Gino Gianuizzi – Galleria Neon Bologna

Informazioni Evento

Luogo
LAVERONICA ARTE CONTEMPORANEA
Via Clemente Grimaldi 93, Modica, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

su appuntamento

Vernissage
30/12/2018

ore 18,30

Artisti
Gino Gianuizzi
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra personale

Comunicato stampa

Proloco#2
Agosto 2018 – Agosto 2019

“Perché non aprite una galleria a Milano?”

L’idea di Proloco nasce dopo aver visto il progetto Onore Perduto dell’architetta siciliana Grasso Cannizzo alla Biennale di Architettura del 2016. Nel testo del catalogo è citato l’economista cileno Manfred Max-Neef, secondo il quale “la zanzara è l’unico animale in grado di sconfiggere un rinoceronte. O meglio, uno sciame di zanzare. Metafora del capitalismo, il rinoceronte possiede una forza indomita e bruta che distrugge tutto ciò che ostacola i suoi interessi (competitività), annientando tutti gli esseri più piccoli (attività locali). L’unica strategia per sopravvivere, sostiene Max-Neef, è ridurre le proprie dimensioni in modo da non costituire più una minaccia per quella forza così grande (ed essere così lasciati in pace), ma al contempo poter soffocare il pachiderma se si agisce di comune accordo”.

Gino Gianuizzi
Galleria Neon, Bologna

Easy like Sunday morning
(tautologia emiliano/terrestre)

Ero appena stato da Gino e avevo aggiunto alla mia scarna collezione un’opera importante di Maurizio Cattelan.
Sulla A1 le domande che assillavano la mia mente vertevano sulla mia effettiva lucidità e mettevano in discussione la stabilità della
mia parte razionale.
Che avevo fatto?
Si certo avevo risparmiato nei mesi precedenti per arrivare ad immaginare di permettermi una sua opera significativa.
Ero felicissimo, ma il dubbio era crescente - forse avevo esagerato.

Gino, però, aveva scelto per me quel lavoro.
Un’opera desiderata da tempo da collezionisti veri (seri): meravigliosa era rimasta in attesa di un incontro che fosse in realtà una sorta di coincidenza di obiettivi.

Alla galleria Neon le urgenze (intendendo con questo immaginare una classificazione delle necessità umane) definivano l’importanza delle scelte.

A volte l’urgenza, appunto, era proprio quella di non averne per nulla.

Andrea Pazienza se ne andava lasciando una traccia resistente e poetica, non prima di aver nascosto con una certa perizia la roba all’interno di giardini, mi viene in mente, un po’ landolfiani.

Se a Torino nello stesso periodo San Bruno Zanichelli dava vita alla rappresentazione della sua battaglia personale e universalmente umana contro il tempo che fugge e che consuma, Gino Gianuizzi coltivava di là un analogo interesse per l’umano attraverso esperienze artistiche apparentemente più aggregative.

Lasciare spazio ad una sorta di casualità relazionale, auspicandola e creando le premesse affinché qualcosa prendesse forma mi pare una della caratteristiche fondamentali del progetto.

Alla Neon emergeva una descrizione dell’uomo che mi piaceva un sacco.
Un tentativo di immaginare ed accettare l’evoluzione di uno scenario antropico in cui tempo e spazio fossero liberamente contaminati dall’imprevisto.
Come se.

A volte negli orari di apertura la galleria non era aperta ed io aspettavo (succedeva non spessissimo ci mancherebbe) Gino.

Alla Neon ho visto mostre memorabili.
A cui andavo per il piacere e l’entusiasmo di vederle, semplicemente.
Cosa non scontata, se penso alle ragioni per cui oggi si va a visitare una galleria, un museo, una fondazione.

Plasmoniana di Eva Marisaldi.

Rivolta di Italo Zuffi.

Il livello saliva e scendeva, l’importante era seguire il ritmo serrato di mostre che GG metteva una dopo l’altra.

La qualità del lavoro e delle visioni degli artisti era variabile, molto variabile.

Il flusso poetico e continuo della sequenza espositiva era la ragione stessa del progetto, credo.
Al di là della qualità, che a volte, era eccezionale.

Maurizio Cattelan, Eva Marisaldi, Alessandro Pessoli, Cuoghi Corsello, Maurizio Mercuri, Alessandra Tesi... (cito alcuni artisti che all’epoca lavoravano con la galleria).

Pensieri fini e sguardi disincantati (ma non arrabbiati, direi) immaginavano storie che prendevano paradossalmente forma dalla mancanza di pretese troppo concrete o soltanto banalmente vantaggiose.
Il presente vissuto con tolleranza e curiosità nella sua imprevedibilità poetica era il centro spazio temporale.

Esperienze artistiche di altissimo livello e quasi sempre di poverissimo impatto formale.

La dimensione performativa, in senso tautologico, in senso letterale, era la struttura formale intorno alla quale collidevano forme apparentemente casuali.
Come se.
Ma quando vedevo Estate di Eva o Rivolta di Italo le cose incominciavano a prendere senso.

In attesa del prossimo spunto, del passaggio successivo, la sequenza di eventi che ha portato a sedimentare la storia di Neon è in primis un processo poetico che va valutato nella sua interezza al di là dei momenti di maggior successo.
Gino Gianuizzi è il più evanescente dei miei punti di riferimento, il più distante da un certo punto di vista.
È come partire e non sapere dove arrivare; nella consapevolezza che la costruzione di questo percorso è determinata da variabili che, inoltre, ci interessano fino ad un certo punto e che possono essere francamente illuminanti.

Come se, infatti, la ricerca di consenso fosse cosa stupida, stupidissima, se paragonata alla forza dell’esperienza vissuta e alle rivelazioni che possono materializzarsi lungo il percorso.
Senza troppa paura.

Paolo Zani

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Proloco#2
August 2018 – August 2019

“Why don’t you open a gallery in Milan?”

The idea behind Proloco came about after viewing the project Onore Perduto by the Sicilian architect Grasso Cannizzo at the Architecture Biennale in 2016. In the catalogue text, the Chilean economist Manfred Max-Neef is cited, according to whom “the mosquito is the only animal capable of defeating a rhinoceros. Or rather, a swarm of mosquitos. A metaphor for Capitalism, the rhinoceros possesses an untamed, brute force that destroys everything that stands in the way of its interests (competitiveness), annihilating all smaller beings (local businesses). The only strategy for survival,” according to Max-Neef, “is to become so small as to no longer constitute a threat for that formidable force (and thus be left in peace), yet at the same time be able to suffocate the pachyderm if a common agreement to act is reached.”

Gino Gianuizzi
Galleria Neon, Bologna

Easy like Sunday morning
(Emilian/Terrestrial tautology)

I had just been to Gino’s and I had added a major work by Maurizio Cattelan to my own meagre collection.
On the A1, the questions buzzing round my head all concerned my actual degree of clear-mindedness, doubting the very stability of
my rational brain.
What had I done?
Yes, of course, I had been saving up over the previous months so that I might even think about affording one of his major works.
I was quite beside myself with joy, but there was still a niggling doubt – perhaps I had gone a little too far.

Gino, however, had picked out that work for me.
A work long sought after by real (serious) collectors: as marvellous as it was, it had been waiting for an encounter that was in actual fact more like a coinciding of objectives.

At the Galleria Neon, the urgencies (by this meaning an imaginary classification of human needs) defined the importance of the choices made.

Sometimes the urgency itself, nonetheless, was just that of not having any at all.

Andrea Pazienza left us with a resistant and poetical trace behind him, but not before having carefully stowed away his stuff in gardens that were, I might say, rather Landolfian.

While in Turin during the same period, when San Bruno Zanichelli was staging his own personal and universally human battle against fleeting and all-consuming time, Gino Gianuizzi was nurturing a similar interest in the human through apparently more aggregative artistic experiences.

Making room for a sort of relational randomness – fostering it and laying down the bases for something to take shape – seems to me to be one of the fundamental characteristics of the project.

At the Neon, a description of man was emerging that I was really keen on.
An attempt to imagine and accept the evolution of an anthropic scenario in time and space might be freely contaminated by the unforeseen.
As if.

Sometimes during opening hours, the gallery was not in fact open, and so I would wait (it didn’t happen very often, and it’s perfectly understandable) for Gino.

At the Neon, I saw many memorable exhibitions.
Which I would go to for the pleasure and enthusiasm of seeing them, nothing more.
Which is not something that can be taken for granted, if I think of the reasons why people go and visit a gallery, a museum or a foundation.

Plasmoniana by Eva Marisaldi.

Rivolta by Italo Zuffi.

The level would rise and fall, but the important thing was to follow the rapid succession of shows that GG staged, one after the next.

The quality of the work and of the visions of the artists were variable, very variable.

The continuous poetic flow of the display sequence was the real reason behind the project, I think.
Besides the quality, which at times, was quite exceptional.

Maurizio Cattelan, Eva Marisaldi, Alessandro Pessoli, Cuoghi Corsello, Maurizio Mercuri, Alessandra Tesi... (to name but a few of the artists who were working with the gallery at the time).

Refined thoughts and disenchanted gazes (but not angry, I would say) conjured up stories that were paradoxically shaped by the lack of overly concrete demands or even banally exploitative ones.
The present experienced with tolerance and curiosity in its poetic unforeseeability was the very hub of the space-time dimension.

Artistic experiences of the highest level and almost always of very humble formal impact.

The performative dimension, in a tautological, literal sense, was the formal structure around which apparently random forms would collide.
As if.

But when I saw Estate by Eva or Rivolta by Italo, things began to take on a certain meaning.

While waiting for the next source of input, the following step, the sequence of events that led to the sedimentation of the story behind Neon is first and foremost a poetic process which must be evaluated in its entirety, setting its moments of greatest success aside.
Gino Gianuizzi is the most evanescent of my points of reference, the most distant from a certain point of view.
It’s like setting off without a destination in mind, aware that the construction of this itinerary is determined by variables which, what’s more, we are interested in up to a certain point yet which may frankly be illuminating.

As if, in fact, the search for approval were an extremely stupid thing, if compared to the force of the experience itself and the revelations that may emerge along the way.
Without too much fear.

Paolo Zani