Giorgio Cassone – L’incoscienza che ci trattiene
L’incoscienza che ci trattiene ancora qui è una mostra che attraverso la tecnica pittorica e l’indagine esistenziale e sociale che Giorgio Cassone intraprende da diversi anni, ci porta ad analizzare il presente e ad interrogarci sui grandi temi dell’esistenza.
Comunicato stampa
L’incoscienza che ci trattiene ancora qui è una mostra che attraverso la tecnica pittorica e l’indagine esistenziale e sociale che Giorgio Cassone intraprende da diversi anni, ci porta ad analizzare il presente e ad interrogarci sui grandi temi dell’esistenza.
L’esposizione si articola in quattro settori: le icone contemporanee, i simboli del potere, il surreale della Società dello Spettacolo, il bisogno d’amore. Ciascuno di questi temi è in balia di una contraffazione di fondo, di una lettura imprevista e rovesciata, di un misunderstanding, un’incomprensione connaturata e difficilmente smascherabile. Giorgio Cassone pone allora l’accento sulle apparenze rassicuranti dell’immaginario collettivo che, esibendo falsi problemi, celano le vere piaghe dell’esistenza.
Per questo motivo le icone contemporanee Marilyn Monroe, Keith Richards, Mick Jagger, Samuel Beckett, Carmelo Bene sono ritratti in atteggiamenti che li smascherano: la dea della bellezza Marilyn è priva di colore e con un trucco smaccato mentre sul bordo del quadro è riportata la sua celebre frase: please believe me, I’m really sick. Richards, Jagger, Beckett mostrano il loro volto umano corroso da rughe impietose. Carmelo Bene, fuori dal palcoscenico, si confronta con le angosce del suo destino di uomo rappresentato da un teschio giallo. I simboli del potere sono rappresentati da due quadri in cui il lato pop e colorato abitato da personaggi del mondo patinato del fashion è reso opaco, mentre il lato in bianco e nero che accoglie persone comuni in scene di vita quotidiana banale e degradata è lucidato con il flatting.
Il surreale della Società dello Spettacolo sono piscine (da “Il Nuotatore” di John Cheever) simboli del vuoto dell’apparenza, e la mostra si chiude con i tre lavori del ciclo il bisogno d’amore che giustifica il titolo della mostra: L’incoscienza che ci trattiene ancora qui è un’ipotesi di speranza, un bisogno di credere che esiste la possibilità di comunicare con l’altro, di far accadere delle cose e germinare delle possibilità.