Gino Sabatini Odoardi – Termoformature
Termoformatura in polistirene è la definizione tecnica del procedimento sfruttato da Gino Sabatini Odoardi per realizzare gran parte dei suoi lavori.
Comunicato stampa
Termoformatura in polistirene è la definizione tecnica del procedimento sfruttato da Gino Sabatini Odoardi per realizzare gran parte dei suoi lavori. Con un artificio plastico, tecnologicamente avanzato, l’artista spinge fino al limite estremo la natura di oggetti dal valore simbolico, tramutati in presenze astratte, sottratte al mondo e ai rituali consueti, straniate, silenziate, divenute segni muti. L’intero processo esecutivo si svolge in fabbrica e si concretizza nelle fasi del riscaldamento, del sottovuoto e del raffreddamento.
Ed è grazie al workshop Arte e industria in dialogo, curato da Anna Maiorano, docente di Decorazione - Arte Ambientale e Linguaggi Sperimentali, che Gino Sabatini Odoardi ha trasmesso a circa 80 studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma i segreti di questo affascinante procedimento tecnico, mentre Massimo Carboni, saggista e docente di Estetica, ha tenuto una lectio magistralis sul tema dell’accoglienza e dell’ospitalità, dal titolo L’altro che è in noi.
Se da una parte si è così sperimentato un particolare metodo di costruzione plastica, dall’altra gli studenti hanno identificato degli oggetti simbolici connessi al fenomeno dell’immigrazione: un percorso completato da una visita al Centro Astalli di Roma, luogo d’accoglienza per i richiedenti asilo, guidato da Padre Alessandro Manarese.
Da qui è nato un ampio nucleo di lavori, alcuni dei quali saranno esposti in Aula Colleoni, insieme a un’opera inedita di Sabatini Odoardi. Tre dei pannelli realizzati dagli studenti che saranno donati all’Accademia – sono stati termoformati e cofirmati dall’artista stesso.
Filo conduttore, accanto alla condizione di chi è forestiero, migrante, rifugiato, è il tema della memoria, nella cornice della contemporaneità: che si tratti di ricordi intimi, personali, o di frammenti pescati tra gli infiniti archivi informatici e le piattaforme mediatiche, la riflessione sul valore e le dinamiche del ricordoviene qui problematizzata dal processo creativo, capace digenerare cataloghi di tracce oggettuali improprie, estranee e insieme riconoscibili, silenziose e suggestive, come piccoli monumenti del quotidiano.
Reinventati dalla termoformatura in polistirene, questi oggetti cambiano pelle e funzione: “uno straniamento che li rende fantasmi di sé stessi”, spiega Anna Maiorano, “annullando la loro funzione pratica all’interno di un’enigmatica sospensione spazio-temporale: è come se si volesse bloccare quel processo di verità assoluta a cui ci abituano ad esempio le religioni, al fine di sviluppare una verità personale, individuale”. Quello che resta, quello che era e non è più, quello che potrebbe essere: memorie instabili, trasfigurate, con cui ridisegnare i confini delle cose, del linguaggio, dei codici e dei racconti.