamo.
Delicate ed intime le immagini parzialmente racchiuse, come un confessionale, in cui ci troviamo da soli con le nostre paure, le nostre debolezze, o come un seno di una donna, impercettibile allo sguardo, o ancora come tanti piccoli frammenti di memoria che riportano il ricordo di persone del passato. Delicato il vaso di fiori, delicata la mano che usa l’acquerello per diluire le emozioni. Immagini, sbilenche anch’esse, che ci parlano della vita di ognuno di noi, guardandoci negli occhi, obbligandoci al rapporto intimo con questi pezzi di legno che hanno lasciato una vita per percorrerne una nuova. Le cornici rotte, che in quella rottura, in quella crasi, si aprono ad una nuova aria, ad un possibile intervento esterno, rotte per dare una possibile continuità tra esterno ed interno, per rendere lo spettatore curioso di infilarsi fra le pieghe, rotte per dare modo di entrare, di scappare, rotte anche, e finalmente, per fottersene.
A Laura, senza la quale tutto questo non esisterebbe. E che ride ancora sempre con noi.
Sabrina Vedovotto